CRITICA DELLA
RAGION PRATICA
-
Da cosa nasce
» la
ragione serve a dirigere non solo la conoscenza (ragione teoretica) ma anche
l’azione (ragione pratica)
»
Kant distingue la ragione pratica in:
1. ragion pura pratica » opera
indipendentemente dall’esperienza e dalla sensibilità
» con
questa si identifica la dimensione della moralità (pura = morale)
»
non è una critica della ragione pura pratica, perché la ragione pratica non ha
bisogno di essere
criticata nella sua parte pura, perché in
questa la ragione si comporta in modo perfettamente
legittimo (la ragione teoretica ne ha
bisogno perché tende a varcare i limiti dell’esperienza)
»
non deve essere criticata ma solo illustrata » ma non è priva di limiti
»
il mondo morale non ubbidisce alle stesser restrizioni del mondo della
conoscenza perché la
ragione morale non deve sottostare ai fenomeni
ma la ragione morale è pur sempre la ragione
dell’uomo, che è un essere finito e
condizionato » non restaura l’assolutezza della metafisica
»
condizionamento = resistenza della natura sensibile dell’uomo alla ragione
morale
2. ragione empirica pratica » opera sulla
base dell’esperienza e della sensibilità
»
empirica = non pura = non morale
» nella
Critica della ragion pura Kant critica le pretese della ragione
teoretica di trascendere
l’esperienza, nella Critica della ragion pratica
critica le pretese opposte della ragione pratica di
restar legata sempre e solo all’esperienza,
critica quindi la ragione empirica pratica
-
Esistenza e caratteristiche della legge morale
» esiste,
scolpita nell’uomo, una legge morale (esistenza non inventata da Kant ma
constatata » no dubbi)
»
caratteristiche della legge morale:
1. se esiste deve essere assoluta
»
cioè incondizionata dalle inclinazioni sensibili soggettive, da ogni impulso
contingente
2. se è incondizionata è a priori, cioè
presuppone una ragion pratica pura
3. è caratterizzata dalla libertà d’agire
» se
è assoluta e incondizionata, implica la libertà dell’uomo dalla condizione del
sensibile
»
l’esistenza della legge morale implica la possibilità dell’uomo di
autodeterminarsi al di là della sua
natura sensibile, al di là della sua
appartenenza fisica al mondo del finito
»
la libertà si configura quindi come il primo presupposto (o postulato) della
vita etica
»
la morale è libera non perché può prescindere dai condizionamenti istintuali ma
perché è in grado
di de-condizionarsi rispetto a essi
»
la morale si gioca all’interno di una insopprimibile tensione bipolare tra
ragione e sensibilità
»
se l’uomo fosse esclusivamente sensibilità, non esisterebbe neanche la legge
morale
»
se l’uomo fosse pura ragione, la legge morale non avrebbe senso perché
l’individuo vivrebbe già
nella santità etica = in una situazione di
perfetta adeguazione alla legge
4. universale e necessaria = immutabile e
uguale a se stessa in ogni tempo e in ogni luogo
»
se è libera da ogni impulso contingente allora è libera dalla soggettività,
quindi è oggettiva
»
passaggi: moralità » incondizionatezza »
libertà » universalità e necessità
»
dal punto di vista logico: categoricità formalità e autonomia sono le
caratteristiche della legge morale
-
Contro il fanatismo morale e la contrapposizione tra valori e
fatti
» la
bidimensionalità e dualismo in cui vive l’uomo fa sì che l’agire morale si
concretizzi in una lotta
permanente tra ragione e impulsi egoistici »
tra legge morale e volontà non c’è una spontanea coincidenza
»
per questo la legge morale si presenta all’uomo sottoforma di un imperativo =
un comando che richiede
di sacrificare le proprie inclinazioni
sensibili, il proprio egoismo
»
l’uomo, per la sua natura limitata e imperfetta può anche trasgredire
l’imperativo morale
»
nella Critica della ragion pura » polemica contro l’arroganza della
ragione che vuole oltrepassare i limiti
»
nella Critica della ragion pratica » polemica contro il fanatismo morale
