Pagine

lunedì 24 giugno 2013

LA RIFORMA PROTESTANTE - la rivolta dei cavalieri e la guerra dei contadini

LA GUERRA DEI CONTADINI

-          La rivolta dei cavalieri
» erano signorotti fieri delle loro tradizioni guerriere, emarginati dal potere, sprovvisti economicamente
» nella predicazione leggono un invito ad aggredire la grande proprietà ecclesiastica
» guidati da Franz von Sickingen e dell’umanista Urlic von Hutten: cavalieri come futura classe dirigente
» 1521-23 » scoppia la guerra civile ma la lega dei feudatari laici ed ecclesiastici reprime la rivolta nel
                    sangue » Lutero condanna la loro ribellione
-          L’aspro potere signorile
» nelle campagne tedesche c’erano condizioni di asservimento molto dure
» tra XV e XVI secolo nuove esigenze dell’estendersi dell’economia spinge i signori ad inasprire il loro
   dominio di carattere personale sui lavoratori per incrementare le rendite
» limitazioni dei diritti di vendere beni/prodotti, il diritto ereditario, libertà di matrimonio e trasferimento
» 1524 » prime rivolte in Svevia e nella zona della Selva Nera e dilagò nella zona centro-meridionale
» vengono assaliti ed incendiati monasteri, castelli, case signorili
» luoghi principali: Tirolo, Svizzera, Alsazia, città di Magonza e di Colonia
» tentativo senza precedenti di darsi un’organizzazione e un programma unico
» 1525 » formazione di alleanze locali che confluiscono nella Lega cristiana dell’Alta Svevia
-          Le rivendicazioni dei contadini
» il fallimento delle trattative con i signori porta all’elaborazione dei cosiddetti dodici articoli
» dodici articoli » manifesto che raccoglie le rivendicazioni dei contadini e serve da punto di riferimento
                          » è insieme un documento di protesta, un programma di riforme, un manifesto politico
                          » si chiede l’abolizione delle servitù personali, la possibilità di eleggere e destituire
                             parroci, l’abolizione delle decime/prestazioni di lavoro non previste dalla consuetudine
» non pensavano ad abbattere il feudalesimo ma miravano a ristabilire l’ordine antico
» solo alcune erano rivoluzionarie (abolizione delle schiavitù personali, elezione dei parroci)
» i 12 articoli avevano costante richiamo al Vangelo: la parola divina diventa criterio per la
   legittimazione delle richieste più radicali (conseguenza della diffusione del luteranesimo)
» il diritto divino serve per tagliare i ponti con le tradizioni giuridiche ed ideologiche del Medioevo
» a scatenare la rivolta non sono state le idee di Lutero, ma un malessere secolare
-          Lutero condanna la rivolta
» i contadini invocano Lutero come loro capo (avrebbero avuto anche un appoggio politico importante)
» le autorità accusarono il monaco di essere il responsabile della rivolta
» Lutero era ancora un fuori legge e necessitava della protezione dei principi tedeschi
» Lutero intuì il pericolo e criticò il programma delle rivendicazioni dei rivoltosi: i signori avevano
   esagerato, ma non avevano diritto di appellarsi al Vangelo, perché escludeva qualsiasi violenza.
» Il compito di punire l’ingiustizia spettava solo a Dio, i contadini dovevano obbedire: l’unica libertà
   importante era quella interiore, e sarebbero stati premiati nel giorno del giudizio, davanti a Dio
» Lutero fu giudicato un traditore
-          Thomas Muntzer (1490-1525)
» si era allontanato da Lutero, per lui troppo moderato e incline al compromesso
» era diventato uno dei capi allo scoppiare della rivolta contadina
» 1525 » i soldati e i cavalieri annientarono i contadini a Frankenhausen in Turingia
            » Muntzer fu fatto prigioniero, poi decapitato (gridò “tutte le cose appartengono a tutti!”)
» Lutero invitava gli uomini alla passività a ricercare la libertà interiore, Munitzer predicò un programma
   rivoluzionario: “a ciascuno dovrà essere dato in ragione dei suoi bisogni, a seconda della disponibilità
-          Lo sterminio dei contadini
» le bande di contadini furono isolate e annientate dall’esercito dei principi tedeschi
