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mercoledì 13 febbraio 2013

ODISSEA - LIBRO 3 - testo,traduzione,analisi


ODISSEA – LIBRO III

TESTO GRECO                                                     TRADUZIONE

Ἠέλιος δ' ἀνόρουσε, λιπὼν περικαλλέα λίμνην,
οὐρανὸν ἐς πολύχαλκον, ἵν'
ἀθανάτοισι φαείνοι
καὶ θνητοῖσι βροτοῖσιν ἐπὶ
ζείδωρον ἄρουραν·
οἱ δὲ Πύλον, Νηλῆος ἐϋκτίμενον
πτολίεθρον,
ἷξον·
τοὶ δ' ἐπὶ θινὶ θαλάσσης ἱερὰ ῥέζον,
ταύρους παμμέλανας,
ἐνοσίχθονι κυανοχαίτῃ.
ἐννέα δ' ἕδραι ἔσαν, πεντηκόσιοι δ' ἐν ἑκάστῃ
εἵατο, καὶ προὔχοντο ἑκάστοθι ἐννέα ταύρους.
εὖθ' οἱ σπλάγχνα
πάσαντο, θεῷ δ' ἐπὶ μηρί' ἔκηαν,
οἱ δ' ἰθὺς κατάγοντο ἰδ' ἱστία
νηὸς ἐΐσης                   10
στεῖλαν ἀείραντες, τὴν δ' ὥρμισαν, ἐκ δ' ἔβαν αὐτοί·
ἐκ δ' ἄρα Τηλέμαχος νηὸς βαῖν', ἦρχε δ' Ἀθήνη.
τὸν προτέρη προσέειπε θεὰ γλαυκῶπις Ἀθήνη·

"Τηλέμαχ', οὐ μέν σε
χρὴ ἔτ' αἰδοῦς οὐδ' ἠβαιόν·
τοὔνεκα γὰρ καὶ πόντον ἐπέπλως, ὄφρα πύθηαι
πατρός, ὅπου
κύθε γαῖα καὶ ὅν τινα πότμον ἐπέσπεν.
ἀλλ' ἄγε νῦν ἰθὺς
κίε Νέστορος ἱπποδάμοιο·
εἴδομεν ἥν τινα μῆτιν ἐνὶ στήθεσσι κέκευθε.
λίσσεσθαι δέ
μιν αὐτόν, ὅπως νημερτέα εἴπῃ·
ψεῦδος δ' οὐκ
ἐρέει· μάλα γὰρ πεπνυμένος ἐστί.”   20

τὴν δ' αὖ Τηλέμαχος πεπνυμένος ἀντίον ηὔδα·
"Μέντορ,
πῶς τ' ἄρ' ἴω, πῶς τ' ἂρ προσπτύξομαι αὐτόν;
οὐδέ τί πω μύθοισι πεπείρημαι πυκινοῖσιν·
αἰδὼς δ' αὖ νέον ἄνδρα γεραίτερον ἐξερέεσθαι."


τὸν δ' αὖτε προσέειπε θεὰ γλαυκῶπις Ἀθήνη·
"Τηλέμαχ',
ἄλλα μὲν αὐτὸς ἐνὶ φρεσὶ σῇσι νοήσεις,
ἄλλα δὲ καὶ δαίμων ὑποθήσεται· οὐ γὰρ ὀΐω
οὔ σε θεῶν ἀέκητι γενέσθαι τε τραφέμεν τε."

ὣς ἄρα φωνήσασ' ἡγήσατο
Παλλὰς Ἀθήνη
καρπαλίμως· ὁ δ' ἔπειτα μετ' ἴχνια
βαῖνε θεοῖο.       30
ἷξον δ' ἐς Πυλίων ἀνδρῶν
ἄγυρίν τε καὶ ἕδρας,
ἔνθ' ἄρα Νέστωρ ἧστο σὺν υἱάσιν, ἀμφὶ δ' ἑταῖροι
δαῖτ' ἐντυνόμενοι κρέα τ' ὤπτων ἄλλα τ' ἔπειρον.