»
fanatismo » consiste nell’idea illusoria di poter superare i limiti della
condotta umana
» vuole sostituire alla
virtù (= intenzione morale in lotta) la presunzione della santità (=
possesso della perfezione etica) » pensa
che nella virtù l’uomo già arrivi alla perfezione
» non
mette in discussione la forza che, di fatto, gli impulsi istintivi possono
esercitare sulla volontà
umana, ma nega che tale forza possa
essere considerata morale
»
il sentimento e l’inclinazione al piacere, per il loro carattere soggettivo non
possono essere posti alla base
dell’etica, che deve avere un valore
universale, valida per tutti e per sempre
»
quella di Kant è un’etica prescrittiva o deontologica (dal greco dèon
“dovere”) e non descrittiva: non
concerne l’essere (= come di fatto
gli uomini si comportano) ma il dover essere (= come gli uomini
dovrebbero comportarsi) » non riguarda la
materia (= il contenuto) del volere, ma la sua forma
»
materia » oggetto la cui realtà sia desiderata
»
forma » ciò per cui qualcosa diventa degno di essere voluto e
desiderato, cioè diventa morale
»
indipendentemente dal fatto che esso sia empiricamente possibile cioè
realizzabile
» i fatti possono smentire la legge
morale, ma ciò non toglie nulla alla sua validità
-
I principi pratici
» categorici
» la legge morale può risiedere solo in essi, perché deve essere incondizionata
da ogni impulso
sensibile soggettivo, e quindi
anche dalla volontà del soggetto (esclude quindi gli ipotetici)
» sono gli unici
indipendenti dalla persona, dall’obiettivo che ci si prefigge, dalla circostanza
in cui si agisce »
totalmente incondizionato » ha tutte le caratteristiche della legge
» è un comando che vale in
modo perentorio per tutte le persone e per tutte le circostanze
»
la legge morale ha la forma di un imperativo categorico, ma quali sono i suoi
contenuti?
1. la prima formula
»
se l’imperativo categorico è incondizionato, esso non richiede altro che il
rispetto della legge
»
consiste quindi nell’elevare a legge l’esigenza stessa di una legge
»
infatti l’esigenza della ragione umana è la ragione stessa » la legge è già
dentro la ragione umana
»
poiché dire “legge” = dire “universalità” allora il contenuto dell’imperativo
si concretizza nella
prescrizione di agire secondo una massima
che può valere per tutti
agisci in modo che la massima della tua volontà possa
sempre valere nello stesso tempo come principio di una legislazione
universale. (Critica della ragion
pratica, A 54)
»
l’imperativo categorico » si identifica quindi con la stessa ragione umana
»
prescrive di tener sempre presenti gli altri
» ricorda
che un comportamento è morale solo se supera il test
dell’universalizzabilità = se la sua massima appare universale
»
es: chi mente compie un’azione immorale perché se questa massima venisse
universalizzata i
rapporti diverrebbero impossibili, se tutti
gli uomini mentissero sarebbe impossibile la vita
2. la seconda formula
agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua
persona sia in quella di ogni altrom sempre anche come fine e mai semplicemente
come mezzo (Fondazione della metafisica dei costumi, BA 67)
»
rispetta la dignità umana che è in te e negli altri e non ridurre il prossimo e
te stesso a semplice
mezzo del tuo egoismo e delle tue passioni
»
fine = in questo contesto è la caratteristica fondamentale della persona umana
» il fine di ogni persona è essere
scopo a se stessa
»
la morale istituisce un “regno dei fini”, cioè una comunità ideale di libere
persone che vivono
secondo le leggi morali e si riconoscono
dignità a vicenda
3. la terza formula
agisci in modo tale che la volontà, in base alla
massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente
legislatrice. (Fondazione della metafisica dei costumi, BA 76)
» ripete,
in parte, la prima formula, ma puntualizza che la legge sottolinea l’autonomia
