Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono e ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
PRIMA LETTURA:
parafrasi:
Riposare a mezzogiorno,
pallido e pensieroso, vicino a un caldissimo muro di un orto,
Ascoltare, tra i rovi e i
cespugli, il gracchiare dei merli e i fruscii dei serpenti.
Spiare, nelle crepe del
suolo o su un mucchietto di terra, le file delle formiche rosse che ora si
rompono e ora si intrecciano formando piccoli cumuli.
Osservare tra gli alberi
le onde lontane del mare, mentre, dalle cime dei rami, si sentono tremuli strepiti
di cicale.
E andando verso il sole
che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è fatta davvero la vita, cin
tutti i suoi dolori: una specie di cammino al fianco di un muro sovrastato
da
Con questa poesia Montale
ci descrive un pomeriggio d’estate in Liguria, caratterizzato da una calura
soffocante e dal suo pensiero del dolore della vita.
SECONDA/TERZA
LETTURA:
inizio l’analisi della
poesia analizzando per primo il titolo, che presenta una licenza poetica: meriggiare. Questo verbo è stato inventato
dall’autore per farci subito immedesimare nella sua situazione e in ciò che
vuole descrivere, infatti meriggiare
pallido e assorto significa: riposare durante il pomeriggio e, di solito,
quando uno riposa inizia a pensare. Il poeta descrive il suo pensiero
attraverso le quattro strofe che ha la poesia, con quattro versi ciascuna
tranne l’ultima, che ne ha cinque. Questo evidenzia il fatto che nell’ultima
strofa c’è qualcosa di importante per il poeta, che la differenzia da tutte le
cose dette prima; ciò è detto anche dalle rime presenti nella quarta strofa:
finiscono tutte con glia tranne travaglio, il che significa che questa
parola è quella più importante di tutte poiché è quella che più rispecchia il
sentimento di Montale: il dolore e la durezza della vita. Possiamo notare anche
che tutte le altre rime, nelle tre strofe da quattro versi, sono libere per
prepararci al pensiero del poeta dicendoci che, appunto come le rime, è libero.
Oltre al verbo meriggiare c’è un altro elemento che ci
fa impersonare e ci fa entrare nella poesia: sono tutti i verbi che hanno la
caratteristica in comune di essere coniugati al modo infinito, questo perché
per prima cosa dà un ritmo lento e cadenzato alla poesia che ci ricorda un
pomeriggio caldo dove tutto si muove più lentamente e con più fatica (come il
pensiero dell’autore) e per seconda cosa è impersonale, il che ci fa mettere
nei panni di Montale dicendoci che anche noi potremmo provare il suo
sentimento. Solo alla fine il tempo del verbo cambia con andando, che spezza la monotonia della vita creata dall’infinito e
dall’immagine delle formiche rosse nella seconda strofa (notare che le formiche
rosse sono quelle che pungono, quelle che creano dolore senza sapere che cosa
fanno; viene ricreata un po’ l’immagine dell’uomo per Montale) e ci fa entrare
nella sua mente pensierosa.
Con le tre strofe da
quattro versi il poeta ci crea un clima che poi viene rotto improvvisamente
dalla quarta strofa creando un contrasto notevole. Questo clima è formato dalle
allitterazioni della C, della P e della S con assorto, presso, ascoltare, sterpi, schiocchi, frusci,
serpi, spiar, scricchi, picchi che sono suoni duri, come la vita. Le
allitterazioni e le parole onomatopeiche (quelle sottolineate) ci fanno sentire
accanto all’autore e ci fanno percepire il significato connotativo di queste
consonanti dure: l’aridità della vita di Montale e quindi anche della nostra.
Già nella terza strofa
inizia a descrivere il suo pensiero attraverso il palpitare del mare, che però
è lontano e limitato dalle fronde degli alberi e per questo non riesce a
raggiungere, che paragona alla vita felice che la sente lontana perché il
dolore non lo fa andare oltre. Con ciò descrive il desiderio infinito che ha
nel cuore di qualcosa di grande attraverso la parola palpitare che appunto fa personificare il mare nel simbolo della
vita, ed è messa in luce da un enjambement.
Come nella poesia “prima
del viaggio” Montale sente la speranza di qualcosa che rompa la monotonia della
vita, con la differenza che ora vede l’ostacolo del dolore personificato nella
muraglia descritta nella prima strofa con significato denotativo, mentre
nell’ultimo con significato connotativo, cioè quello di qualcosa che ti
impedisce di scoprire cosa si nasconde oltre anche a causa dei cocci di bottiglia
che trafiggono chiunque osi superare il muro della noia (“aguzzi”).
In questa poesia ci sono
molte parole chiave che descrivono i due sentimenti del poeta:
-
travaglio, abbaglia (anche il sole è visto negativamente), rosse formiche, cocci aguzzi descrivono
il dolore del poeta;
-
triste meraviglia, palpitare, tremuli (ci suggerisce qualcosa di insicuro) scricchi descrivono il desiderio di
grandezza di Montale.
QUARTA LETTURA:
Mi ricordo che un giorno
stavo accompagnando mia mamma dal dottore in bicicletta perché era una giornata molto calda di primavera:
l’aria mi entrava nei vestiti rinfrescandomi e scuoteva furiosamente i miei
capelli, l’odore dei fiori mi circondava e il canto degli uccelli era come una
ninna nanna. Incominciai a pensare a quante cose mi sono state donate, pensai
che Dio in quel momento mi stava regalando il respiro, migliaia di fili d’erba,
il sole, una giornata stupenda… cominciai a pensare che mi erano state donate
anche delle persone, e non solo la natura. Pensai ai miei amici, alla mia
famiglia, a quanto fosse bella e allegra la mia vita, alle professoresse e ai
professori, alla scuola, al conoscere tante cose, finché… non rispettai un
semaforo rosso e per poco non andai sotto ad una macchina. In quel momento mi
accorsi che mi era stata donata anche una vita e che la prossima volta sarebbe
stato meglio pensare sul marciapiede.
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