Dal verso 925: inizia poi la fase più famosa,
dedicata allo sviluppo dell'uomo e della civiltà
→ si parla di genus humanum: nacque
dalla terra "dura" e per questo lui stesso era più duro di quanto lo
sia adesso, quindi più resistenze (lo sviluppo della civiltà lo
"rammollisce") → connessione
etimologica di humanus e humus
"terra"
→ contraddizione: all'alba del mondo
però aveva detto che la terra era mollis,
più delicata, perché era un giovane
organismo vivente, ma pur soffice era
sempre terra. Quindi gli uomini erano più duri degli uomini che nascono da
un utero materno → immagine di uomo più forte e più robusto nell'età dell'oro è anomala:
più spesso invece
troviamo un uomo indicato come più
delicato
→ come in Esiodo → Zeus introduce la fatica
perché l'uomo si era troppo rammollito (perché non usava più l'ingegno);
è un motivo legato anche ai metalli, il
bronzo rispetto all'oro (età più recenti sono più dure rispetto alle più
antiche)
→ rimanda alle
crudeltà degli uomini contemporanei, disumanità nelle guerre civili e una
durezza metaforica e morale
quella di cui parla Orazio in riferimento all'età del
ferro che sta vivendo
→ Età dell'oro per Virgilio c'era fiacchezza e mollezza
data dal fatto che he non erano abituati alla vita dei campi.
→ il motivo della
mollezza dell'uomo c'è anche in alcuni punti dei poemi omerici → in seguito a
scoperte di scheletri
umani giganti trovati in antiche tombe,
uomini primitivi avevano ossa più grosse e pesanti: probabilmente erano
scoperte paleontologiche che i greci
riferivano non ad animali primitivi ma a uomini preistorici
E quel genere umano fu nei campi molto più
Duro, com'era giusto per ciò che la dura terra
generasse,
E dentro reso stabile da ossa più grandi e
più solide, tenuto insieme da validi nervi grazie
alla carne,
Ed è tale che non era preso facilmente né dal caldo
né dal freddo
Né dalla novità del cibo né da alcuna malattia del
corpo.
E molti lustri del sole passati per il cielo
Conducevano (trascinavano avanti) una vita secondo il
costume sregolato delle bestie.
Né c'era alcuno che, robusto, guidasse il curvo
Aratro, né chi sapesse rendere molle il terreno col
ferro,
Né piantare in terra nuovi virgulti, né tagliar giù
Con le falci i rami vecchi degli alti alberi.
Ciò che dava il sole e la pioggia, ciò che la terra
creava
Spontaneamente, quel dono appagare sufficiente i loro
petti / era sufficiente per appagare i loro petti.
Rifocillavano i corpi per lo più tra le querce
Datrici di ghiande; ed i corbezzoli che ora in
inverno tu vedi,
Maturi, farsi di color rosso/purpureo,
In quel tempo la terra li produceva più numerosi ed
anche più grossi.
E inoltre, in quel tempo, la florida giovinezza del
mondo portò
Molti nuovi cibi, abbondanti per i miseri mortali.
Invece i fiumi e le fondi li invitavano a placare la
sete,
Come ora il decorso dell'acqua dai grandi monti
Richiama da lontano con chiaro scroscio la stirpe
assetata delle belve.
E infine occupavano i luoghi delle ninfe, noti ai
nomadi,
Dai quali sapevano che larghi flussi d'acqua lavavano
Con la corrente gli scivolosi ed umidi sassi,
Umidi sassi, stillando sul verde muschio,
E sapevano che in parte scaturiva e sgorgava in
pianura.
Versi 925-926: motivo della terra dura → contraddizione interna: la terra è
già affetta dal freddo e dal caldo quando prima aveva detto che il mondo godeva
di una eterna primavera → non è l'isola dei beati il campo elisio di Omero. La
natura produce in abbondanza cibo ma non è latte e miele o il grano. Quello che
produce la natura sono frutti selvatici e le bacche di corbezzolo.