della volontà
» evidenzia
che il comando morale non deve essere un imperativo esterno e schiavizzante, ma
il
frutto spontaneo della volontà razionale
che, essendo legge a se stessa, fa sì che noi non facciamo
che obbedire a noi stessi » la volontà non è
semplicemente sottoposta alla legge
»
nel “regno dei fini” ognuno è suddito e legislatore al tempo stesso
-
Il carattere formale della legge morale
» la
legge morale non ci dice che cosa dobbiamo fare ma come dobbiamo
farlo
»
questo carattere discende anch’esso dall’incondizionatezza e dalla libertà
della legge morale
» se
la legge morale non fosse formale ma materiale, cioè prescrivesse dei contenuti
concreti, sarebbe
vincolata ad essi perdendo la sua libertà e
universalità (sarebbe ridotta ad uno schema di azioni)
»
la legge morale è quindi un imperativo formale-universale che afferma: quando
agisci tieni presenti gli
altri e rispetta la dignità umana che è in
te e nel prossimo
»
sta poi ad ogni singolo individuo il compito di tradurre in concreto,
nell’ambito delle varie circostanze e
situazioni della vita, la parola della legge
»
quindi il vero significato del formalismo della legge non è in una forma vuota
di contenuti, ma nella
scoperta dell’origine della moralità, fonte
dei costumi morali dell’uomo nella sua intera storia
-
L’anti-utilitarismo
»
le legge morale ha anche un carattere anti-utilitaristico
»
se la legge morale ordinasse di agire in vista di un fine o di un’utilità
1. si ridurrebbe ad un insieme di
imperativi ipotetici e comprometterebbe la libertà dell’azione
»
non sarebbe più la volontà a dare la legge a se stessa, ma gli oggetti a dare
la legge alla volontà
2. metterebbe in dubbio la propria
universalità
»
perché l’area degli scopi e degli interessi coincide con il campo della
soggettività
»
cuore della moralità kantiana = sforzo di attuare la legge della ragione solo
per ossequio ad essa e non
sotto la spinta di personali inclinazioni o
in vista dei risultati che possono scaturirne
»
nella prima formula dell’imperativo categorico c’è una contraddittorietà:
sembra dire che per sapere se
un’azione sia morale, dobbiamo immaginare
che cosa accadrebbe se tutti agissero in quel modo, e questo
non significa giudicare un’azione in base
alle sue conseguenze, cioè in base a criteri utilitaristici?
»
in realtà il test di Kant è di tipo logico-formale = volto non ad un’analisi
delle conseguenze, ma ad una
verifica della razionalità (o non contraddittorietà)
della massima nel caso in cui sia universalizzata
-
Il rigorismo
»
Kant esclude dal recinto dell’etica emozioni e sentimenti
»
perché » essi possono sviare la volontà da un retto comportamento
» anche quando collaborano con i
precetti della morale ne inquinano la severa purezza
» per
questo nemmeno la felicità può costituire il fine del dovere
»
la moralità quindi consiste nel puro dovere-per-il-dovere
»
riconosce il diritto ad un unico sentimento = il rispetto per la legge (che si
configura come rispetto per sé)
» rispetto
di sé sorge dalla capacità che l’uomo ha di umiliare la propria pulsione
egoistica sottomettendosi
alla
legge morale » è l’unico sentimento morale, perché prodotto esclusivamente
dalla ragione
» è
un sentimento che nasce per disporre l’individuo all’obbedienza al puro dovere
-
Moralità e legalità
»
perché un’azione sia morale non basta che essa sia esteriormente conforme al
dovere
»
occorre che sia compiuta con la sola intenzione di obbedire alla legge morale
»
es: fare un’opera di beneficenza non è più azione morale nel momento in cui
essa è compiuta per ottenere
un vantaggio (= così vado in paradiso) o
sulla base di un sentimento di filantropia, per quanto positivo
»
su questo si fonda la distinzione tra
1. legalità » concerne l’azione visibile
(assolvere al dovere esteriore di pagare le tasse)
