v
Dannazione
v
Destino
v
Veglia
(cima 4 23/12/1915)
v
San
Martino del Carso (valloncello dell’albero isolato; 27 Agosto 1916)
v
Soldati
(Bosco di Canton Luglio 1918)
v
Mattina
(Santa Maria Longa; 26 giugno 1917)
v
Fratelli
(mariano; 15 Luglio 1916)
PRIMA LETTURA
Tutte
queste poesie di Ungaretti sono state scritte mentre partecipava alla prima
guerra mondiale; parlano dei sentimenti dell’uomo più profondi che sono
suscitati in lui nel periodo più duro della sua vita: domande profonde
(Dannazione e Destino), amore (Veglia), immensità (Mattina), sofferenza (San
Martino del Carso), debolezza (Fratelli e Soldati), fraternità (Fratelli).
SECONDA/TERZA LETTURA
È
strano, ma nello stesso tempo fantastico, vedere come lo scrittore non abbia
mai parlato male dei nemici o del sentimento
dell’odio, infatti cita: “Nella mia poesia non c’è traccia di odio per il
nemico né per nessuno. C’è la presa di coscienza della condizione umana, della
fraternità degli uomini della sofferenza dell’estrema precarietà della loro
condizione”.
Ungaretti
ha la particolarità di scrivere in versi liberi per sottolineare la libertà dei
sentimenti che prova, indipendentemente dalla situazione in cui si trovava, per
sottolineare la libertà dell’uomo anche nelle trincee, anche se costretto a
combattere nessuno gli può impedire di provare emozioni.
Questa
libertà l’ha evidenziata soprattutto nella poesia “Veglia” in cui scrive di
aver passato un’intera notte con un compagno morto, massacrato, buttato
affianco come un oggetto, con la congestione delle sue mani penetrata
nel suo silenzio, dove ha scritto lettere piene di amore e dove non si è mai
sentito così tanto attaccato alla vita.
A
prima lettura può sembrare molto strano che un uomo, avendo affianco la morte,
possa provare così tanto onore per la vita: è un contrasto magnifico che dice
che l’uomo è così libero che anche di fianco alla morte può provare amore e
attaccamento alla vita, anzi, proprio perché accanto alla morte, ci rendiamo
conto di che dono sia la vita e l’amore.
In
questa poesia, come in tutte le altre, l’importanza e la sacralità della parola
sono importantissime per Ungaretti: sembra che l’autore vada a ricercare la
parola giusta che esprima quello che lui vuole; per fare questo elimina il più
possibile i nessi sintattici e la punteggiatura, fa molti enjambement per
risaltare la parola chiave e lascia degli spazi bianche che descrivono
l’assenza, la mancanza di qualcosa: mettono quindi al lettore questo vuoto nel
cuore facendogli capire che la poesia lo stimola fino ad un certo punto, lo
sforzo per riempire quel buco che ti si crea lo devi fare tu.
I
temi delle poesie variano da un sentimento all’altro a base dell’esperienza del
poeta, uno è per esempio la tristezza messa in luce nella poesia “San Martino
del Carso”, dove descrive un paesello distrutto con cui mette a confronto il
suo cuore: il paese più straziato.
Anche
qui l’importanza del senso della parola è grande, le parole chiave sono:
brandello, cuore, straziato. Il poeta ha nostalgia dei suoi compagni che
paragona al brandello di muro, ma nonostante la distruzione lui li tiene tutti
nel suo cuore (“… ma nel mio cuore nessuna croce manca…”), lo oppone con tutto
il suo calore e il suo amore alla morte: capisce che la morte è solo un’altra
rinascita, ma non poteva impedire di essere triste e di piangere.
Nella
poesia “Mattina” la ricerca di Dio e il principio delle cose semplici vengono
valorizzate in questa poesia.
In
un’ unica parola è racchiuso tutto il significato del Mistero quotidiano:
immenso.
Quest’unica
parola ha creato un climax per cui noi possiamo immaginare che il poeta,
alzandosi la mattina venga illuminato da un raggio di sole, e pensi che la luce
viene dal sole, il sole dal Sistema Solare, il Sistema Solare dalla Via Lattea,
la nostra Galassia dall’universo e l’universo dall’immensità; nello stesso
tempo “immenso” racchiude anche una sinestesia che contiene vista, olfatto,
udito, tatto. Una parola descrive la vita quotidiana a cui noi non ricordiamo
di attribuirne l’immenso, sempre e comunque.