- Quod (vv.929): relativa impropria riferita a genus humanum con valore consecutivo
- Labe (vv. 930): i due codici Longus e Quadratus hanno due edizioni diverse = labe, labi (ablativo in -i)
→
labi è lectior
dificilior
- Fase ferina dell'umanità in riferimento all'immagine dei ciclopi IX libro dell'Odissea omerica, non sono legati in società o in una comunità ma vivono per se in maniera disseminata. La natura li favorisce producendo in abbondanza i cereali
- Volgivago (vv.932): si trova nel IV libro riferito a Venere e l'amore libero, che può servire a lenire la piaga d'amore (vv 1071) → paranomasia e allitterazione. Definisce un rapporto mercenario che serve a scacciare la follia d'amore per una sola donna, che per Lucrezio e Epicuro è molto pericoloso. Magari predice che tra poco tratterà di come gli uomini si uniscono per riprodursi in maniera casuale vagando qui e là, ma in questo passo non c'è un riferimento palese all'attività sessuale, ma al loro modo di vivere da nomadi, alla loro vita selvatica, ferina e sporamen. Ci sono tanti uomini che perseguono il loro interesse e si aggirano nei boschi come animali selvaggi: non hanno il senso di gruppo e di appartenenza, non hanno il linguaggio (che si forma con la comunità), sono veri e propri animali, così come ce li presenta anche Diodoro Siculo che si rifà alla concezione di Epicuro.
- Tractabant: verbo intensivo → idea di animali che si trascinano nel corso della loro esistenza
- Falcibu' (vv.936): s caduca occorre spesso in Lucrezio (mai Virgilio)
- Curvi (vv.933): idea dell'aratro disciplinato per scavare il campo
Versi 933-936: non
c'era ancora l'agricoltura, l'elemento che più identifica la civilizzazione
→ quindi i campi non potevano produrre quello che hanno prodotto in seguito e
neanche e piantagioni di alberi da frutto
- Scibat (vv.934): forma di perfetto contratta (sarebbe sciebat) della IV coniugazione, utilizzata per esigenze metriche → queste forme in ibat sono quasi tutte concentrate in questa parte del V libro di Lucrezio (se ne trovano solo alcune nel IV) → forse fu composto separatamente dagli altri, e una volto accortosi della comodità metrica la continua ad usare: è strano che non si trovi negli altri libri
Versi 937-938: motivo
dell'automatos →
la terra produce tutto ciò di cui è
necessario spontaneamente, concetto dell'appagamento dei desideri naturali e necessari (non avere
freddo, fame e sete), per cui soffrendone l'uomo non arriverebbe all'atarassia.
Questa soddisfazione dei desideri viene presentata in una visione epicurea: si accontentavano di
quello che la terra donava loro → anche al vv.1390 del V libro riprende questo
motivo
Versi 939-947: quadro
bucolico arcadico in cui dimostra le sue capacità di poeta.
Idea di atarassia come il fine della vita,
motivo del rallegrarsi di un pranzo sull'erba vicino ai fiumi quando il tempo è
bello: quadro idilliaco,
soddisfare esigenza primaria e presentando in modo idilliaco nei versi 1390 e
seguenti. Soddisfazione in un lucus
amoenus è un motivo che troviamo anche all'inizio del II libro nel
proemio quando si parla della felicità del sapiente. Idea che siano poche elle
esigenze che servono per dare la felicità
- Curabat corpore (vv.939): idea anche che questa alimentazione naturale fosse molto sana e serviva a mantenere sano e in vita il loro corpo → ripresa del vegetarianesimo di Empedocle e della scuola pitagorica: pensavo che il cibo che derivi dall'uccisione degli animali sia dannoso anche per il corpo e l'anima dell'uomo, perché porta alla violenza, mentre il cibo vegetale fa sì che l'uomo vivesse in pace con gli animali e con gli altri uomini. Caratteristica dell'età dell'oro produce quello che è sufficiente, non l'abbondanza che verranno con l'agricoltura ma si allontana così fame e malattie
