Affinché tu fra queste cose non ti chieda per caso,
restando muto, ciò
Il fulmine portò giù in terra il fuoco agli uomini
Per prima cosa, poi/ da lì proviene l'ardore di
ciascuna fiamma.
Vediamo infatti che molte cose incastonate nei fuochi
celesti
Risplendono, dopo che il colpo del cielo donò loro il
calore.
E tuttavia quando un albero, vacillando, agita i rami
scossi dal vento
Urtando i rami di un altro albero,
Il fuoco erompe spinto fuori da forze potenti.
E talvolta balena la fervida scintilla della fiamma,
Quando tra di loro si sfregano vicendevolmente rami e
tronchi.
Entrambe le cose possono aver dato il fuoco agli
uomini.
Poi il sole gli insegnò a cuocere ed ammollire il
cibo con il calore
Della fiamma, dal momento che ne vedevano molti
maturare
Alla sferza dei raggi e molti vinti dal caldo per i
campi.
E di giorno in giorno sempre di più quelli che
eccellevano in ingegno
Ed erano forti di cuore apprendevano che il modo di
mangiare e
di vivere precedente cambiava con le nuove scoperte e
col fuoco.
E gli stessi capi cominciarono a fondare città e
A porvi una rocca come presidio e rifugio,
E divisero greggi e campi, e li distribuirono
In base all'aspetto, alle forze e all'ingegno di
ciascuno;
Infatti l'aspetto valeva molto e le forze facevano
eccellere.
Poi fu inventata la proprietà privata, fu scoperto
l'oro,
Che facilmente tolse il prestigio/onore sia ai forti
sia ai belli;
Infatti sia i più forti sia quelli dotati di un bel
corpo per lo più
Seguono il modo di vivere del più ricco, qualunque
esso sia.
Cosa che se uno conducesse la vita con la vera
saggezza
Le grandi ricchezze per un uomo sono il vivere
modestamente
Con animo equilibrato/moderato; infatti il poco non
manca mai.
Ma gli uomini vollero essere famosi e potenti,
Affinché la fortuna rimanesse su un fondamento
stabile
E affinché potessero trascorrere una vita serena nel
lusso,
Invano, poiché combattendo per raggiungere il sommo
onore
Hanno reso infesta la strada della via/il percorso
per raggiungerlo,
E tuttavia dalla cima, quasi come un fulmine,
l'invidia li, dopo averli colpiti,
Li scaraventa talvolta nel nero Tartaro con
disprezzo;
Poiché l'invidia, e così il fulmine, bruciano le cime
Per lo più, e qualunque cosa sia più in alto di
altre;
Cosicché l'obbedire quieto è ormai molto meglio
Che voler reggere le cose col potere e possedere
regni.
Dunque sudino pure sangue spossati senza guadagno
Affaticandosi per lo stretto sentiero dell'ambizione;
Dal momento che sono imboccati dagli altri, e
apprendono
Le cose da ciò che sentono dire piuttosto che dalla
loro stessa esperienza,
E questo non accade ora più di quanto non accadeva
ieri ed in futuro sarà come è stato prima.
Dunque, uccisi i re, giacevano abbattuti il potere
precedente
E gli scettri superbi dei troni, e la famosa insegna
del sommo potere, insanguinata,
Piangeva il suo grande onore sotto i piedi del volgo;
Infatti il prima troppo temuto viene schiacciato con
soddisfazione.
Così lo Stato si convertiva in grande marmaglia e
confusione/folla,
Quando ciascuno cercava il potere ed il primato per
sé.
Quindi alcuni proposero di creare una magistratura
E fissarono il diritto affinché potessero usare le
leggi.
Infatti il genere umano, stanco di sopravvivere con
la forza
Si indeboliva per le inimicizie; per cui esso stesso
Si sottopose sempre più alle leggi e alle
prescrizioni dettagliate.
Infatti ciascuno si preparava a vendicarsi sempre più
incrudelito
dall'ira, più di quanto ora sia concesso dalle leggi
eque,
Per la qual cosa gli uomini si annoiarono di vivere
con la forza
Dunque il timore delle pene offusca le gioie della
vita.
Infatti la forza e l'ingiustizia indeboliscono
chiunque
E, da dove è sorta, si ritorce contro di lui,
E non è facile trascorrere una vita serena e
tranquilla
Per colui che viola con le malfatte i patti comuni di
pace.