οἱ δ' ὡς οὖν
ξείνους ἴδον, ἁθρόοι ἦλθον ἅπαντες,
χερσίν τ' ἠσπάζοντο καὶ
ἑδριάασθαι ἄνωγον.
πρῶτος
Νεστορίδης Πεισίστρατος ἐγγύθεν ἐλθὼν
ἀμφοτέρων
ἕλε χεῖρα καὶ ἵδρυσεν παρὰ δαιτὶ
κώεσιν ἐν μαλακοῖσιν, ἐπὶ ψαμάθοισ' ἁλίῃσι,
πάρ τε κασιγνήτῳ Θρασυμήδεϊ καὶ πατέρι ᾧ.
δῶκε δ' ἄρα σπλάγχνων μοίρας, ἐν δ' οἶνον ἔχευε    40
χρυσείῳ δέπαϊ· δειδισκόμενος δὲ προσηύδα
Παλλάδ' Ἀθηναίην,
κούρην Διὸς αἰγιόχοιο·
Il sole si levò, lasciando il mare bellissimo,
nel cielo di bronzo, per illuminare gli dei
e i mortali sulla terra frugifera;
quando essi giunsero a Pilo, città di Neleo cinta di mura; essi invece offrivano sacrifici sul lido del mare,
tori nerissimi, allo scuoti terra dalle chiome cerulee.
Nove erano le sedi, in ciascuna sedevano 500 uomini,
e per ciascuna si immolavano nove tori.
subito gustarono le viscere, al dio bruciavano le cosce,
essi poi approdarono, altri raccolsero le vele dalla nave equilibrata, la armeggiarono, poi scesero;
Telemaco scendeva dalla nave, Atena lo precedeva.
La dea glaucopide Atena gli rivolse parola per prima:

“Telemaco, tu devi ormai bandire ogni vergogna;
per questo infatti hai navigato per mare, per avere notizie del padre, per sapere dove e come è morto.
Ma orsù vai già dritto da Nestore domatore di cavalli;
vediamo quale cuore tiene chiuso nel petto.
tu stesso pregalo, affinché risponda sincero;
non dirà menzogna, infatti è molto saggio.”

Le risponde allora giudiziosamente Telemaco:
“O Mentore, come dovrei andare, come dovrei salutarlo?
Non sono affatto esperto di parole sapienti;
E’ vergognoso che un ragazzo interroghi uno più vecchio.”

Allora gli disse la dea glaucopide Atena:
“Telemaco, tu stesso penserai qualcosa nel tuo animo;
anche un  nume ti suggerirà qualcosa; non penso infatti che tu sia nato e cresciuto a dispetto degli dei.”

Così dicendo Pallade Atena lo precedette velocemente; lui camminava subito dopo i passi della dea.
Giunsero dunque all’adunanza e alle sedi dei Pili,
dove Nestore sedeva con i figli, circondato dai compagni
preparando il banchetto arristivano pezzi di carne, altri li infilzavano.
Essi, come videro gli uomini, avanzarono tutti in folla,
li salutavano e li invitavano a sedersi.
Per primo Pisistrato, figlio di Nestore, accorrendo vicino
prese le mani di entrambi e li fece sedere al banchetto
su morbidi pelli di pecora, sopra la spiaggia del mare,
presso il fratello Trasimete e suo padre.
Diede parte delle viscere, versò il vino
nella coppa d’oro; si volse ad offrirla
a Pallade Atena, la figlia di Zeus egioco;

Modi differenti con cui Omero caratterizza il mare
Verbi che mancano dell’aumento
Influssi eolici o ionici
Figure retoriche e fenomeni fonetici o metrici
Epiteti formulari, patronimici, forme di epiteto del nome
ANALISI