» nella fase cruciale era mancata quella compattezza iniziale che avrebbe permesso la vittoria
» non erano in grado inoltre di dar vita a una nuova organizzazione politica, né di raccogliere consensi
» il rifiuto dei riformatori, e in particolare di Lutero, fu determinante per il rapido fallimento
» i disordini provocati dalle rivolte provocano un’ondata repressiva nei confronti dei seguaci di Lutero
-          La lega di Smalcalda
» la Riforma assumeva sempre di più l’aspetto di una contestazione politica » spaccatura tra i principi
» 1529 » Dieta di Spira in cui 6 principi e 14 città tedesche protestarono contro l’editto di Worms del ‘21
            » per questo furono chiamati “protestanti”, termine poi dato anche ai seguaci della Riforma
» 1530 » Dieta di Augusta » i principi protestanti presentarono la propria professione di fede
                                               (Confessione augustana)
» 1531 » i principi protestanti stringono un’alleanza militare, la Lega di Samalcalda
» il luteranesimo si diffuse in Germania fino a comprendere i due terzi del territorio, si trova quindi
   divisa tra l’imperatore ed i principi cattolici da una parte, e dall’altra i principi protestanti
-          Urlich Zwingli (1484-1531)
» canonico della cattedrale di Zurigo, seguace di Erasmo da Rotterdam, portò la Riforma in Svizzera
» pur apprezzando il suo insegnamento, si dichiara sempre indipendente da Lutero
» 1524-25 » agendo in accordo con le città, riformò radicalmente la Chiesa di Zurigo
                 » soppresse le immagini sacre nei santuari
 » abolì il celibato dei preti
 » smantellò i conventi i cui beni furono destinati alla pubblica assistenza
 » abolì la messa sostituendola con un rito semplice e commemorativo dell’ultima cena
 » abrogò l’eucarestia negando la presenza reale del Signore
 » attaccò e abolì la pratica del servizio militare mercenario (di cui molti erano contadini
    svizzeri) ritenendola indegna di un buon cristiano
 » fronteggiò movimenti estremisti che compromettevano i rapporti tra riformatori ed autorità
» l’esperienza di Zurigo fece preoccupare il popolo cattolico della Svizzera, dominati da una forte
   aristocrazia guerriera, che vedeva con ostilità la propaganda contro i mercenari
» 1531 » un esercito cattolico assalì Zurigo e vinse nella battaglia di Kappel, dove morì Zwingli
            » l’espansione della riforma fu bloccata in tutta la Svizzera con l’eccezione di Ginevra
-          Gli anabattisti
» le loro guide fu Kornard Grebel e Felix Manz, e rappresentarono una minaccia interna alla Riforma
» sostenevano la necessità di dar vita immediatamente ad una comunità di “santi”, di fedeli puri e liberi
   da qualsiasi costrizione legale e che non avrebbero potuto ricoprire cariche pubbliche, da buon cristiani
» negavano la validità del battesimo da fanciulli e sostenevano che tutti i fedeli dovevano essere
   ribattezzati (ciò diede loro il nome anabattisti, da anabaptistès “ribattezzatore”)
» il battesimo non è più un sacramento ma la conferma della purezza interiore, frutto del libero arbitrio
» predicavano l’uguaglianza sociale in aderenza al dettato evangelico
» l’intervento delle autorità civili davanti a queste convinzioni fu duro: condannarono a morte per primo
   lo stesso Manz, poi una serie di martiri
» il movimento però si propagò in Germania, dove attecchì soprattutto tra i contadini delusi dalla rivolta
   del 1525 e tra gli emarginati » anche loro però furono duramente colpiti con massacri sistematici
» ciò fece nascere a Münster una rivolta degli anabattisti » approfittando di una crisi del governo
   cittadino, si impadronirono del potere ed espulsero cattolici e luterani
» volevano fondare una comunità pura alla cui guida ci sarebbe stato Giovanni da Leida, profeta olandese
» a Münster fu permessa la poligamia, fu abolita la proprietà privata, eliminato il denaro
» i metodi di governo degenerarono però presto nel terrore

» 1535 » fu conquistata da un esercito dei principi cattolici e luterani, gli abitanti furono sterminati