- Glandiferas (vv.939): apax legomenon → tipo di composto che si trova in Ennio, ma non è attestato nella poesia Latina: si pensa che sia una invenzione di Lucrezio
Il
motivo di ghiande e corbezzoli che
facevano parte della dieta primitiva verrà ripreso da
- Virgilio nel I libro delle Georgiche (verso 148): parla dell'introduzione dell'agricoltura in luogo di ghiande e di corbezzoli e
- nelle Metamorfosi di Ovidio nel quadro dell'età dell'oro: il cibo è costituito da corbezzoli e ghiande
- Il motivo dell'alimentazione spartana si è vista in riferimento ad un frammento di Vicearco (un peripatetico del IV secolo a C.): riteneva che la salute e il carattere mansueto dei primi esseri viventi fosse dovuto alla loro dieta vegetariana
- Puniceo (vv.941): in Lucrezio c'è sempre attenzione per il colore e per i momenti dell'anno → cosa che sarà esasperata da Virgilio nelle Georgiche
- Acquai (vv.946): la terra, oltre alla generosità di fornire il cibo, ha anche la generosità di fornire l'acqua, che è una delle esigenze primarie che, non soddisfatte, portano al dolore e all'infelicità l'uomo
Versi 943-944: la conclusione sul discorso del
cibo è interessante → c'è questa giovinezza del mondo che forniva cibo definito
"duro", anche se è sufficiente per gli infelici mortali
→ pabula di solito si riferisce al cibo dei
ruminanti, ed è definita spesso da Lucrezio come laeta
(anche all'inizio del
DRN invocazione a Venere le fiere balzano
su pascoli fecondi = laeta→ il primo
valore di laetus è agricolo = letame)
→ qui pabula dura, non laeta: nutrimenti
di non grande piacevolezza per gli uomini (è il nutrimento dei porci)
→ natura presentata
come generosa ma limitatamente: concezione di
natura severa con l'uomo, motivo della dura
tellus → produce uomini duri e cibi duri, adatti agli uomini
duri → dura legato al cibo si può
estendere al concetto di
una natura
ricca ma severa: fornisce l'alimentazione ma non è certo un'alimentazione
curata come quella che sarà
poi prodotta dalle tecniche agricole della civiltà
→ non è casuale che
proprio qui gli uomini siano definiti
come "miseri" → miseris
mortalibus (vv.944): nesso omerico
- Verso 945: costrutto di vocare con l'infinito semplice anziché con ut o il gerundivo è un costrutto poetico di ascendenza greca che Lucrezio usa spesso
- Claricitat (vv.947): apax legomenon: si trova solo qui in tutta la letteratura latina
→
da clarigare: verbo giuridico-sacrale che indicava la richiesta fatta ad
alta voce da parte dei feziali in un
contesto bellico → ne ha creato una forma frequentativa-intensiva:
"richiedere ripetutamente, reclamare
ripetutamente" → riferimento al corso
d'acqua che con voce chiara a lunga distanza richiama gli animali
→
i codici oblongus e quadratus hanno claricitati
a te → chi scriveva capiva poco e suddivideva male le parole
→
proposta di correzione di Fordinger:
claru citat → il verbo clarigare è raro, Lucrezio non lo usa mai
- Segue questo quadro pastorale queste grotte silvestri da cui scaturiscono correnti d'acqua che bagnano i sassi rendendoli uomini e coperti di muschio. Verso 103 Odissea grotta in cui Ulisse approda con i Feaci quadro in cui elemento naturale e divino si mescolano qui in Lucrezio queste grotte ricche di fonti d'acqua con quelle di omero hanno una sola valenza naturale. Non c'è il farsi no soprannaturale.
- Templum (vv.948): è una parola molto rara in Lucrezio, è un termine del linguaggio sacrale degli auguri (c'è una formula riportata da Varrone in cui gli auguri definivano lo spazio del cielo in cui si dovevano compiere i prodigi).