Versi 1-10
-          ἀνόρουσε » verbo che non presenta l’aumento dovrebbe essere ἠνόρουσε; “levarsi”
-          περικαλλέα λίμνην » non è il mare, ma indica l’area paludosa che orla la costa del Peloponneso
                                      » è una forma di epiteto del nome
                                      » περι- è un preverbio che ha la funzione di superlativo; “bellissima”
-          οὐρανόν ἐς » anastrofe; è una forma di epiteto del nome che arriva fino alla cesura femminile
-          ἀθανάτοισι » in attico sarebbe ἀθανάτοις
                         » in Omero la forma del dativo plurale è –οισι davanti a consonante, -οις davanti a vocale
                         » aggiunta di α- iniziale per permettere l’intromissione della parola nella struttura metrica
                         » I legge di Schulze
-          θνητοῖσιν βροτοῖσιν » valgono entrambi come “mortali”, letteralmente “uomini mortali”
                                         » radice θν- è la stessa di θνήσκω , “morire”
-          ζείδωρον » (da ζειά “spelta” + δωρ “donare”) significa “frugifera”, che porta frutto, fertile (terra)
-          οἱ δὲ » anche se il testo non lo esplicita, subordinare con una temporale “quand’essi”
-          Πύλον » città fondata da Neleo, che ebbe dodici figli ed una figlia, tutti uccisi da Eracle durante una
                     delle sue dodici fatiche (che era quella di incendiare l’intera città), sopravvisse solo Nestore
                  » è una città cinta di solide mura (ἐυτίμενον πτολίεθρον » forma di eolismo » inizia per πτ-)
                  » nell’antichità ne esistevano due: una in Messenia e una in Trifilia
                  » inizialmente si sosteneva il riferimento a quella della Messenia, che adora come dei    
                     protettori Poseidone ed Atena (dopo si descriveranno i sacrifici dei Pili a Poseidone); lì fu
                     ritrovato un palazzo che si suppone fosse quello di Nestore, dove viene accolto Telemaco
                  » a conferma di questo sta il futuro sacrificio di Telemaco verso Poseidone e la presenza di
                     Atena che lo affianca durante il viaggio, sono elementi che danno indizi
                  » Strabone (storico del VIII sec a.C.) sostiene che Omero si riferisse a quella in Trifilia,
                     poiché vicina alla paludepresso il fiume Alfeo (conferma l’utilizzo del vocabolo λίμνην)
                  » a discapito di questa tesi sta la lontananza della città dal mare (1 miglio)
                  » Massimo Vetta (studioso del 1900) sostiene il riferimento di Omero alla Pilo della Messenia
                  » dice che in seguito a conquiste il palazzo presente in Messenia (reggia di Nestore) sia stato
                     distrutto, i Pili così si sono spostati in Trifilia, fondando una città con lo stesso nome
-          ἷξον » aoristo misto di ἵκω
-          τοί » in attico è l’articolo οἱ, si riferisce ai Pili, tradurre con “essi”
-          ῥέζον » “offrire sacrifici”, verbo a cui manca l’aumento, sebbene aoristo (ἐρρεζον)
                 » mentre Telemaco sbarca a Pilo, gli abitanti stanno compiendo dei riti sacri in onore di
                    Poseidone, dio protettore della città, a cui era abitudine offrire ecatombi di tori neri
                 » era costume fare delle ecatombi in onore di Poseidone (sacrificavano da 500 a 1000 animali)
                 » neri perché richiamavano al dio stesso: governante delle oscure profondità dell’oceano
                    (Poseidone inoltre prima di essere dio del mare era dio della terra, dell’oltretomba)
                 » il colore scuro in antichità veniva per questo associato agli occhi dei morenti, che venivano
                    descritti come offuscati, come se stessero già contemplando l’oscurità degli inferi
-          ταύρος παμμέναλας » apposizione di ἱερά
-          ἐνοσίχθονι » epiteto formulare di Poseidone, “scuotiterra”
-          κυανοχαίτῃ » eppiteto formulare di Nettuno, “dalle chiome cerulee”, perché è dio delle profondità
-          ἐννέα » anafora che ripete l’aggettivo numerale “nove”
                » c’erano novi sedi con 500 uomini, per ogni sede immolavano nove tori (4500 persone)
                » nove era il numero di città su cui Nestore aveva il comando
-          ἕδραι » il dittongo αι- si abbrevia, come succede ai dittonghi/vocale lunga seguiti da vocale breve
-          εἵατο » in attico è ἥντο, imperfetto di ἧμαι, con desinenza ionica –ατο
-          πάσαντο » aoristo senza la presenza dell’aumento (ἐπάσαντο)
-          ἐπὶ…καῖον » è una tmesi (τμῆσις) omerica per cui un verbo composto viene spezzato mettendo
-          νηός » in attico c’è la metatesi quantitativa (declinazione attica) » νεώς
-          ἐίσης » in attico sarebbe ἰσης (l’eolico allunga la prima vocale)