LA RIFORMA PROTESTANTE - la diffusione: conseguenze culturali

LA DIFFUSIONE: CONSEGUENZE CULTURALI

-          Diffusione delle idee e reazioni
» contadini e proletario urbano accolgono la predicazione con fervore: interpretano l’esaltazione della
   libertà interiore come invito alla libertà da qualsiasi oppressione e quindi scintilla di ribellione
» borghesi » vedono l’incitamento alla rassegnazione su questa terra, all’obbedienza ai rapporti sociali,
   al rispetto dell’ordine in quanto avrebbe provocato il consenso del proprio operato dal popolo
» principi tedeschi » vedevano nella ribellione di Lutero l’occasione per indebolire il potere del papa e
   dell’imperatore e impadronirsi delle terre del clero in Germania
» intellettuali » approvano la rivendicazione del diritto di tutti di pensare seguendo la propria coscienza
» ecclesiastici » nell’azione di Lutero vedono l’occasione per riformare il cattolicesimo in profondità
» si risveglia un fervore nazionale, il sentimento di un orgoglio germanico
-          Ruolo della stampa
» la diffusione delle idee fu agevolata da una largo uso della stampa, mai così nella storia
» opere di Lutero » le 95 tesi, La libertà del cristiano, La cattività babilonese della Chiesa
» si produssero scritti polemici nei confronti della Chiesa e testi teologici » rivoluzione culturale
-          La lingua del popolo
» la circolazione delle idee fu possibile grazie all’uso della lingua volgare
» prima volta che fu usata politicamente e per trattare di argomenti su cui aveva l’esclusività il latino
» per la prima volta nella storia un grande pubblico di lettori prese coscienza di idee rivoluzionarie
   attraverso l’uso di tecnologie moderne e lingue locali
-          Altre forme di propaganda
» furono usate anche vie di diffusione più dirette e semplici come manifesti e caricature
» Lutero raffigurato come l’“Ercole germanico”, i papi e gli ecclesiastici in atteggiamenti grotteschi
-          Contro l’analfabetismo
» per facilitare l’accesso alle Sacre Scritture Lutero affermò la necessità di saper leggere e scrivere
» lotta contro l’analfabetismo » in Sassonia una legge (1580) stabilì che ovunque ci fosse almeno un
                                                      sagrestano disponibile all’insegnamento della scrittura
» nelle campagne si incontrarono difficoltà di ordine economico e di mentalità

» nei centri urbani iniziano a nascere nuove scuole, anche per ragazze (non più discriminazioni in questo)

LA RIFORMA PROTESTANTE - Martin Lutero: dottrina della riforma

MARTIN LUTERO (1483-1546)

