TRACCIA
TIPOLOGIA D - TEMA DI
ORDINE GENERALE
«Siamo un Paese
straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il
paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha
speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la
città del futuro, quella dove si concentra l‟energia umana e quella che
lasceremo in eredità ai nostri figli. C‟è bisogno di una gigantesca opera di
rammendo e ci vogliono delle idee. […] Le periferie sono la città del futuro,
non fotogeniche d‟accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di
umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla
parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo
lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi
decenni. Diventeranno o no pezzi di città?» Renzo PIANO, Il rammendo delle
periferie, “Il Sole 24 ORE” del 26 gennaio 2014 Rifletti criticamente su questa
posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue considerazioni e
convinzioni al riguardo.
«Siamo un Paese
straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il
paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha
speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la
città del futuro, quella dove si concentra l‟energia umana e quella che
lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di
rammendo e ci vogliono delle idee. […] Le periferie sono la città del futuro, non
fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di
umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. […] Spesso alla
parola “periferia” si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo
lasciare in eredità? Le periferie sono la grande scommessa urbana dei prossimi
decenni. Diventeranno o no pezzi di città?»
Renzo Piano, Il rammendo delle periferie, “Il Sole 24
ORE” del 26 gennaio 2014
Rifletti criticamente su
questa posizione di Renzo Piano, articolando in modo motivato le tue
considerazioni e convinzioni al riguardo.
SVOLGIMENTO
« Le periferie sono la città
del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio,
ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie.»
È illuminante questa
intuizione di Renzo Piano, famoso architetto che vede l’origine dello sviluppo nella
ricchezza di umanità, più feconda nelle periferie cittadine, in quanto essa è
messa maggiormente alla prova dalle condizioni sfavorevoli e quindi stimolanti.
Per essere d’accordo con le
sue parole mi basta vedere un video di hip hop dance su youtube,ricordandomi
che questa ricchissima corrente culturale è nata da alcuni ragazzi del Bronx,
il quartiere più malfamato di tutti gli Stati Uniti, che con la danza volevano
dimostrare al mondo di esserci. Oppure posso guardare qualche foto su internet
dell’Africa,periferia del mondo, in pessime condizioni di vita, di igiene, di
nutrizione, oppressa da ininterrotte guerre, impregnata del sangue dei martiri
cristiani; eppure come non riconoscere le riflessioni ed il movimento che quella periferia sta generando
nell’avanzata Europa? Per dargli ragione mi basta accendere la televisione, e
vedere migliaia di profughi sbarcare a Lampedusa, periferia d’Italia, stremati
dal viaggio ed avendo abbandona tutto per un futuro incerto; eppure come non
stupirsi dei volontari che vi accorrono, delle opere di carità nate dai loro
bisogni, della disponibilità del nostro Stato? Ma anche solo aggirandomi per il
Giambellino, periferia della mia Milano, vedo più extracomunitari che italiani,
i rifiuti sulla strada, e mi sento ben poco al sicuro; eppure come non essere
radicalmente meravigliati dall’esistenza di questa scuola che frequento, nata
dalla volontà di un privato, oasi nel deserto di questo quartiere, dove tanti
studenti crescono ed imparano?
Le periferie di Renzo Piano,
però, sono quelle viste con occhi da architetto, sono periferie fisiche, sono
quartieri, sono edifici.
Papa Francesco, invece, nel
2014, in un discorso simile ha richiamato tutti noi a dirigerci verso le
«periferie esistenziali dell’umano», ampliando così lo sguardo di Renzo Piano,
sebbene sia vero che spesso queste due tipologia sono strettamente connesse. Ma
cosa sono queste periferie esistenziali? Ci sono alcuni autori che ce lo hanno
mostrato, perché in esse loro hanno colto un valore ed una bellezza essenziali.
Nella loro comune ironia lo
scrittore Giovannino Guareschi ed il cantautore Enzo Jannacci hanno intuito un
forza, una profondità negli uomini di periferia, negli esclusi, in uomini che
per tutti non valgono un soldo.
Basta ricordare l’episodio di
Giobà, personaggio del Mondo piccolo di Guareschi, lo scemo del
villaggio ma che si rivela un potenziale vincitore dei quiz televisivi; egli
non accetta nessuna offerta a chi gli propone di partecipare allo show per
vincere denaro, non si piega al potere che gli dice come usare la sua
conoscenza, affermando così la propria dignità. E chi non sa la nota canzone di
Jannacci “El purtava i scarp del tenis”, che descrive un povero barbone,
l’emarginato per antonomasia, eppure il medico milanese ci mostra che anche lui
si innamora.
Ma già prima nella
letteratura troviamo autori appassionati alla realtà che per il distratto è
banale. Baudelaire, per esempio, non è colpito solamente dal “mondo piccolo”
degli emarginati, dei poveri, ma ricerca i “fiori del male” in tutta quanta la
realtà, come in vecchiette dallo sguardo di ragazzine oppure perfino le rotaie
del treno possono essere il luogo del manifestarsi istantaneo di un’intuizione
di luce, di senso. Anche Verga non si lascia commuovere dalla condizione delle
classi povere siciliane, come ne I Malavoglia, ma anche dalla
dispersione che osserva negli strati più alti della società, come testimonia la
prefazione al Ciclo dei vinti, in cui esprime il progetto di analizzare
il «meccanismo delle passioni umane» a tutti i livelli sociali.
Tutti noi siamo periferia, ci
dice Verga, eppure ci abbandoniamo ad un crudo sguardo di disprezzo o di miope
indifferenza davanti a ciò che vediamo banale, davanti alle persone, ormai date
per scontato, che incontriamo per strada, a lavoro, a casa. Quante volte guardo
mio padre così, il mio povero padre, un uomo di periferia, di periferia
esistenziale, un uomo sempliciotto che si accontenta di poco, da cui pretendo
qualcosa che non è. Quanto io stessa sono una periferia, e tu «lettore
ipocrita, mio simile, mio fratello», come scrive Baudelaire, non sei anche tu
un quartiere abbandonato in questo mondo di confusione e distrazione? Chi siamo
per essere notati da una massa indifferente? Chi siamo noi per essere
considerati da qualcuno? Semplicemente siamo. Ci siamo, ognuno di noi c’è e,
come dice Renzo Piano, siamo «ricchi d’umanità». È questo, in fondo, l’invito
del papa: educhiamo il nostro sguardo ad accorgerci del valore di ciò che c’è,
ma che viene dimenticato o sottostimato. È possibile farlo! Se osservi
attentamente vedrai che fiori piccini nascono nelle crepe degli aridi muri;
proprio nel punto di maggiore fragilità, lì il seme s’insinua.
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