Infatti anche se inganna il genere degli dei e degli
uomini,
Tuttavia deve sempre temere che questa cosa sarà
scoperta;
Dal momento che quando molti parlando spesso nel
sonno
O delirando per la malattia si dice che abbiano
svelato
E abbiano reso noto a tutti i delitti nascosti a
lungo.
Versi 1091- :
itinerario del progresso: sviluppo delle acquisizioni della civiltà umana (si
concentra su singoli momenti)
- scoperta del fuoco
- da cui deriva il potere
- Prime città
- Sviluppo della proprietà
privata
→ Giussani (filologo): traspone questa
sezione precedentemente quando si parla (vv. 1011) della scoperta del fuoco
dei vestiti e della casa delle prime
relazioni matrimoniali e sociali, perché aveva dato per scontata la scoperta
del
fuoco → in realtà quasi tutti gli editori
la lasciano in questo punto perché elenca tutte le scoperte
versi : ritorna
sulle singole scoperte e gli effetti che hanno avuto. La causa poi la tecnica
della cottura del C Ivo e l'arte culinaria e visto come momento importante per
lo sviluppo della civilizzazione e momento dello sviluppo della cultura del
cibo è qualcosa di visto anche in Ippocrate negli scritti medici dice che ride
possibile lo sviluppo della salut dell'uomo i primitivi vengono visti come non
sani, non cucinavano bene e quindi non lo digerivano.
Anche omero IX libro
Ciclopi non cuociono carni ma le mangiano crude, non vivono in comunità e
quindi sono i civilizzati non hanno sviluppato la cottura delle carni quindi
sono ancora ad uno stato ferino. Tutta attenzione alle cause della scoperta del
fuoco, non si sofferma sull'arte culinaria. Sviluppo società umana e concetto
beni diritti e proprietà.
Scoperta del fuoco non è legata al mito di Prometeo
Fuoco viene dato dagli dei per ovviare
all'indebolimento umano e alle asperità climatiche: impervie a cui la
razza umana si trova costretta ad affrontare
→ in Lucrezio: non
c'è la temperanza climatica, non c'è l'abbondanza di beni che la terra da
spontaneamente
→ tra glia litri
doni fatti dagli dei c'è la scoperta del fuoco: qui non si riferisce ne al dono
di prometeo ne alla scoperta
di un singolo uomo particolarmente dotato
e intelligente, ma la scoperta del fuoco è
legata ai fulmini, agli incendi
derivati
dai fulmini → l'uomo si rende conto che dagli alberi incendiati si può
mantenere il fuoco, le ceneri, oppure
dagli strofinamenti degli alberi e dai
rami degli alberi sbattuti dalla forza dei venti può scaturire scintille
→ non si parla di
pietra focaia e tecniche più evolute ma vede la
nascita del fuoco legata al legno
→ anche al vv. 797
del I libro contesta la teoria di Anassagora
per cui in ogni sostanza ci sono tracce di altre sostanze:
Lucrezio
qui rilevava come spesso negli alti alberi le cime si sfreghino tra di loro, da
cui l'idea della fiamma che deriva
dallo sfregamento degli alberi sulle cime dei monti → esempio addotto
per negare teoria che ci sia fuoco nascosto nelle particelle del legno, afferma
invece che esistono dei principi di
calore, atomi del caldo che per l'attrito si uniscono e creano
l'incendio nelle selve
→ accenna alle cause
ai fenomeni naturali che hanno stimolato gli uomini a produrre fuoco ma non si
sofferma alle
modalità con cui si è sviluppato questo
possesso del fuoco
- Verso 1091: formula con cui
Lucrezio vuole anticipare dubbio del lettore → la domanda non c'entra
nulla con ciò che precede può essere che sia caduto qualcosa oltre a
pensare a uno spostamento di questi versi
→
perché il lettore a questo punto si dovrebbe chiedere il perché della nascita
del fuoco? Di questi scarti ne
troviamo in Lucrezio: per passaggio a
concezione cronologica sviluppo civiltà a visione sincronica della
considerai zone delle singole arti e
scoperte
- Primitus avverbio non frequentissimo
nella poesia Latina. Da lì poi l'uomo imparò a trasportarlo e a tenerlo
acceso che si era divampato spontaneamente. Esempio delle molte cose.
- Fulgere (vv.1095): non fulgère ma fùlgere → lo mette della III
coniugazione
- Insita (vv.1094): è correzione su oblongus e quadratus di inclita
Ha
inseminato con atomi del calore le cose colpite dal fulmine, ma idea del colpo
del cielo fa pensare a incita alla incita alla violenza del cielo.
