Era una calda serata
d’estate, un’attesissima estate dopo aver superato l’estenuante mese di maggio
del liceo classico. non dovevo pensare più alle verifiche, alle interrogazioni,
alle veglie notturne per finire i compiti e alla sveglia che ora giace rinchiusa
nel cassetto del comodino. L’aria profumava di vita, del cibo del buffet e di
spensieratezza. Era una perfetta cena di classe, gli amici mi circondavano
scherzando e consapevoli anch’essi che non c’era più niente d cui preoccuparsi
ormai.
Era calata la sera, qualche
nuvola oscurava il cielo e i rami degli alberi ci chiudevano con una cupola di
foglie scure lasciando solo raramente spazio al cielo dove la luna lottava per
non essere sopraffatta dalle nubi dense che ci minacciavano dall’alto.
L’oscurità cadde silenziosa e subdola si intromise nell’aria festiva ora carica
di tensione. Le risate e il clima affettuoso fecero spazio poco a poco ad un
silenzio piatto ma non vuoto. Un lampo, violento, abbagliante. Ci sorprese
tutti e illuminò per un istante la terra con la sua luce sinistra e incolore,
per un istante tutto fu terribilmente bianco.
- sarebbe meglio tornare a
casa.- Il pallore di Paola mi spaventava, come le sue occhiaie incise sotto due
occhi sperduti e nervosi, poi la Terra tremò e il rumore più spaventoso che io
abbia mai sentito mi trapassò le orecchie, tutto diventò bianco ancora e una
nuova scossa fece tremare ancora il mio petto dall’improvvisa esplosione di
suono: stava arrivando una tempesta. Un ululato lontano si fece sempre più
insistente, vento tra le foglie o un mostro nascosto?
- mettiamoci nella cantina di
casa mia è staccata dalla casa e non è molto piccola ma ci dovremmo stare-
Schiacciati e compressi ci
sedemmo tutti in cerchio mentre l’aria si faceva lentamente e silenziosamente soffocante
e i rumori della tempesta ci arrivavano distorti e ovattati, quando un rumore
ruppe il silenzio.
- io so una storia di paura-.
Daniel era un accanito lettore di storie horror e la sua conoscenza in materia
era sconfinata, trovava sempre piacere a far spaventare la gente con le sue
storie ricavate dalla fusione e trasformazione di libri che aveva letto, così
cominciò.
- quasi cento anni fa, qui
nelle vicinanze sorgeva una casetta abitata da una coppia appena sposata, gli
sposati erano Eduard e Rebecca. Erano innamorati e felici e niente sembrava
turbare il loro amore, finché Eduard non venne licenziato, cominciò a bere e
ubriacarsi, divenne burbero e rozzo. Un giorno Rebecca andò ad attingere
l’acqua al pozzo per allontanarsi dal marito ebbro, avevano appena litigato
come succedeva spesso ormai in quel periodo e lui si infuriò così tanto che,
spinto dall’alcool, raggiunse la moglie fuori e lì litigarono per ore e ore, ma
nessuno poteva sapere della disgrazia che
stava per succedere. Fu tutto improvviso e troppo veloce per essere
controllato. Un insulto un po’ troppo grosso, un bicchierino di troppo, una
spinta troppo forte e lei precipitò nell’infinita oscurità del pozzo, un tonfo
sordo e poi più nulla-.
Trasalii. Un brivido mi
percorse la schiena mentre un altro tuono sembrò scuotere la casetta fin dalle
fondamenta.
- pochi istanti dopo Eduard
si accorse di quello che aveva fatto così pianse per giorni interi, inginocchiato davanti al pozzo invocava la
moglie e si struggeva l’animo dal rimorso, pianse così tanto che lentamente
formò il lago Kasda, su cui affaccia questa casa, e il suo corpo di disgregò
nella nebbia perenne che aleggia sopra la distesa di lacrime. Nessuno vide più
Eduard Litchville ma si dice che ogni notte tempestosa le acque del lago si
aprano nell’esatto centro facendo riemergere il bellissimo corpo esanime di
lady Rebecca, tanto splendida che, attratto dai suoi occhi, ccadrai in trappola
finendo a tua volta nel pozzo-.
Accadde tutto
improvvisamente. Il rumore scrosciante dell’acqua, un ululato mostruoso e poi
passi, passi sempre più pesanti e vicini, inarrestabili e tremendi, poi una
mano, fredda, sulla mia spalla, bagnata, improvvisa, morta. Urla, gemiti,
paura. Corsi fuori, il freddo della notte mi accolse sinistro. Poi una confusione
sciamante che scappava da una figura bianca, candida, era così piccola e
attraente, sapevo che non dovevo guardarla negli occhi ma lei ormai mi aveva
già vista. Estasi e un piacevole torpore. Quanta bellezza, ma dove mi voleva
portare? Mi prese una mano e mi trascinò, ma che importava? Ero incantata,
tutto lo percepivo ovattato, gli altri mi urlavano qualcosa ma non sentivo, ero
troppo impegnata. Com’era bianca, e fredda…la sua mano mi conduceva sicura e
io non potevo oppormi, non a lei. Mi
sorrise, i suoi capelli bianchi le circondavano il viso ondeggiando lievemente
nell’aria. Era perfetta…poi d’un tratto i suoi occhi sgranati e tondi
diventarono rossi, le si dipinse una smorfia terrificante sulle labbra ormai
deturpate in un urlo terribile, poi mi sentii cadere…sempre più giù, tutto era
sempre più scuro.
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