-          Vita » Docente di teologia biblica presso l’università di Wittenberg
        » diventa centro di dibattito teologico
        » poi diventa monaco agostiniano nel monastero di Erfurt
-          1517 » papa Leone X promuove la vendita di indulgenze per la costruzione della basilica di San Pietro
» Germania: affida l’appalto per la riscossione all’arcivescovo di Magdeburgo Alberto di Hohenzollern
» l’incarico della predicazione fu affidato Johann Tetzel
» il 31 ottobre Lutero affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg un documento
   contenente 95 tesi contro le indulgenze » attacco all’assurdità morale delle indulgenze
» tesi: la Chiesa non può vincolare le decisioni divine, il perdono divino rende inutile l’indulgenza
-          Giustificazione per fede e il problema della salvezza: primo caposaldo della teoria luterana
» la natura umana è irrimediabilmente contaminata dal peccato originale
» gli uomini non possono nulla se non abbandonarsi alla giustizia e misericordia divina = avere fede
» il cristiano ha una doppia natura » uomo interiore che trova la sua piena libertà nella fede, nel rapporto
                                                           con Dio, nella lettura delle Scritture (esprimono la volontà di Dio)
                                                       » uomo esteriore che si pone socialmente in rapporto con gli altri
» le opere buone non servono a salvare l’uomo interiore ma a governare l’uomo esteriore e a farlo vivere
   in armonia con l’uomo interiore » inefficacia delle opere ai fini della salvezza
» base della polemica di Erasmo da Rotterdam = assenza di libertà nell’uomo di scegliere tra bene e male
» Lutero » servo arbitrio: incapacità dell’uomo di decidere il proprio destino, sottomesso completamente
» Erasmo » libero arbitrio: possibilità che l’uomo ha di cooperare con le sue azione alla propria salvezza
-          Il sacerdozio universale dei credenti
» è la conseguenza dell’assoluta valorizzazione del dialogo diretto tra uomo e Dio
» si svaluta ogni intermediario: sacerdoti, vescovi, papa, Chiesa in generale
» anche il papato è un’istituzione esclusivamente umana, una potenza terrena come l’Impero
» tutti i credenti sono sacerdoti in quanto hanno ricevuto il battesimo
» da prete a pastore = delegati che svolgono in nome di tutti un determinato ufficio
» i pastori non sono tenuti alla castità perché tutti gli uomini sono uguali davanti all’unico capo = Cristo
-          Le Sacre Scritture
» la lettura e l’interpretazione delle Sacre Scritture è un diritto di tutti (“libero esame”)
»
-          Critica ai sacramenti
» da sette (eucarestia, battesimo, matrimonio, penitenza, cresima, ordine, estrema unzione) a due
» solo il battesimo e l’eucarestia sono per lui fondati sulla Sacra Scrittura
-          1520 » il papa Leone X emana la bolla Exurge Domine in cui ordina che i suoi scritti vengano messi al
   rogo e gli lasciava due mesi di tempo per abiurare » reazione papale molto dura
» Lutero bruciò in pubblico la bolla papale » rottura definitiva
» viene appoggiato dall’elettore di Sassonia Federico il Savio
» da lui viene convinto ad appellarsi direttamente al giovane imperatore Carlo V cui spettava il
   compito di rendere esecutiva la condanna papale
-          1521 » Dieta imperiale di Worms: fu chiesto a Lutero di sconfessare le proprie idee, lui rifiutò
» l’imperatore fece di Lutero un nemico pubblico: chiunque poteva ucciderlo guadagnandoci
» dal ritorno da Worms, viene rapito dagli emissari del suo protettore Federico e messo in salvo
   nello sperduto castello di Wartburg in Turingia » si placa la situazione di pericolo
» nel castello si occupava della traduzione in tedesco della Bibbia

» la città di Costanza rifiutò di applicare la condanna di Worms ed adottò il luteranesimo

LA RIFORMA PROTESTANTE - i mali della Chiesa

I MALI DELLA CHIESA

-          Tutte le aspirazioni ad una profonda riforma della Chiesa (partite dal XI secolo) sono sempre state deluse
» credenza comune: la Chiesa è lontana a quella delle origini, pura moralmente e debole politicamente
» mito della purezza del cristianesimo antico » meta, ideale da raggiungere
-          Nicolaismo = concubinato del clero (dal nome del diacono Nicola che combatté il celibato ecclesiastico)
-          Simonia = compravendita delle cariche ecclesiastiche
-          Mancato rispetto alla residenza dei vescovi, abati, curati nel luogo dell’ufficio
-          Il cumulo dei benefici (immagine di una Chiesa dedita al commercio)
-          Le esenzioni dall’obbligo dell’esercizio del ministero ecclesiastico
-          Il malcostume dei sacerdoti (libertà sessuale, ubriachezza, corruzione…)
-          La loro ignoranza (non sapevano leggere, ignoravano il latino, non conoscevano i sacramenti ed i riti…)
-          Indulgenze » è la remissione delle pene canoniche (digiuno, penitenze…) poste ai fedeli per ottenere il
   perdono dai loro peccati (non bastava la confessione e l’assoluzione)
» si diffonde dal 1500 la pratica dell’acquisto delle indulgenze per somme di denaro
» si comprava per sé o per accelerare il passaggio al Paradiso alle anime nel Purgatorio
» immagine di una Chiesa che amministra il perdono divino per la propria ricchezza
-          Reazione » umanisti dell’area franco-tedesca rispondono alla loro esigenza d riforma
   riprendendo in mano i testi sacri usando la filologia ed il metodo critico
» questo movimento viene chiamato umanesimo cristiano
» Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro ne sono i portabandiera

» preparò il terreno per la riforma protestante fornendone elementi per la nuova teologia