Lachman:
propone inlita ma lo rifiutiamo per
stare più attinenti al testo
- Donavit (vv.1095): verbo costruito
con l'ablativo della cosa che si dona (dono aliqui aliqua re)
- Et tamen (vv.1096): introduce
spiegazione affermativa
- Aestuat (vv.1097): Lucrezio gioca
sulla polisemia del verbo, "agitarsi" / "avvampare" →
accenna così al fatto che il movimento violento degli alberi porta al
calore e al fuoco
- Arbor (vv.1097): connesso
foneticamente con ardor (vv.1099) che unisce
- Extritus (vv.1098): dal verbo extrito = "far uscire
strofinando"
- Mutua (vv. 1100): neutro plurale
avverbiale ritorna sulla stessa idea enfaticamente in maniera pleonastica.
Versi 1102-1107: "ammollimento"/cottura dei cibi visto come fatto fondamentale per lo
sviluppo della civiltà
→ è servita a dare
salute all'uomo: la cottura rinvigorisce il corpo dell'uomo
→ si sofferma sulla
modalità della cottura del cibo e delle tecniche
→ allude all'apprendimento dell'uomo dalla natura,
lo sperimentalismo dell'uomo deriva dall'osservazione attenta dei
fenomeni
naturali
Versi 1108-1112 si sofferma sullo sviluppo della società grazie a degli uomini superiori in ingenio […] et corde
Non si parlava di
uomini più saggi che spingono ad unirsi e spingono ad essere giusti.
Contrapposizione epistola 90 di Seneca qui invece quando si parla delle prime
città e della proprietà privata dello sviluppo e del potere politico che siamo
ad una fase più avanzata rispetto alle prime comunità ma è società più
sviluppata qui si parla di uomini più forti e più intelligenti
- Commutare
aliquem ali qua re
(vv. 1106) = "scambiare la cosa vecchia per una cosa nuova" (non
è ablativo di mezzo) → il passaggio ad un nuovo modo di vivere è dato da
un nuovo modo di cibarsi legato al fuoco. Vengono introdotti questi uomini
più forti.
- Ingenio […]
et corde (vv.1107):
la superiorità di un uomo si misura in intelligenza e cuore: uomini più
intelligenti che sviluppano la civiltà umana
Versi 1108-1116: evoluzione
della città condotta da reges,
uomini più forti degli altri
→ è stato influenzato da Posidonio?
Sembra una contraddizione presentare il concetto sociale della monarchia, di re
che iniziano a fondare città e fortezze
con distinzione tra urbs e ars dove i re si proteggono dalle insurrezioni
e
mantengono e dirigono potere, quando prima
ha speso tanti versi a demolire l'idea di un unico uomo che
insegnasse il linguaggio → perché qui
dovrebbe essere diverso?
→ più che Posidonio ha qui in mente lo sviluppo storico della
società romana: prima monarchia poi la repubblica → i re
portano alla fondazione di città (come è
stato per Roma con l'epoca dei sette re), e hanno sviluppato città con arx
che possano difendere gli interessi dello
stesso re e a proteggerlo
→ città come sede della monarchia:
all'interno c'è arx che
funge da presidium
difesa e rifugio per loro stessi dalle
incursioni
degli animali feroci e altri uomini, ma le arx sono a
vantaggio solamente dei re: lo fanno per il loro
potere perché nel caso di insurrezioni
loro si possono difendere nelle rocche, per difendersi dal
→ in Seneca: i re sono saggi e lo fanno a tutela
degli altri uomini per difendere i più deboli il re saggio vuole fare il
bene e venire incontro alle necessità di
tutti e riunire gli uomini in un contesto urbano
Versi 1113-1116:
istituzione della proprietà privata che divide gli uomini fra ricchi e poveri
→ vengono privilegiati distribuzione di beni
immobili e mobili gli uomini più forti e più intelligenti che possono
aiutare i
re nel dominio politico: c'è un oligarchia fondata sulla proprietà
→ anche qui pensa alla situazione storica e sociale della
Roma non solo arcaica ma anche sociale perciò il patrimonio si
tramandavano nelle generazioni le
distinzioni sociali
→ concetto di
proprietà legata anche all'oro
- Pro facie (vv.1111):
motivo
della bellezza fisica oltre all'intelligenza e forza → ha una sua importanza
sociale che più avanti dice che nel suo tempo non c'è più questa cosa c'è
solo il potere. Prima contava anche la prestanza fisica aspetto sano del
corpo. Concetto abbastanza particolare