→
dal greco temno definisce lo spazio sacro
→
nella lingua arcaica indica la volta
del cielo
→
Virgilio: lo usa per gli inferi
→
in questo caso sono i boschi delle ninfe:
riferimento alle ninfe ma si possono nominare degli dei con
riferimento agli elementi naturali → riferimento alle grotte delle ninfe dell'Odissea, riferimento letterario:
tiene molto presente Omero perché sta
scrivendo poesia epica, anche se didascalica
- Vagis (vv.948): erano nomadi, passavano una vita vagando qui e là come le bestie selvagge; nei loro spostamenti ogni tanto si fermavano in queste grotte, che non erano una loro abitazione ma tappe di ristoro per alleviare la sete; girando conoscevano i posti → Lachman: ma se vagavano non potevano ricordarsi le grotte, il testo va corretto in vagi, attributo riferito agli uomini → ma in realtà questi spostamenti erano circoscritti non facevano transumanze di migliaia di km, non è vero che il testo non possa andare bene
- Lubrica umida saxa (vv. 950): due epiteti riferiti a un solo sostantivo è molto frequente in Lucrezio
- Verso 952: anacoluto → sembra indicare non i corsi d'acqua all'interno delle grotte ma le fonti e i corsi in aperta pianura. Due tipologie di fonti, quelle sorgive e quelle delle grotte. Ma è sempre retto da scibant come se le fonti della pianura venissero dalle grotte. E anacoluti o perché non si può legare a e quibus .
- Umida saxa (vv.951): ripetizione, Lucrezio viene catturato da alcune immagini su cui insiste in maniera martellante
E poi non sapevano servirsi del fuoco, né usavano
Vestire il corpo con le pelli e le spoglie delle
belve,
Ma abitavano i boschi e le cavità dei monti e le
foreste,
E affondavano le ruvide membra tra i folti cespugli
Costretti a sfuggire la sforza dei venti e della
pioggia.
Né potevano badare/contemplare il bene comune, né
sapevano
Far uso tra di loro di alcun costume o legge.
E ciascuno di sua volontà si prendeva ciò che la
fortuna
Riservava ad una preda, avendo imparato a campare e a
vivere da sé.
E nelle foreste Venere univa i corpi degli amanti;
Infatti attirava la donna un reciproco desiderio
O la violenta forza dell'uomo e l'intensa libidine,
O la ricompensa, ghiande e corbezzoli o pere scelte.
E fiduciosi nella mirabile forza delle mani e dei
piedi
Inseguivano la stirpe selvaggia delle belve
lanciando sassi e con il grande peso delle clavi
Ne vincevano molte, da poche fuggivano nei rifugi;
Come dei maiali setolosi lasciavano cadere le nude
Membra selvagge a terra, presi dalla notte/buio
notturno,
Avvolgendosi tutt'intorno in foglie e fronde.
E nell'ombra della notte non invocavano,
Spaventati per i campi, il sole col lamento,
Ma silenziosi aspettavano, sepolti nel sonno,
Finché il sole dal roseo aspetto non portasse la luce
nel cielo.
Versi 953-961: parte
negativa: enuncia quello che gli
uomini non conoscevano, non pesano fare → serie di negazioni
→ non sapevano
utilizzare il fuoco e cuocere il cibo, non sapevamo tractare, rendere più mangiabili i cibi col fuoco
→ non sapevano
utilizzare le pelli e vestire il corpo, non sapevano neanche filare e tessere
- Viene ribadito silvestri e silva: abitavano le cavità dei monti e nemo qui è l'equivalente di Silvia anche se in realtà è il bosco piantato dall'uomo ma qui non lo usa così. Idea del riparo per il sonno. Squallida sia per pelo ruvido, legata alla pelosità di questi animali vuol dire anche sudicio sporco riferimento alla sporcizia di questi primi uomini non si lavavano come animali selvaggi. Costretti ad invitare le percosse dei venti e della pioggia. Dormivano tra gli arbusti per evitare la violenza del vento e pioggia allitterazione ververa virto vitare.