2. moralità » concerne l’intenzione
invisibile (pagare le tasse per puro dovere)
» implica una
partecipazione interiore, altrimenti scade nell’autocompiacimento
» per questo non tutte
le azioni legali sono anche morali
-
Il bene consiste nella volontà buona
»
il bene consiste nel volere il bene, perché la morale concerne l’intenzione con
cui si agisce
» “volontà
buona” = indica l’intenzione della volontà di conformarsi alla legge morale
»
la volontà buona è l’unica cosa incondizionatamente buona al mondo, perché
tutti gli altri beni
(intelligenza. coraggio) possono essere
usati male » è bene in sé, non per conseguire altri beni
-
Il carattere noumenico della morale
»
il dovere-per-il-dovere e la volontà buona innalzano l’uomo al di sopra del
mondo sensibile (fenomenico)
in cui
vige il meccanicismo, e lo fanno partecipare del mondo noumenico in cui vige la
libertà
» la
vita morale è la costituzione di una natura sovrasensibile in cui la legge
morale prevale sulla naturale
-
Il carattere noumenico nell’uomo
»
l’uomo appartiene nello stesso tempo al mondo sensibile e al mondo
intellegibile della noumenicità
»
la noumenicità dell’uomo non significa però l’abbandono della sensibilità e
l’eliminazione di ogni
legame con il mondo sensibile
»
dato che partecipa strutturalmente dei due mondi, non può accedere al mondo
noumenico se non in virtù del mondo fenomenico » la noumenicità dell’uomo
esiste solo in relaizone alla sua fenomenicità
-
La rivoluzione copernicana morale
» Kant
pone il fondamento dell’etica nell’uomo e nella sua ragione, e non in qualcosa
di esterno all’uomo
»
compie lo stesso spostamento attuato in campo gnoseologico » uomo è legislatore
anche nella morale
-
Critica delle leggi morali eteronome
»
libertà » nel senso negativo è l’indipendenza della volontà dalle inclinazioni
sensibili
» nel senso positivo è la
capacità di autodeterminarsi, per cui l’uomo è legislatore e suddito
»
per questo Kant polemizza quei sistemi che pongono il fondamento del dovere in
forze esterne all’uomo
e che fanno scaturire la morale non dalla
pura “forma” ma da principi “materiali”
»
passa in rassegna le varie posizioni dei filosofi precedenti evidenziandone i
limiti
»
il limite in generale sta nel fatto di non riuscire a preservare
l’incondizionatezza della legge morale
SOGGETTIVI
|
OGGETTIVI
|
||||
esterni
|
interni
|
esterni
|
interni
|
||
educazione
(Montaigne)
|
governo civile (Mandeville)
|
sentimento fisico (Epicuro)
|
sentimento morale
(Hutcheson)
|
perfezione (Wolf, stoici)
|
volontà di Dio (teologici)
|
»
contro i motivi soggettivi » se i motivi della morale risiedessero
nell’educazione, nella società, nel
piacere fisico o nel sentimento, l’azione
non sarebbe più libera e universale. Potrebbero spiegare la
presenza della moralità in alcuni uomini
senza giustificare il carattere obbligatorio della morale
» contro
i motivi oggettivi » se i motivi della morale risiedessero in un generico
ideale di perfezione o di
Dio, l’azione non sarebbe più libera e
universale
1. il concetto di perfezione è un’idea
vuota, a meno che non si identifichi con la perfezione morale (santità), ma
così si affermerebbe che la morale risiede nella morale (tautologia =
ripetizione )
2. l’idea di “volontà divina” risulta
indeterminata
»
o viene determinata sottobanco dicendo che Dio è la stessa perfezione morale »
si cade nella stessa
tautologia precedente, affermando che la
morale consiste nel seguire la morale
»
o viene determinata in modo volontaristico, dicendo che bisogna sottomettersi
alla volontà
onnipotente e superiore di Dio » così la
morale cessa di essere libera e disinteressata perché
l’obbedienza ad essa diventa » frutto di
coercizione
» un calcolo dettato dal timore di una punizione
» un atto che si genera dalla speranza di premi futuri
»
inoltre le varie religioni e filosofie possono interpretare in modo diverso la