Ungaretti
è molto abile a creare i climax e questo lo possiamo notare anche nel climax
discendente presente nella poesia “Soldati”: paragona la fragilità dell’uomo
alla fragilità delle foglie in autunno che con una semplice folata di vento
cadono, anche se loro impiegano tutte le loro forze per aggrapparsi al ramo.
Qui la debolezza dell’uomo che vuole rimanere aggrappato al ramo della vita
viene evidenziata dalla parola “Si” all’inizio, che è impersonale: indica
chiunque e dovunque, infatti i temi che ripropone Ungaretti nelle sue poesie sono
universali perché ogni uomo, anche senza andare in guerra, prova tutte le
emozioni che ha provato lui, anche se con meno durezza.
Il
tema della solidarietà lo spiega la poesia “Fratelli”, dove l’autore riflette
su questa parola dopo averla detta ad un reggimento straniero, questa parola ha
un peso così grande che prima trema nell’aria, simile a una foglia
appena nata che deve ancora crescere, è indifesa come un cucciolo, poi si
trasforma in una ribellione interiore rispetto all’ingiustizia della fragilità
dell’uomo e la poesia si conclude ripetendo “fratelli” ma questa volta più
fermamente, per contrapporla alla morte e alla fragilità e che fuga ogni
dubbio.
Questo
poeta mi ha affascinata anche per l’uguaglianza alle domande che si è posto con
le domande che anche io a volte mi pongo, queste domande che vengono espresse
nelle poesie “Dannazione” e “Destino” sono sull’esperienza, l’esperienza di
accorgersi della presenza di Cristo e sono sul perché noi desideriamo, in
questo caso, sul perché desideriamo Dio (Dannazione) e perché desideriamo
essere più forti (Destino).
Il
desiderio in Dannazione è molto più sottolineato, soprattutto dalla frase
principale: “perché bramo Dio?”; anche qui è sottolineata l’importanza
della parola, della parola “bramare” che racchiude un significato intenso,
intenso quanto il suo desiderio, infatti bramare è molto più di desiderare
(desiderio = DE SIDERA = dalle stelle; il desiderio veniva dal cielo, dipende
da qualcuno fuori da noi). Con questa poesia Ungaretti vuole sottolineare il
suo contrasto interiore tra l’essere imprigionato tra le cose che finiranno
(
“Chiuso tra cose mortali (anche il cielo finirà) perché bramo Dio?” )
con il sentimento del desiderare, perché noi siamo fatti per cose immortali
anche se siamo circondati da un mondo che ha una fine. Nella poesia Destino
invece risalta il fatto che noi siamo stati creati per la felicità, eppure noi
soffriamo ( travaglio = momento più doloroso), e quindi perché se l’uomo è
stato creato per soffrire perché noi ci lamentiamo? ( “ Volti al travaglio come
una qualsiasi fibra mortale perché ci lamentiamo noi?” ), Perché noi siamo
stato fatti per la felicità.
QUARTA LETTURA
Proprio
perché i temi delle poesie sono universali, anche io ho provato le stesse
emozioni di Ungaretti: per esempio ho provato la ricerca di Dio e l’amore in
tutte le vacanzine del Portico quando, arrivati alla meta di una gita,
cantavamo le canzoni degli alpini davanti alle montagne, anche io lì non mi
sono mai sentita tanto attaccata alla vita.
Oppure
ho provato la tristezza e il distacco quando, alla fine della seconda media,
una delle mie migliori amiche e uno dei miei migliori amici hanno dovuto
lasciare la città, per sempre; ho pianto moltissimo, ma poi ho capito che
vivevano nel mio cuore sempre e comunque (“…ma nel mio cuore nessuna croce
manca…”). Queste poesie di Ungaretti mi hanno colpita profondamente sia per la
loro semplicità che per la loro profondità, anzi, proprio perché descrivevano
in un modo così semplice e veritiero l’uomo mi hanno colpita così tanto.
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