Versi 958-59: motivo
dell'assenza della comunità e delle leggi → assenza di tutte le caratteristiche proprie della civiltà: non
hanno ancora pensato ad una comunità che dia difesa comune e soddisfi le
esigenze collettive
→ il bene comune è l'origine della comunità e
quindi della civiltà → senza comunità non c'è bene comune ma proprio
- Vivevano sporaden, ciascuno viveva per il fatto suo
Motivo
dei primitivi che vivono separatamente si rifà alla visione ciclopica di questa umanità ferina e mitica che
viveva dispersa non in società → riferimento a Omero (vv. 112-115): ci sono delle assemblee che facessero
leggi ne codici legali stabiliti ma abitavano sulle alte cime dei monti in
grotte, e ciascuno dettava legge alle proprie mogli e non si curavano gli uni
degli altri quadro della vita ciclopica nel IX Odissea → come i ciclopi questi
uomini vivono ognuno per conto suo a differenza dei ciclopi non hanno nemmeno
un'attività
Vivono come cellule sparse, come animali feroci, ma
senza vivere in branco
Costretto
sotto la suola della necessità a dover pensare da sé solo il modo di vivere
(avere forza, stare bene) e difendere la propria vita → una necessità per
natura ma vissuta spontaneamente
Per
Nicearco i primi uomini dovrebbero essere stati mansueti perché vegetariani e
quindi propensi ad aiutarsi gli uni agli altri → qua non c'è l'idea di un patto
per non danneggiare e non essere danneggiati.
Il perseguimento dell'utile era individuale e
spontaneo: contrasta con il quadro
idealizzato dell'età dell'oro che ritroviamo in Virgilio (→ motivo della giustizia spontanea di Arato che Virgilio sviluppa nel VII
libro dell'Eneide quando dice che la pira di Saturno era giusta non era
vincolata no dalla legge ad essere)
- Non ci sono mores né consuetudini
- Non ci sono leggi
- Hanno rapporti sessuali occasionali
- 960-961 poliptoto quisque ciascuno viveva da se
Versi 962-965: trattazione della riproduzione sessuale → l'argomento autorizza l'uso del nome degli dei in maniera del tutto
clinica: intesa come una sfera dell'attività umana
→ il desiderio
sessuale di cui parla qui non ha nulla a che vedere con l'amore di cui ha
parlato nel IV libro:
innamoramento come follia letale (vv. 1000 e seg.) → per gli epicurei l'occasionale attività sessuale era ammessa
come
piacere naturale, ma l'innamoramento di una sola donna era visto come una sorta
di malattia mentale,
perché
portava l'uomo a desiderare solo quello è tralasciare tutte le sue attività.
Si parla di Venere qui come pura
attività sessuale che consente a questi
uomini primitivi di riprodursi.
→ libro IV, vv. 1011 e seg.: si parla di nuovo di una
Venere che favorisce il legame
matrimoniale tra individui per cui gli
uomini si sentono in dovere dei prendersi
cura dei figli nati e creare nuclei familiari si sente di dover dare
affettivamente qualcosa ai figli → nella fase precedente si
accoppavano selvaggiamente e sembra che le madri
abbandonino a se stessi i figli
→ hanno rapporti
sessuali occasionali per perpetuare la stirpe ma non hanno una vita familiare e non hanno relazioni
e
legami di nessun genere
- Cupido … vel pretium (vv963-5): la donna cede al corteggiamento con dei doni (cibo, ghiande, corbezzoli o qualcosa di molto lussuoso come le pere) → amore visto come qualcosa di molto elementare e rozzo
- Vel violenta viri vis (vv.964): verso famoso, risalta l'allitterazione → o la violenza dell'uomo o la seduzione attraverso un dono o perché la donna stessa ha lei il desiderio
→
per la prima volta in questa
storia dell'uomo primitivo vediamo un
dono: prima tutto quello che c'era l'uomo
se lo accaparrava, qui c'è una sorta di
dono interessato
- Verso 964: dieresi bucolica tra vis ed atque
Vv. 980: Segue il quadro del rapporto con gli animali selvaggi
che erano l'unico vero pericolo per gli
uomini primitivi, non essendoci
lo scontro tra uomini. Meno considerato da Lucrezio è il pericolo delle
malattie.