LE PAROLE DI PETRARCA - ricerca linguistica

LAURA
-          rappresentata per la caratteristica degli occhi
-          rappresentata con l’arco
-          immedesimata in un ramo: troppo in alto per essere raggiunto da Petrarca
-         Laura come angelo

LEGENDA
-          Sogno
-          Tristezza, amarezza
-          Pensiero
-          Contrasto
-          Parole “cielo” o “terra”
-          Parola “guerra” o connesse
-          Laura
-          Idea della vecchiaia, pesantezza e stanchezza
-          Parola “dolce”
-          Parola “spargere”
-          Onore
-          Dubbio
-          Morte, limite
-          Solitudine
-          Concetto dell’essere difesi/indifesi
-          Concetto della fuga, del nascondersi
-          Verbo “cercare” o parola desiderio
-          Parola “cammino” o “via”
-          Parole che significano “legare”, essere imprigionato
-          Parole che riguardano l’immagine del fuoco
-          Parole che riguardano l’immagine della pioggia
-          Parola “sospiro”
-          Parole che riguardano una ferita
-          Occhi di Laura (descritta per le cose che avvincono Petrarca)
-          Parola “porto”
-          Parola “pace”
-          Parole che concernono il dolore, il pianto e le lacrime
-          Parole “pietà”, “grazia” e “mercede”
-          Immagine del sole
-          Parole “beato” e “benedetto” (che cos’è benedetto per Petrarca?)
-          Rimpianto, vergogna, perdita delle speranze, parola “errore”
-          Riferimenti possibili a Dante
-          Verità
-          Immagini riguardanti gli uccelli
-          Gente
-          Nudità
-          Osservazione: ricorrenza frequente del verbo “vedere” ed “oblio” ed “eterno”

N°1

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile in ch’io piango e ragiono
fra le vane speranze e ‘l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.

N°3
Era ‘l giorno ch’al sol si scoloraro
per la pietà del suo Fattore i rai,
quando i’ fui preso, e non me ne guardai,
che i be’ vostr’occhi, Donna, mi legaro.
Tempo non mi parea da far riparo
contr’a’ colpi d’Amor; però n’andai
secur, senza sospetto: onde i mei guai
nel comune dolor s’incominciaro.
Trovommi Amor del tutto disarmato,
ed aperta la via per gli occhi al core,
che di lacrime son fatti uscio e varco.
Però, al mio parer, non li fu onore
ferir me di saetta in quello stato,
ed a voi armata non mostrar pur l’arco.

N° 5
Quando io movo i sospiri a chiamar voi,
e 'l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s'incomincia udir di fore
il suon de' primi dolci accenti suoi.
Vostro stato REal, che 'ncontro poi,
raddoppia a l'alta impresa il mio valore;
ma: TAci, grida il fin, ché farle honore
è d'altri homeri soma che da' tuoi.
Cosí LAUdare et REverire insegna
la voce stessa, pur ch'altri vi chiami,
o d'ogni reverenza et d'onor degna:
se non che forse Apollo si disdegna
ch'a parlar de' suoi sempre verdi rami
lingua mortal presumptüosa vegna.

N°16
Movesi il vecchierel canuto e bianco
del dolce loco ov’ha sua età fornita
e da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi traendo poi l’antiquo fianco
per l’estreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, e dal cammino stanco;
e viene a Roma, seguendo ‘l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:
cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.

Contrasto tra la vecchiezza ed il moto

N°35
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human la rena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so, ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco; et io co llui.

Contrasto tra la solitudine e la gente, l’umanità; dualismo con Amore
Contrasto tra l’essere spenti all’apparenza e l’essere accesi dal fuoco all’interno

N°61
Benedetto sia 'l giorno, e 'l mese, et l'anno,
et la stagione, e 'l tempo, et l'ora, e 'l punto,
e 'l bel paese, e 'l loco ov'io fui giunto
da' duo begli occhi che legato m'ànno;
et benedetto il primo dolce affanno
ch'i' ebbi ad esser con Amor congiunto,
et l'arco, et le saette ondi'i' fui punto,
et le piaghe che 'nfin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch'io
chiamando il nome de mia donna ò sparte,
e i sospiri, et le lagrime, e 'l desio;
et benedette sian tutte le carte
ov'io fama l'acquisto, e 'l pensier mio,
ch'è sol di lei, sì ch'altra non v'à parte.