volontà divina,
distruggendo così il carattere
dell’universalità della legge morale
»
Kant » si distingue dai precedenti sistemi morali del razionalismo e
dell’empirismo
1. contro il razionalismo » pur basando la
morale sulla ragione, l’aveva fatta dipendere dalla metafisica
»
es: Cartesio aveva dovuto ammettere l’esistenza di un Dio buono e garante della
realtà
»
Kant: la morale si basa solo sull’uomo, non dipende da preesistenti conoscenze
metafisiche
2. contro l’empirismo » pur sganciando la
morale dalla metafisica, l’aveva connessa al sentimento
»
es: la simpatia di Hume
» Kant:
la morale si fonda unicamente sulla ragione, perché il sentimento, seppur
quando buono e
nobile, risulta qualcosa di troppo fragile e
soggettivo per essere base della legge morale
-
Il paradosso della ragion pratica
»
non sono i concetti di bene e di male a fondare la legge morale, ma è la legge
morale a fondare i concetti
di bene e di male » Kant rovescia il punto
di vista
Dialettica = analisi del sommo bene (l’assoluto morale)
-
Il sommo bene
» ripresa
» la felicità non si può erigere a motivo del sommo bene perché renderebbe la
legge condizionata
» la virtù non è ancora quel sommo
bene a cui tende irresistibilmente la nostra natura
»
ciò a cui tende la natura dell’uomo è l’unione di virtù e di felicità
»
Kant introducendo il concetto di sommo bene non contraddice il carattere
disinteressato della legge
morale, perché non fa della felicità il
motivo dell’azione morale, ma constata che c’è nell’uomo il
bisogno di pensare che pur agendo per puro
dovere, si renda anche degno di felicità
-
L’antinomia della ragion pratica
»
se l’uomo tende all’unione di virtù e felicità, non potrà mai compiere il suo
ideale in questo mondo
»
in questo mondo, lo sforzo di essere virtuosi e la ricerca della felicità sono
due azioni distinte, anzi
opposte » l’imperativo etico implica la
sottomissione delle tendenze naturali e dell’egoismo
» la felicità si persegue
invece attraverso la sequela delle tendenze naturali
»
virtù e felicità costituiscono l’antinomia etica per eccellenza
»
Kant evidenzia come i filosofi greci hanno tentato di sciogliere questa
antinomia
1. stoici » risolvono la felicità nella
virtù
2. epicurei » risolvono la virtù nella
felicità
»
l’unico modo per uscire da questa antinomia è postulare un mondo dell’aldilà in
cui possa realizzarsi ciò
che in questo mondo risulta impossibile,
cioè l’equazione “virtù = felicità”
-
I postulati etici
»
Kant trae il termine “postulato” dal linguaggio della matematica classica
»
assiomi = verità fornite di auto-evidenza
»
postulati = principi che, pur indimostrabili, vengono accolti per rendere
possibile determinate verità
»
per Kant = proposizioni non dimostrabili ma che sono condizione dell’esistenza
e della pensabilità della
legge morale, sono quelle esigenze della
morale ammesse per rendere possibile la realtà della morale
»
non sono dogmi teoretici, ma presupposizioni necessarie dal punto di vista
pratico
1. l’immortalità dell’anima (postulato
religioso)
»
solo la santità etica rende degni del sommo bene
»
la santità non è mai realizzabile nel nostro mondo
»
si deve ammettere che l’uomo, oltre il tempo finito della sua esistenza sulla
terra, possa disporre di
un’altra zona del reale, infinita, di un
tempo illimitato in cui progredire fino alla santità
»
si deve presupporre quindi che ci sia nell’uomo una parte infinita, che è
l’anima
»
sintesi: la realizzazione della 1° condizione del sommo bene (=santità) implica
un’anima immortale
2. l’esistenza di Dio (postulato religioso)
» la
realizzazione della seconda condizione del sommo bene (=felicità) implica
l’esistenza di Dio
»
Dio = volontà santa e onnipotente che faccia corrispondere la felicità alla
virtù
3. la libertà
»
è la condizione stessa dell’etica
»
nel momento in cui la legge morale prescrive il dovere, presuppone che si possa