→
si è voluto vedere un rapporto è riferimento con Pomponio Mela che parlava degli etiopi che sceglievano il
loro governante in base alla bellezza
fisica: Lucrezio può esser stato condizionato da resoconti etnografici di
popoli primitivi e accoglie di attribuire
loro criteri di valorizzazione ormai perduti nella concezione romana
- Vv 1115: ha
in mente situazione a lui contemporanea, la mentalità comune per cui è solo la
ricchezza che conta
→
idea del cliens che non ha nessuna iniziativa personale e
segue le scelte indica anche il partito la scelta
politica di chi è più forte
Divitioris all'inizio di verso segnato come
elemento fondamentale
- Ratione (vv.1117): è la vera dottrina filosofica, la vera
filosofia
- Vivere
parce aequo animo (vv.1117-8):
vivere con misura porta necessariamente ad un animo equilibrato che sa
bene quali sono i valori e non si fa prendere da false opinioni
→
motivo della aequa mens:
è un motivo che Orazio svilupperà molto in riferimento anche alla lirica
arcaica e
all'elegia archilochea. Non abbattersi
troppo negli insuccessi e tenere una mente
distaccata da quelle che
sono
le cose esterne, non farsi prendere da un orgoglio motivato e non
deprimersi troppo quando le cose ci
vanno male → Orazio lo dice per i motivi
esterni, qui invece levus animus è un
animo che non si fa prendere
dalle passioni prive di fondamento come
l'avarizia e ambizione politica, prendere le distanze, questa è la vera
ricchezza per l'uomo: vivere in maniera
parca, infatti non c'è mia mancanza del poco
→ la ricchezza
naturale ha dei confini ben certi ed è facilmente
procurabile (ευπόριστος), mentre invece la
ricchezza delle vane
opinioni finisce all'infinito άπειρον
→
mescola i motivi della potenza politica e
ricchezza: l'omo vuole diventare
ricco e potente perché pensa che
con
questa potenza e fama la fortuna poggi su uno stabile fondamento, cioè
pensano di essere protetti dalla
debolezza e dalla morte, e grazie alla
ricchezza potessero condurre una vita senza preoccupazioni
- Verso 1120: la
settima delle massime capitali = alcuni vollero diventare famosi e ammirati pensando
che si sarebbero reputerà ti sicurezza da parte degli uomini così che se è
sicura la vita di tali uomini hanno ottenuto il bene naturale, se invece
non è sicura la vita che hanno non hanno ottenuto ciò che fin dall'inizio
hanno aspirato → è ironico perché sa che la fama è soggetta alla doxe degli altri se è famoso
dipende dalla fama che ha presso
gli altri (in Epicuro: ἀσφάλεια): l'uomo cerca la ricchezza per l'angoscia della morte
→
per alcuni è indicativo di un'ansia esistenziale
di Lucrezio e dei suoi contemporanei: motivo dell'ansietà del
ricco che è una forma di paura della morte mascherata, il cercare
posti diversi e amicizie diverse
→
anche Orazio riprenderà questo motivo
- Nequiquam (vv.1123): a inizio di verso
si contrappone bruscamente al placidam
→
motivo dell'invidia e dell'ostilità degli altri:
li colpisce una volta che sono arrivati in cima
→
paragone col fulmine: l'invidia
è come un fulmine che colpisce più facilmente ciò che sta in posizione elevata,
così essa fa cadere e sprofondare il
ricco/famoso facendolo cadere nel Tartaro → chi
è più in alto e più
esposto
ai colpi della fortuna e all'ostilità generale
→
motivo che si trova frequentemente anche in Orazio: ode 35 dedicata alla
fortuna più esposto alle lusinghe
del potere è un motivo che viene
sviluppato in maniera retorica da Lucrezio
- Contemptiim (vv.1126): termine arcaico,
si trova in Nevio per la prima volta → li fa cadere nel disprezzo generale
- Tartara
taetra (vv.1126):
allitterazione e paranomasia → non pensa che esista davvero, ma usa nome mitologico
- Invidia (vv.1126-7): ripetuto in anafora in posizione forte, la prima
è nominativo il secondo è ablativo
- Ceu (vv.1127): congiunzione
arcaica si trova in Ennio e lo troviamo rarissimamente in Virgilio quando
richiama ad Ennio, variante rispetto al quasi di prima → termine
abbastanza prosastico
- Satius Lucrezio lo usa spesso
al posto di melius
- I versi 1131-1332 sono stati