Contrasto “dolce affanno”
Costrasto: benedice ciò che gli fa del male

N°84
Occhi piangete: accompagnate il core
che di vostro fallir morte sostene.
- Cosí sempre facciamo; et ne convene
lamentar piú l’altrui, che ’l nostro errore.
- Già prima ebbe per voi l’entrata Amore,
là onde anchor come in suo albergo vène.
- Noi gli aprimmo la via per quella spene
che mosse d’entro da colui che more.
- Non son, come a voi par, le ragion’ pari:
ché pur voi foste ne la prima vista
del vostro et del suo mal cotanto avari.
- Or questo è quel che piú ch’altro n’atrista,
che’ perfetti giudicii son sí rari,
et d’altrui colpa altrui biasmo s’acquista.

N°90
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e 'l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;
e 'l viso di pietosi color farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale
ma d'angelica forma, e le parole
sonavan altro che pur voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
piaga per allentar d'arco non sana.

Contrasto “dolci nodi”
Contrasto “umana” e “spirito celeste”

N°126
Chiare, fresche e dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior' che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udïenza insieme
a le dolenti mie parole estreme.

S'egli è pur mio destino
e 'l cielo in ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
ché lo spirito lasso
non poria mai in piú riposato porto
né in piú tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata e l'ossa.

Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansüeta,
e là 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disïosa e lieta,
cercandomi; e, o pietà!,
già terra in fra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
dolcemente che mercé m'impetre,
e faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel dí a vederle;
qual si posava in terra, e qual su l'onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: - Qui regna Amore. -

Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Cosí carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, e sí diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
Qui come venn'io, o quando?;
credendo d'esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba sí, ch'altrove non ò pace.

Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia,
poresti arditamente
uscir del bosco, et gir in fra la gente.

Contrasto “fera bella e mansueta”
Contrasto “memoria” ed “oblio”
Contrasto tra la felicità dell’immagine e le sue “parole dolenti”

N°128
Italia mia, benché ’l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,
piacemi almen che ’ miei sospir’ sian quali
spera ’l Tevero et l’Arno,
e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion’ che crudel guerra;
e i cor’, che ’ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e ’ntenerisci et snoda;
ivi fa che ’l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.

Voi cui Fortuna à posto in mano il freno
de le belle contrade,
di che nulla pietà par che vi stringa,
che fan qui tante pellegrine spade?
perché ’l verde terreno
del barbarico sangue si depinga?
Vano error vi lusinga:
poco vedete, et parvi veder molto,
ché ’n cor venale amor cercate o fede.
Qual piú gente possede,
colui è piú da’ suoi nemici avolto.
O diluvio raccolto
di che deserti strani
per inondar i nostri dolci campi!  (richiamo alla prima ecloga delle Bucoliche di Virgilio)
Se da le proprie mani
questo n’avene, or chi fia che ne scampi?

Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l’Alpi schermo
pose fra noi et la tedesca rabbia;
ma ’l desir cieco, e ’ncontr’al suo ben fermo,
s’è poi tanto ingegnato,
ch’al corpo sano à procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia
fiere selvagge et mansüete gregge
s’annidan sí che sempre il miglior geme:
et è questo del seme,
per piú dolor, del popol senza legge,
al qual, come si legge,
Mario aperse sí ’l fianco,
che memoria de l’opra ancho non langue,
quando assetato et stanco
non piú bevve del fiume acqua che sangue.

Cesare taccio che per ogni piaggia
fece l’erbe sanguigne
di lor vene, ove ’l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
che ’l cielo in odio n’aggia:
vostra mercé, cui tanto si commise.
Vostre voglie divise
guastan del mondo la piú bella parte.
Qual colpa, qual giudicio o qual destino
fastidire il vicino
povero, et le fortune afflicte et sparte
perseguire, e ’n disparte
cercar gente et gradire,
che sparga ’l sangue et venda l’alma a prezzo?
Io parlo per ver dire,
non per odio d’altrui, né per disprezzo.