agire o meno in
conformità ad esso » l’uomo è libero di non
seguire il dovere contenuto nella legge morale
» l’uomo può
non obbedire a se stesso
»
nell’ordine ontologico la libertà è condizione della moralità (libertà è ratio
essendi della morale),
nell’ordine gnoseologico è la legge morale a
costituire il presupposto della libertà (la morale è la
ratio cognoscendi della libertà) = la
legge morale mi rende cosciente che sono libero di seguirla
» se
c’è la legge morale che prescrive il dovere, ci deve essere la libertà (“devi,
dunque puoi”)
»
mentre in natura vige il determinismo, ma l’uomo, certo della legge morale,
scopre di essere libero di
sottrarsi al meccanicismo delle inclinazioni
sensibili
»
osservazioni » il postulato si colloca su un piano diverso dai primi due
postulati
» pur non sapendo cosa sia la libertà si è
certi della sua esistenza
» per l’anima e Dio, non siamo certi né di
cosa siano né che esistano (sono solo bisogni)
» la felicità è condizione dell’etica, mentre
l’anima e Dio sono condizioni ipotetiche (pur
razionalmente fondate) affinché la morale
trovi una realizzazione negata in questo mondo
» solo i primi due sono considerati postulati
in senso forte
-
Soluzione della terza antinomia cosmologica
»
perché allora classificare la libertà come postulato?
»
perché l’idea dell’uomo come capace di autodeterminarsi non può essere
scientificamente affermata
» il
mondo fenomenico si regge sul principio di causa-effetto, ma questo risulta non
valere per l’azione
dell’uomo, che altrimenti sarebbe santo »
l’uomo compie azioni che avrebbe potuto non compiere
»
questa è la soluzione della cosiddetta “aporia della libertà”
»
una stessa azione può essere determinata in quanto accadimento del mondo
sensibile e anche libera in quanto atto morale » nel mondo fenomenico vige il
determinismo
»
nel mondo noumenico c’è posto per la libertà
» uomo
» in quanto appartenente al mondo fenomenico è soggetto alla legge fisica (non
può trasgredire)
» in quanto appartenente al mondo noumenico è soggetto
alla legge morale (può trasgredire)
»
con questa concezione libertà e determinismo possono coesistere
-
Il primato della ragion pratica
» è
la prevalenza dell’interesse pratico su quello teoretico e il fatto che la
ragione ammette proposizioni
che non potrebbe ammettere nel suo uso
teoretico
»
tuttavia i postulati di Kant non valgono come conoscenze
» Pietro
Chiodi: il primato della ragion pratica non significa che essa ci può dare ciò che
la ragione
teoretica ci nega, ma essa ci dà la
ragionevole speranza dell’esistenza di Dio e dell’anima immortale
» se
questa speranza fosse intesa come certezza razionale, il mondo morale ne
uscirebbe distrutto
»
se i postulati fossero certezze dimostrate la morale scivolerebbe verso l’eteronomia
e sarebbe ancora la
religione a fondare la morale e non il
contrario
-
Il rovesciamento del rapporto tra morale e religione
» Kant
rovescia il modo tradizionale di intendere il rapporto tra morale e religione
»
non sono le verità religiose a fondare la morale ma è la morale a fondare le
verità religiose
»
Dio non sta all’inizio e alla base della vita morale, ma alla fine, come suo possibile
compimento
» l’uomo
non ha bisogno della religione perché è sostenuto dalla ragion pura pratica, ma
d’altronde la
morale conduce inevitabilmente alla
religione
-
Il dualismo della dottrina kantiana
» con
la teoria dei postulati Kant non elimina l’autonomia dell’etica ma la integra
con una “fede razionale”
» Kant
delinea qui un dualismo che spezza la realtà e l’uomo in due
»
da un lato il mondo fenomenico della scienza, dall’altro il mondo noumenico
dell’etica
»
da un lato l’uomo fenomenico delle inclinazioni naturali, dall’altro quello
noumenico della libertà e del
dovere » la consapevolezza di questo
dualismo muove la Critica del giudizio