collocati dopo il 1126 da Munro Manro, che ha fatto ottimi interventi
congetturali
Conclusione: è
meglio essere assoggettati ma essere liberi dall'ambizione politica, è meglio
essere quieti piuttosto che governare ma stare inquieti → è il motivo di Epicuro del "vivi nascosto",
vivi appartato, assecondando le leggi, e lascia dunque che gli altri si
stanchino inutilmente
- Incassum (vv.1131): lo abbiamo già
trovato = a vuoto
- Sanguine
sudent (vv.1131):
immagine enniana molto forte → troviamo sudant
sanguine nel
caso della guerra di Troia, usata metaforicamente per lo sforzo politico
che è legato anche all'esercizio della violenza
- Verso 1134: pensano
in base alla bocca altrui → idea di adeguarsi alla logica del gruppo e perdere
autonomia spirituale → riecheggia Papulio (tragico arcaico): ragionano
in base alle passioni altrui piuttosto che in base alle proprie
- Saggezza
vista come qualcosa di legato all'abilita oratoria, alla parola: dai concetti generali si fa
la sapienza
→
questa vuota ambizione degli uomini che basano la loro saggezza su quello che
dicono gli altri c'è adesso ma
c'è stato già nel passato, dunque ci sarà
anche nel futuro: l'uomo sarà sempre
soggetto a questa vanità di
giudizio
→ una gnome sconsolata:
si sarà sempre così stolti, una triste
considerazione di Lucrezio
Versi 116-119: motivo
delle edilizie e ricchezze che hanno traviato il valore degli uomini
Lucrezio si dà ad
uno dei suoi attacchi violenti contro uno dei valori che l'umanità ha
introdotto nella civiltà:
- Filoplutìa: amore per la ricchezza
- Filoduxìa: che è amore del potere
politico
Cose prive di
consistenza che fanno solo male all'uomo: avidità e ambizione politica
estremamente dannose portano all'uomo ad un affanno enorme, dannose
Interpretazione allegorica del mito di Sisifo:
allegoria dell'uomo politico, dell'uomo
che persegue ambizione politica
→ arriva alla
culmine della sua carriera poi rotola giù e deve ricominciare da capo
→ la politica
preclude ogni amicizia: amicizia utilitaria e/o competitiva → per gli epicurei
invece è un bene primario
Attacco retorico poetico di questa civiltà: non
è qualcosa che è visto che si è generato da poco questo motivo della ricchezza
come valore dominante
→ Sallustio: la decadenza di repubblica
come eccessivo denaro viene collegata alla metà del II secolo a.C., da questo
momento non c'è più un pericolo esterno
significativo da questo momento questa ricchezza portò alla corruzione
della politica perché legata al denaro.
Lucrezio invece attribuisce decadenza dei valori ad un tempo molto più
antico, già alla monarchia romana di
affermò valore delle divitiae corruzione
dell'uomo antichissima
Conclusione di Lucrezio: la più grande ricchezza è
accontentarsi di poco perché il poco non
manca mai (vv.1129)
→ l'uomo non deve fare grossi sforzi per soddisfare
desideri naturali necessari e guardare con distacco quelli che
vogliono essere potenti pensando con
questa potenza di dare una base stabile sicura alla loro vita
Seconda parte del
III libro lotta per attaccamento alla vita qui rimanda, pochi versi ma poi
ritorna alla considerazione dello sviluppo storico. Civilizzazione coincide con
corpo giuridico, lo sviluppo sono le leggi per Cicerone, qua ci sono anche
aspetti negativi perché la legge crea la paura nel l'uomo è pratica la
giustizia per la paura della punizione vista come qualcosa che opprime non solo
i colpevoli ma tutta la società
Versi 1136-1142: fase
di anarchia che segue la fase monarchica
→ una volta
destituiti re non essendoci leggi essendosi esasperata l'ambizione politica e
avidità di denaro si crea una
situazione di anarchia violenta,
pericolosa
- Maiestas (vv.1137): nome astratto
troni concreto accostamento belo. I simboli della regalità sono troni
scettro e poi corone vengono ad essere rovesciati, giacciono a terra
calpestati, idea della fortuna e del l'invidia che fa precipitare ciò che
è molto alto in basso e rovescia nell'ode 35 del primo libro
- Sceptra
superba
(vv.1137): riferimento chiaro a Tarquinio superbo e istituzione repubblica
- Corona indicata con perifrasi
insigne...
