IL VITELLO E IL BUE
Un vitello bello, e dalla testa perfetta, mentre saltellava
per il prato, vide un bue che fendeva continuamente i campi con l’aratro. “Non
ti vergogni – disse – di portare dei lacci attorno al tuo vecchio collo e non
ti rammarichi, posti i gioghi, di non conoscere cos’è il tempo libero? Per me
solo, il correre nelle distese d’erba è accessibile per ciascuno ed è diritto
andare nei boschi erbosi”. Ma il bue, non essendo stato mosso all’ira dalle
parole del giovane vitello, sebbene stanco lavorava la dura terra con il
vomero, in attesa che, deposto l’aratro, gli fosse consentito di riposare
lietamente sul letto erboso e per i prati. Poco dopo rivolse l’attenzione all’agnello,
legato e portato verso gli altari sacri, vicino con ira al coltello del vittima
rio. “La stessa bontà del signore – disse – che fa di te privo del giogo, è
quella che ti dà la morte”.
La favola ci insegna questo: giova agli uomini più
sopportare la fatica che trovare una morte amara, pur avendo goduto di
tranquillità.
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