versi 10-20
-          στείλαν » enjambement insieme ad ἀείραντες che si riferiscono al verso prima
                    » è un verbo aoristo che non presenta l’aumento (ἔστειλαν)
-          τήν » in attico sarebbe ἀυτήν (si riferisce alla nave)
-          ἒβαν » in attico sarebbe ἒβησαν, è un aoristo radicale con desinenza –ν (al posto d quella ionica ed
                  attica della terza plurale –σαν)
-          ἐκ…βαῖν’(ε) » tmesi per far emergere il nome del protagonista Telemaco (in realtà è ἐκβαίνω)
-          ἂρα » particella che indica un’azione ripetuta (è come se dicesse che è abituale scendere dalla nave)
              » appartiene al linguaggio formulare con azioni normali che si ripetono (non si traduce)
-          τόν » è al posto di ἀυτόν
-          προτέρη » “per prima”, aggettivo predicativo riferito ad Atena-Mentore
                     » tutte le parti declinabili nel genere che si riferiscono a Mentore sono al femminile
-          γλαυκῶπις » è un epiteto totemistico, “dagli occhi di civetta”, “dagli occhi azzurri”, “glaucopide”
                        » Atena ha questo epiteto dalla credenza che, essendo la dea della saggezza, sulla spalla
                           tenesse una civetta, che personificava la sapienza di cui la dea era rappresentativa
-          χρὴ ἒτ » per sinizesi (= fusione di due vocali nella lettura metrica) due sillabe misurano una lunga
-          τοὒνεκα » è τοῦ (neutro) + ἒνεκα, è prolettico rispetto a ciò cui si riferisce » fenomeno della crasi
-          ἐπέπλως » forma di aoristo raddoppiato di ἐπιπλώω (in attico ἐπιπλέω)
-          ὂφρα » congiunzione con valore finale, “per chiedere del padre”
-          πύθηαι » in attico è πύθῃ
-          πατρός » è un’esclamazione, che evidenzia il termine spostandolo all’inizio del verso (epesegesi)
-          κύθε » aoristo forte e senza aumento
               » “dove ricopre la terra”, cioè “dove è morto, dove è seppellito”
-          ἰπποδάμοιο » genitivo singolare eolico con terminazione –ιο (in attico –ου)
                          » epiteto di Nestore, “dominatore di cavalli”, riferito spesso ai guerrieri
-          εἲδομεν » congiuntivo esortativo di οἷδα con vocale breve ο al posto di ω (congiuntivo indipendente)
-          λίσσεσθαι » infinito con valore di imperativo
-          μιν » in attico è αὐτός
-          εἲπε » non c’è lo iato con νημερτέα ( da ἀμαρτανω = dire il vero, essere sincero) perché è preceduto
                 da digamma (ϝείπε)
-          ἐρέει » in attico si contrae in ἐρεῖ (da λέγω) sottintende “a te”, “ti”

Versi 20-30
-          πεπνυμένος » participio perfetto di πνέω, “ispirato” letteralmente, qui “saggio”
-          τήν » è in realtà αὐτήν riferito ad Atena, retto da ηὒδα
-          πεπνύμενος » prima era stato usato in riferimento a Nestore, ora per Telemaco ad evidenziare la
                             sua maturità tanto da paragonarlo ad un grande eroe, anziano ed esperto
                          » verso 21 è formulare: “rispose allora giudiziosamente Telemaco”
-          ἀντίον » avverbio, “di rimando”
-          verso 22 » interrogativa diretta aperta dall’anafora di πῶς, “come, in che modo”
-          προσπτύξωμαι » è un congiuntivo dubitativo inserito in un’interrogativa diretta introdotta da πῶς
                               » esprime la poca esperienza di Telemaco, che non sa neanche come salutare, come
                                  comportarsi davanti ad un adulto di tale importanza, gloria
-          τι » accusativo avverbiale, “affatto”
-          πεπείρημαι » letteralmente “mi sono esercitato”, quindi significa “essere esperti”
-          πυκινοῖσιν » letteralmente “dense, fitte”, qui prende il significato di “sagge, accorte”
-          αἰδὼς » posizionato all’inizio del verso per conferire enfasi
                 » con l’utilizzo di questo termine Omero ci suggerisce che la mentalità greca conferiva alla
                    figura dell’uomo anziano estremo rispetto e autorità, che derivano dall’esperienza
                 » qui emerge la posizione di Telemaco: chi sono io per rivolgere la parola ad un eroe come lui?
                 » Atena però lo richiama al suo compito, che va oltre a qualsiasi considerazione umana,
                    perché è stato voluto da un dio, ed è stato voluto proprio da Telemaco

Società della colpa e della vergogna
» in greco la colpa si dice αἰδὼς, il suo opposto è l’onore, τιμή.
» è un insieme di valori fondamentali collettivamente stabiliti e riconosciuti da tutti
» il valore fondamentale che viene messo a tema è quello derivante dal valore, dalla bravura in battaglia
» più sei valoroso, forte, abile nel combattimento, più onore e stima, autorevolezza, riconoscenza otterrai
» colui che si sottrae da questi valori viene chiamato ἄτιμος, “disonorato”, e viene allontanato dalla comunità
» a colui che è più valoroso viene associata anche una bellezza esteriore, perché per la mentalità greca i due     
   aspetti (interiore ed esteriore) dell’uomo andavano combaciando (καλοσκαγαθός = bello e buono)
» l’uomo deve quindi adoperarsi per accrescere le sue abilità guerriere, avendo come scopo di accrescere     
   anche se stesso. Coloro che non ci riescono sono ritenuti di poco conto, ma coloro che si rifiutano di  
   adoperarsi e non accettano questa mentalità addirittura sono ritenuti indegni di essere uomini
» la vergogna è relativa alla comunità, la colpa invece è un rimorso interiore e individuale sebbene derivi da
   una situazione esteriore (i greci non distinguono i due termini, racchiudendoli in un unico concetto)
» l’uomo vero, a cui bisogna tendere (l’eroe) è sempre in rapporto con la collettività, che riconosce ciò che
   sei, la quale determina l’uomo stesso attraverso il parere comune (anche se non è sempre veritiero)
» per i greci un uomo era ciò per cui veniva riconosciuto dalla collettività