Sumo
capiti e la sommità del capo.
- Cruentum (vv.1138): valore
predicativo
Non
piangeva loro e di prima, ma piangeva di essere stato così importante perché
aveva causato caduta nella polvere. Deplorava l'eccessivo onore avuto in
precedenza. Ciò che infatti è eccessivamente temuto in precedenza viene
calpestato con molta voluttà e passione si calpesta avidamente tutto ciò che
prima si è temuto molto.
- Participio metutum (vv.1140): apax
assoluto, si
trova solo qui in Lucrezio in tutta la letteratura latina
→
concretizza l'idea del timore per la regalità, oggetto di paura che spinge ad
un timore immotivato: la
situazione precipita nel disordine
- Faecem (vv.1141): fex indica "impurità", il deposito del vino
originariamente
→
in Cicerone può indicare la "feccia" intesa come gli strati più bassi
della società, gli strati più difficili da
controllarsi in quanto soggetti agli
istinti e passioni più turpi
→
qua non indica ribellione del popolino:
certo il popolo si ribella ma non c'è il dominio del popolo che comanda
ma
si crea una situazione di somma impurità, di disordine morale e anche fisico:
tumulti, caos
- Summatum (vv.1142): apax
legomenon,
sempre in relazione a quella "summa" carica politica di prima
→
declinato come IV declinazione, come anche metutum
di prima
Ognuno cerca di aspirare al potere quindi situazione
di anarchia generale insopportabile fondata sulla vendetta personale → si esce
grazie all'istituzione le cariche repubblicane e alla divisione dei diritti
→ insiste sul motivo
della vendetta privata che vige in questo momento di anarchia: esercitare la
violenza determina
violenza dall'altra parte, in una catena
che non finisce più
→ poi uomini ne
hanno disgusto di questa catena e quindi creano il diritto: le leggi posero fine alla catena di vendette
e
faide private, ma introdussero il timore delle leggi → motivo su cui insiste Epicuro (34 sentenza capitale)
→ la giustizia non è un male di per sé, ma è un male nel
suo timore: l'uomo vive nel
sospetto di finire prima o poi in
mano
a gli esecutori delle pene, coloro che sono stati preposti come punitori
di tali ingiustizi
→ si crea in lui uno
stato di ansima permanente e se anche sfugge per anni e anni agli esecutori
della giustizia pensa
fino alla fine dei suoi giorni che prima o
poi incorrerà nella giusta pena
→ Filodemo: parla anche di qualcosa di collegato
a questo timore, parla di una pena dell'al d ià (non come Epicuro)
che per lui non esiste → diceva che il
colpevole oltre ad avere la paura di essere scoperto ha anche paura che gli dei
nell'al di là lo punissero per i suoi
misfatti l'uomo comune può essere angosciato da una pena eterna dei suoi
misfatti in base alla concezione popolare e
tradizionale dell'al di là
- Partim (vv.1143): usato con valore
di sostantivo indefinito
- Colere (vv.1145): ha il valore di agere che è un valore che ha
spesso in Lucrezio; colere vitam si trova spesso
anche in Virgilio. Portava ad un indebolimento della compagine
sociale
- Scelta di cecidit (vv.1147)
"cadere": una nuova illusione e prigionia,
spontaneamente l'umanità vittima di una cosa che crea lei stessa, la stringe con lacci
→
ai versi 20-26 dello stesso libro: si parlava della necessità per i primi
uomini di riunirsi in società per difendere
i più deboli tutti bene o male si
assoggettarono ai foedera, non si
parlava di leges
- Sarà dominante in questa fase
il metra denaru la paura della legge inquina la piacevolezza della vita.
Da allora la paura delle pene previste dalle leggi macchia i premi della
vita.
- Verso 1152: verso
esiodeo → un
uomo che fa male a un altro uomo fa male a se stesso, chi fa violenza sarà
sottoposto a violenza → ma in Esiodo c'è la concezione religiosa di una Dike collegata a Zeus, mentre qui in
Lucrezio c'è l'idea della giustizia per nulla religiosa che fa rispettare i vincoli
all'uomo con durezza e violenza
- Verso 1156: accenno al timore
divino ma non sviluppato; timore delle leggi che si insinua in un contesto
sociale. I timori delle leggi macchia i premia (le gioie) della vita
→
è un timore che si diffonde nella società non
solo nei colpevoli è qualcosa che riguarda
anche gli innocenti
che però hanno paura della punizione della
legge
- Protraxe (vv.1159): Infinito perfetto forma
sincopata protraxisse
Verso
monco
Chi
commette una colpa sarà per sempre tormentato dalla paura non dal rimorso:
Chi ha commesso una colpa ha sempre paura che
questa colpa venga fuori prima o poi, anche se
sfugge agli dei: è strano questo passaggio perché gli dei non si curano
dei meriti e delle colpe degli uomini, non intervengono, non rivelano nessun
rapporto e tanto meno non intervengono per
punire le colpe; mai nella prospettiva epicurea gli dei verranno a
conoscenza delle colpe di qualcuno e le puniranno.
