TEMA
1) descrivi brevemente il testo
suddividendolo nelle sequenze che ritieni opportune
2) perché l'autore scrive alcune
parole in caratteri maiuscoli?
3) nel testo l'autore usa parole
riferibili a campi semantici diversi: indaga su queste scelte e prova a
motivarle
4) cosa
aggiunge questa lettura o cosa chiarisce del lavoro che stiamo facendo in
classe su come leggere un testo?
Alexander
Solzenicyn è un ebreo che ha vissuto la seconda guerra mondiale in un GULag, un
campo di lavori forzati per i nemici del governo sovietico in Russia. Essendo
sopravvissuto a questa terribile esperienza, decide di scrivere un libro che
contenesse la vita vissuta all'interno di quella particolare realtà in quel
particolare momento storico. Questo brano costituisce l'introduzione al testo e
risponde alla domanda sul perché lui, a differenza della maggioranza delle
persone che si trovavano nella sua stessa situazione, decida di ricordare
quegli avvenimenti, quelle sofferenze. Il testo viene scandito in tre macro
sequenze, ciascuna con un contenuto diverso sul quale si adatta lo stile
che si andrà descrivendo.
La prima
sequenza è narrativa poiché racconta della circostanza da cui è nato tutto il
suo ragionamento seguente e la decisione di raccogliere in un testo le sue
memorie e giudizi riguardo alla sua esperienza. Sfogliando una rivista
scientifica, lui e dei suoi amici leggono una nota che illustra la scoperta di
fossili da parte di scavatori presso il letto ghiacciato del fiume Kolyma,
fossili di pesci così ben conservati e freschi che gli uomini che li hanno
scoperti li hanno addirittura mangiati. Per un normale lettore questa notizia
può suscitare un semplice scalpore disgustato, divertito, mentre per la
compagnia dell'autore è molto di più. Questo sospetto di un significato più
profondo della vicenda ci viene suggerito dal carattere maiuscolo che evidenzia
la parola VOLENTIERI accompagnata dal verbo 'mangiare'. Perché degli uomini
normali avrebbero mangiato dei pesci ritrovati nel ghiaccio, dei fossili
preistorici? A questa domanda, suscitata dalla lettura della vicenda,
Solzenicyn risponde subito. Non erano infatti uomini normali perché costretti
ad una condizione anormale, disumana. Questo nuovo concetto lo espone
sottolineando la parola PRESENTI in maiuscolo. Lui e i suoi amici erano lì,
sanno la verità, che al lettore viene solo accennata nella prima sequenza, una
verità che si preannuncia spaventosa anche grazie al clima, all'atmosfera che
l'autore crea usando specifiche aree semantiche attraverso l'uso di determinate
parole. È evidente infatti l'area semantica del freddo corporale, esplicitata
con la ripetizione continua della parola 'ghiaccio', e quella della
disperazione resa esplicita da una fretta febbrile, una violenza, indicata
soprattutto da verbi e aggettivi come spaccare, accanita fretta, calpestare,
respingere, strappare, trascinare, saziare'. Il campo semantico più nascosto ha
anche una sfumatura ironica e amara, è quello della scienza, utilizzato per
riportare indirettamente la nota sulla rivista dal punto di vista dell'autore.
Lo indicano le parole 'esemplari, fauna fossile, decina di millenni di anni
fa’, e, soprattutto, 'dotto corrispondente' , che esprime il grado massimo di
ironia nel testo.
La
seconda sequenza è principalmente descrittiva, è presente infatti una
digressione per dare tempo e spazio alla riflessione sui terribili accenni
intuiti nel primo paragrafo, e nello stesso tempo per renderli concreti nella
loro crudezza attraverso una collocazione geografica e storica, e un'immagine
descrittiva caratterizzata dall’utilizzo di diversi campi semantici.