-          σῇσι » desinenza eolica del dativo plurale della prima declinazione (in attico σαῖς)
-          αὖτε » particella che indica che il dialogo tra i due continua, tradurre con “e disse di rimando”
-          ἂλλα » anafora che sottolinea la decisa avversione della dea nei confronti della poca stima che
                   Telemaco ha di se stesso (lo rassicura e sprona nello stesso tempo)
-          δαίμων » il suo significato principale è quello di “spiritello, demone”, ma qui è “nume, entità divina”
                   » questo “nume” in realtà è Atena, ma non specifica nulla
                   » qui Atena rimane molto vaga accennando a Telemaco che è protetto da un dio
-          οὐ γὰρ…τραφέμεν » la ripetizione della negazione conferisce forza all’espressione (οὐ colloquiale)
                                      » anche perché altrimenti significherebbe che anche Odisseo debba essere nato a
                                         dispetto degli dei, contro di loro; lo convince con la pura razionalità
-          τραφέμεν » infinito aoristo forte di τρέφω con significato intransitivo
-          Ὥς » “così”

Versi 30-40
-          θεοῖο » uscita ionica del genitivo singolare al posto di θεοῦ; θεός è sia maschile che femminile
-          ἂγυρις » è la forma eolica dell’attico ἀγορά
-          υἱάσι » dativo plurale di υἱός formato dal tema υι- con –ασι preso dalle eccezioni come πατράσι
-          κρέα » ha α breve
-          ὡς » introduce una temporale
-          ξείνους » vocabolo omerico, in attico è ξένος, “straniero, ospite”
-          έταῖροι » sono i compagni d’arme, che erano come una seconda famiglia per la mentalità greca
                   » qui infatti Nestore è si affiancato dai figli, ma circondato dai compagni
-          ἑδριάασθαι » in ionico ἑδριᾶσθαι; fenomeno della distractio (διέκτασις), un espediente meccanico
                             per cui si fa tornare il ritmo metrico alterato dalle contrazioni (attuato dai copisti attici
                             antichi) » si scrive davanti alla vocale contratta quella breve corrispondente
-          ἂνωγον »  imperfetto da un verbo ἀνωγω costrito sul sostantivo ἂνωγα
-          Νεστορίδης » patronimico tiferito a Pisistrato, “figlio di Nestore”
-          Πεισίστρατος » era il figlio più giovane di Nestore (aveva circa la stessa età di telemaco)
                             » accostamento tra i due giovani, che si riconoscono compagni e coetanei
                             » nasce subito tra di loro una complicità legata direttamente all’età simile
                             » gli studiosi antichi pensano che sia stata un’aggiunta successiva fatta come
                                propaganda a Pisistrato (tiranno ad Atene nel 561-560 a.C.)
                             » a conferma di questa tesi sta che non lo si ritrova più come figlio di Nestore, né in
                                uno dei due poemi omerici, né in qualsiasi altra composizione poetica o non
                             » viene però accostato in altre opere a Telemaco come segno di amicizia perfetta
-          ἐν » anastrofe di κώεσιν che è legato a ἐν, c’è inoltre un enjambement si “su morbide pelli di pecora”
-          ἕλε » in attico è εἶλε (da ἐ-σε-λε)
-          ἁλίῃσι » termine traducibile con “mare”, ma la cui radice deriva da ἀλς, ἀλός, “sale”
                  » Omero ogni volta che indica il mare ne dà una connotazione particolare differente
-          δῶκε » aoristo mancante dell’aumento (dovrebbe essere ἒδωκε)
-          ἒχευε » in attico è ἒχεα, aoristo debole con caduta di σ originario intervocalico
-          χρυσείῳ » è un enjambement riferito a ἐν
-          κούρην » termine omerico, ionico, in dorico è κώρα, in attico è κόρη
-          αἰγιόχοιο » “egioco”, epiteto di Zeus, che viene caratterizzato dal suo scudo, l’egida, ricoperto con la
                          pelle della capra Amaltea che secondo il mito aveva nutrito con il suo latte Zeus da
                          bambino, una volta che la madre lo aveva nascosto sulla Terra per nasconderlo da Crono

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