Ma qui Lucrezio ci
presenta la prospettiva del colpevole che
pensa di poter sfuggire alla conoscenza divina e umana, ma sotto sotto è sempre
tormentato dalla paura di essere
scoperto, più che il senso di colpa: il
colpevole è dilaniato non dal senso di colpa ma dalla paura, una paura
che cessa solo al momento della morte
→ in
Epicuro si parla di φόβος: non ha mai la sicurezza che la sua colpa sarà
nascosta
Qual è
il fondamento della giustizia umana?
Qui è adombrata una polemica molto antica
rispetto al tempo in cui
Lucrezio è vissuto: se la giustizia degli
uomini è dovuta a paura degli dei o paura delle leggi: frammento del Sisifo di Crizia
- Sappiamo che per opera della seconda
sofistica nella
seconda metà V secolo a.C. ad Atene fu molto dibattuto questo concetto ad
opera di grandi filosofi e poeti
- Il Sisifo è un dramma
satiresco che fu rappresentato ad Atene, generalmente attribuito a Crizia
→
ce lo tramanda Sesto Empirico (uno dei
più importanti filosofi scettici greci) per vedere quanto il timore delle
leggi e degli dei hanno influito sullo
sviluppo della civiltà umana, e lo attribuisce a Crizia
→
altri filologi lo attribuiscono ad Euripide, ma rientra nel contesto culturale
nella sofistica di un tempo: perché
la religione e filosofia sono entrati n
Lola storia dell'umanità → è molto più probabile che sia di Crizia
(Raccolta frammenti tragici greci Bruno fr 19 autore 43 (Crizia) Tragicorum et grecorum fragmenta
- In esso tratta la dissoluzione
delle credenze tradizionali, tra cui il diritto positivo,
la politica e la religione: una critica di ciò che i Greci raggruppavano
sotto il concetto di nomos. Il termine "nomos" assume in greco tutta una serie di aspetti che trascendono
la traduzione italiana di "diritto" o "norma". Il suo
valore, oltre ad essere descrittivo (nel nomos rientrano infatti tutte
le istituzioni umane, sia quelle politiche, sia quelle sociali, sia quelle
religiose) è anche e forse soprattutto regolativo (ovvero quali siano i
modi migliori per governare, quali siano gli scopi e le funzioni delle
cariche sociali e così via)
- L'originalità di Crizia, per
quanto riguarda il lungo frammento del Sisifo (che potrebbe anche
essere ricondotto a Euripide), sta nella tesi che vede nell’invenzione
degli dei il fondamento per la nascita della civiltà
- La
vita degli uomini primitivi è ferina, disordinata, inizialmente basata
sulla legge del più forte
- In un secondo tempo vennero
stabilite le leggi
da parte degli uomini
- La
legge diventa turannos e
la ubris venne schiacciata: viene punito chiunque
sbagliasse
- Successivamente si rendono
conto che per avere più controllo della morale civica non bastavano le
leggi perché gli uomini ingannavano le leggi allora subentrò
un uomo saggio dalla mente forte che pensò di inventarsi gli dei, introdurli nella credenza
popolare e creare nei mortali la paura degli dei affinché tutti
fossero stati distolti dalla paura della punizione divina dal commettere
le colpe, esercitando
così un totale controllo morale e sociale. Inventò anche la dimora
degli dei, da cui ascoltano non solo i discorsi ma anche i pensieri
nascosti degli uomini, da dove possono colpire dall'alto i colpevoli, in
una posizione privilegiata celeste: concezione atea fatta per il
controllo politico sociale. L'uomo che inventa gli dei viene in un
secondo tempo rispetto alla istituzione delle leggi
Noi
sappiamo che Epicuro combatté l'ateismo con
molta forza → nel 12 libro del Περί φύσεως attacca le teorie non solo di Crizia ma anche di Prodico e di Diagora,
e sostiene che gli dei esistono
anche se non puniscono gli uomini
→ accuse
all'epicureismo: sia a Epicuro sia a tutta la filosofia viene
rinfacciata da parte di tutti gli avversari, non solo
filosofici ma anche politici, il fatto di
aver soppresso timore degli dei e di aver quindi fomentato
l'immoralità
pubblica
perché viene meno la paura degli dei → la concezione epicurea del non
intervento degli dei nelle cose
umane veniva attaccata anche perché
indeboliva la moralità pubblica
→ risposta di Epicuro e della scuola
epicurea: obiettarono che l'uomo se ha una paura nell'aldilà però di fatto nono
viene distolto dall'amore morale dalla
paura dell'intervento divino. L'uomo anche i più devoti e timorosi non si
fanno distogliere dalla paura degli dei.