→ contrasta la visione di Nicearco: gli
uomini primitivi vivevano in una età dell'oro anche perché vivevano in una pace
con gli animali feroci, perché si
nutrivano solo di vegetali (motivo del vegetarianesimo che portava a una pace
tra gli
esseri viventi), invece con sviluppo della
pastorizia, che è uno sfruttamento gli animali per i propri interessi, poi con
l'agricoltura, si introduce proprietà
privata che mette in contrasto gli uomini
→ già per uno scolarca del giardino le prime
comunità umane si formarono sotto la spinta la necessità della difesa
comune dagli attacchi delle fiere e questo
li portò a creare le prime comunità → i primi strumenti di guerra per
difendersi sono le clave, con cui
sopraffacevano gli animali selvaggi, ma molti morivano sbranati → la razza
umana
si riesce ad affermare perché riesce a
difendersi, ma molti ne muoiono.
- Verso 968: prime armi costruite dagli uomini per difendersi dalle belve → pietre da lancio e clavi
motivo dei giacigli notturni: i primitivi si
davano al sonno direttamente sulla terra, non si dice che sono protetti dalle
grotte come dirà dopo, ma sembra a cielo aperto.
- Saetigeris (vv.970): composto lucreziano → visti come cinghiali pelosi per coprirsi dal freddo e asperità del terreno
- Silvestria membra (vv.970): apokoinusi legato a pares, una sorta di accusativo di relazione, anche se è retto dal verbo → il riparo è dato non da una grotta ma da fronde e foglie
Versi 965-975: motivo
dell'assenza di paura di questi uomini primitivi per i fenomeni astronomici quotidiani, come il passaggio dal
giorno alla notte → questa alternanza non li sorprendeva più perché erano
abituati fino alla nascita, deducono per il ritornare abituale delle stesse
sensazioni che non bisogna spaventarsi
→ si avvisa la critica ad una concezione per cui gli uomini
primitivi erano angosciati ogni notte e andavano in giro
ululando perché temevano sole non ci fosse
più il sole
→ Esiodo attribuisce questa credenza
agli Arcadi, popolazione autoctona antichissima antilunare (vissuti quando
c'era
solo il sole e non la luna)
→ concezione ritorna
anche in Manilio, che aveva
presente il poema lucreziano perché il suo poema è anch'esso
didascalico e scientifico → nel premio
dice che la vita degli uomini primitivi era tutta segnata dallo stupore
davanti al comparire di nuovo della luce
del sole e si affliggevano per la scomparsa anche degli astri
→ Lucrezio
attribuisce un minimo di buon senso agli uomini primitivi → non critica
palesemente gli uomini primitivi,
anzi per lui
hanno molte meno paure degli uomini moderni:
- Non avevano la paura degli dei, perché non ha sviluppato ancora la religione, non ha concepito una idea di essere superiore
- Ha paura delle belve, ma non ha paura della morte come fenomeno astratto né come trapasso doloroso
- Non avevano paura di un al di là, perché non ha concepito la concezione dell'Ade
- Non avevano paura dei fenomeni metereologici comuni
- Non avevano ansia perla mancanza di nutrimento: vivono dotati di una certa abbondanza di cibo e acqua
- Non si angosciavano per accumulare ricchezze
→ per questi aspetti
hanno molto elementi che possono contribuire all'atarassia,
ma essa deve nascere come scelta
razionale
→ non hanno nemmeno dei desideri da sopprimere, è una condizione animalesca
data, ma non hanno
una scelta del logos → Lucrezio non dice che è meglio come era allora, ma il
saggio che sceglie consapevolmente
- Nu<da> dabant (vv.971): ritenuta una cacofonia che si cercava di evitare quindi per i copisti lo hanno fatto cadere → Lucrezio voleva rendere idea del disagio di questi primi giacigli, dalla durezza e asperità del suolo
- Grandezza epica dei versi per ripresa enniana (clausola somnoque sepulti ripresa pari pari)
- Respectare (vv.975): non valore di "voltarsi a guardare" in Lucrezio ma di "aspettare"
- Consectabantur (vv. 967): usa consector, forma frequentativa per consequor
- Verso 969: allitterazione e chiasmo
- Circum…involuntes (vv.972): tmesi lucreziana
- Rosea face (vv.976): ripresa dell'immagine omerica dell'alba ῥοδοδάκτυλος (= "dalle rosee dita")
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