Attraverso parole come 'stracciato, forgiato, incunearsi, screziato'
l'autore dà l'idea di un'officina di un'industria siderurgica che delinea a sua
volta un posto fortemente caratterizzato da cose artificiali, da durezza,
severità, rigidezza. Solo il 'popolo dell'efferatezza' , ovvero della crudeltà,
può abitarlo. Soltanto coloro che si ritengono artefici di sé, come fatti in
una fabbrica. La seconda tipologia di campo semantico, quella più profonda e significativa
è quella del nulla, richiamato continuamente dalle parole 'invisibile,
impalpabile, sospeso, silenzio, perdere' , e che è segno della mancanza di
qualcosa, di identità, di speranza, di umanità. Questo nulla si propaga fino a
inghiottire persino l'isola e a farla annegare nel silenzio privo di
significato, silenzio che è esito di un vuoto, non del riconoscimento di una
presenza.
Questo
silenzio è introduttivo ed è il nucleo centrale della riflessione contenuta
nella terza sequenza, che è quindi riflessiva. Perché dimenticare? Perché
eliminare qualcosa che c'è? Perché della realtà non si deve ammettere anche il
negativo, la sofferenza? Perché censurare una cosa vera e reale? Perché
RICORDARE qualcosa di brutto? L'autore evidenzia con il maiuscolo la parola, ma
questa volta non per sottintendere qualcosa, ma per far riflettere il lettore
sul significato vero della stessa parola. La sua etimologia infatti é
riconducibile al latino e si può scomporre nel prefisso “ri-” che
significa 'di nuovo', 'cor' che é la radice della parola 'cuore' e dal verbo
'dare'. Ricordare significa quindi 'riportare al cuore'. Ciò che vuole dire
Solzenicyn non è lontano da quello che scrive Franco Nembrini nell'introduzione
del suo libro “Dante, poeta del desiderio”: '...la memoria è un qualcosa di
incredibile, capace di rendere di nuovo presente un'esperienza, un incontro.
(...) non serve a niente sapere una cosa (e quindi farne esperienza) e poi non
trattenerla, non farla propria. Il peso di queste domande e concetti caratterizza
la parte finale del testo che in un primo momento mostra quanto nella storia la
tendenza era quella di celare il negativo presente nella realtà, poi paragona
la posizione della mentalità comune a sé, che si rifiuta di nascondere la
verità, di mentire ancora non tanto agli altri quanto a se stesso. Come a
confermare ciò, crea un'atmosfera che richiama alla conseguenza del non
ricordare: il freddo dell'anima, e quindi il silenzio, la dimenticanza,
attraverso le parole “dissolte, oblio, inondate, ossa, congelate, ghiaccio”.
Affrontando
questo brano di Solcenicyn tenendo a mente la “Scala claustralium” del monaco
Guigo, non mi sono lasciata determinare dalle difficoltà del testo, pur essendo
impegnativo, e mi sono posta con una posizione diversa. Solamente rileggendolo
molte volte e capendo ogni singola proposizione sono riuscita ad avere un
risultato soddisfacente e proficuo. I primi due punti proposti nel testo di
Guigo, infatti, sono prima la lettura e poi la meditazione, che include la
comprensione del testo fino nei minimi particolari. Non sono però riuscita
ancora ad applicare gli altri due 'scalini': l'orazione e la contemplazione,
poiché da una parte priva di esperienza, dall'altra senza un esempio da seguire
in questo campo. Sicura del fatto di fare dei passi anche in questo verso,
continuo il mio percorso scolastico tenendo a mente questo punto di lavoro, in
modo che io lo possa RICORDARE in qualsiasi campo della vita. Voglio arrivare a
pormi davanti alla vita con il desiderio di approfondire la realtà, fino a
scoprire che tutti i suoi aspetti derivano da un unico punto centrale: Dio.
Questo è l'unico metodo di lettura vera della realtà, metodo che è contenuto
nella 'Scala claustralium' e che voglio adottare come mio.
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