Frammento di Diogene di Enoanda scoperto solo
alla fine secolo 1997 pubblicato nel 2003 nel supplemento a Diogene di Enoanda
curata da Martin Smith → era già stato trovato ora completato in questa
progressiva di questa epigrafe, un lungo frammento (Supplement
of diogene of ienoandri)
→ affronta la questione non in maniera
tecnica come lettera Epicuro ma in
maniera descrittiva, per attrarre la gente
→ prende in
considerazione due categorie:
- Persone
sagge (filosofi epicurei)
Il saggio si comporta bene spontaneamente:
non è giusto per la costrizione o la paura degli dei ma per la ragione, per le
opinioni che hanno nei confronti di alcune realtà, soprattutto nei confronti
della sofferenza e della morte → gli esseri umani compiono ingiustizie o a
causa della paura o a causa dei piaceri, mentre il saggio non ha paura e persegue piaceri naturali e necessari
quindi grazie alla sua intelligenza e conoscenza della realtà non compie mai
ingiustizia
- χυδαίοι = persone
comuni
che non si occupano di filosofia
Le
persone comuni profane ritengono di
esser giuste a causa delle leggi e delle pene, ma se vi sono alcuni
coscienziosi a causa degli dei e non delle leggi questi sono pochi, in un
popolo ce ne saranno due o tre, gli altri non sono neanche tanto convinti che
ci sia un dio che punisca
→
ebrei e egiziani sono i più timorosi degli dei quindi sono i più impuri: il
fatto che sono devoti non significa che
siano veramente morali
→
la paura degli uomini fa vivere gli
uomini in uno stato di terrore e non impedisce le azioni immorali
→ Diogene teme gli
dei e al tempo stesso ha un atteggiamento strano nei confronti della morale:
non pensa che
l'azione immorale sia immediatamente
punita dal dio, dice semplicemente che una superstizione non porta a una
maggiore moralità (È VERO)
La polemica di
Diogene riflette la polemica di Epicuro = laddove si elimina il timore degli dei non significa che si elimina
l'immoralità, la vera religiosità è quella in cui uomo ammira il modello degli
dei che sono atarattici
→ i veri giusti sono i saggi epicurei
che hanno una giusta concezione del dio e sono spinti a questa
La
posizione di Filodemo è più articolata: capisce
bene che il malvagio se non è distolto dalla giustizia e dalla paura degli dei
(δεισιδαιμονία) non lo distoglie dalla giustizia (pezzo della colonna 77 edizione di Dirk Hobbink 2219-2241) e si vero
che il malvagio non è distolto dalla giustizia e paura degli dei e convinto che
ci sono pene eterne e quindi lui soffre lui stesso di queste pene
→ Epicuro dice che il turbamento delle anime umane sta nella credenza che esistano dei
eterni e ci sia la vita oltre la
morte
e ci può essere una pena eterna: paura delle pene nell'aldilà è una
delle paure che Epicuro vuole combattere
→ dopo il delitto subentra nella coscienza del
malvagio non il rimorso ma il timore di una pena eterna da parte degli
dei:
il timore non lo distoglie a commettere ancora immoralità, è un deterrente che
inquina la pace del delinquente
Lucrezio riduce questo dibattito molto articolato: come anche nel
linguaggio non aveva preso in considerazione le altre due fasi, anche qui si sofferma solo sulla paura delle leggi
→ non si sofferma su
paura degli dei e paura delle leggi quale dii contribuisca a frenare gli uomini
e se una delle due ha
validità a frenare gli uomini e condurli
alla moralità
→ contro la
concezione servile della religione che non deve essere per paura ma libera
adesione razionale del dio