Né v’accorgete anchor per tante prove
del bavarico inganno
ch’alzando il dito colla morte scherza?
Peggio è lo strazio, al mio parer, che ’l danno;
ma ’l vostro sangue piove
piú largamente, ch’altr’ira vi sferza.
Da la matina a terza
di voi pensate, et vederete come
tien caro altrui che tien sé cosí vile.
Latin sangue gentile,
sgombra da te queste dannose some;
non far idolo un nome
vano senza soggetto:
ché ’l furor de lassú, gente ritrosa,
vincerne d’intellecto,
peccato è nostro, et non natural cosa.

Non è questo ’l terren ch’i’ toccai pria?
Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sí dolcemente?
Non è questa la patria in ch’io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l’un et l’altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pietà guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertú contra furore
prenderà l’arme, et fia ’l combatter corto:
ché l’antiquo valore
ne gli italici cor’ non è anchor morto.

Signor’, mirate come ’l tempo vola,
et sí come la vita
fugge, et la morte n’è sovra le spalle.
Voi siete or qui; pensate a la partita:
ché l’alma ignuda et sola
conven ch’arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle
piacciavi porre giú l’odio et lo sdegno,
vènti contrari a la vita serena;
et quel che ’n altrui pena
tempo si spende, in qualche acto piú degno
o di mano o d’ingegno,
in qualche bella lode,
in qualche honesto studio si converta:
cosí qua giú si gode,
et la strada del ciel si trova aperta.

Canzone, io t’ammonisco
che tua ragion cortesemente dica,
perché fra gente altera ir ti convene,
et le voglie son piene
già de l’usanza pessima et antica,
del ver sempre nemica.
Proverai tua ventura
fra’ magnanimi pochi a chi ’l ben piace.
Di’ lor: - Chi m’assicura?
I’ vo gridando: Pace, pace, pace.

N°134

Pace non trovo e non ho da far guerra
e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra;
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera,
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
e bramo di perire, e chieggio aita;
e ho in odio me stesso, e amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna, per vui.

Questa poesia è un elenco di antitesi e contrasti

N°136
Fiamma dal ciel su le tue treccie piova,
malvagia, che dal fiume et da le ghiande
per l’altrui impoverir se’ ricca et grande,
poi che di mal oprar tanto ti giova;
nido di tradimenti, in cui si cova
quanto mal per lo mondo oggi si spande,
de vin serva, di lecti et di vivande,
in cui Luxuria fa l’ultima prova.
Per le camere tue fanciulle et vecchi
vanno trescando, et Belzebub in mezzo
co’ mantici et col foco et co li specchi.
Già non fustú nudrita in piume al rezzo,
ma nuda al vento, et scalza fra gli stecchi:
or vivi sí ch’a Dio ne venga il lezzo.

N°150
- Che fai alma? Che pensi? Avrem mai pace?
Avrem mai tregua? Od avrem guerra eterna?-
- Che fia di noi, non so; ma in quel ch’io scerna,
a’ suoi begli occhi il mal nostro non piace.-
- Che pro, se con quelli occhi ella ne face
di state un ghiaccio, un foco quando inverna?-
- Ella non, ma colui che gli governa.-
- Questo ch’è a noi, s’ella sel vede e tace?-
- Talor tace la lingua, e il cor si lagna
Ad alta voce, e ‘n vista asciutta e lieta
Piange dove mirando altri no ‘l vede.-
Per tutto ciò la mente non s’acqueta,
rompendo il duol che ‘n lei s’accoglie e stagna,
ch’a gran speranza uom misero non crede.

N°161
O passi sparsi, o pensier' vaghi et pronti,
o tenace memoria, o fero ardore,
o possente desire, o debil core,
oi occhi miei, occhi non già, ma fonti!
O fronde, honor de le famose fronti,
o sola insegna al gemino valore!
O faticosa vita, o dolce errore,
che mi fate ir cercando piagge et monti!
O bel viso ove Amor inseme pose
gli sproni e 'l fren ond'el mi punge et volve,
come a lui piace, et calcitrar non vale!
O anime gentili et amorose,
s'alcuna à 'l mondo, et voi nude ombre et polve,
deh ristate a veder quale è 'l mio male

N°189
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo
siede ’l signore, anzi ’l nimico mio.
A ciascun remo un penser pronto et rio
che la tempesta e ’l fin par ch’abbi a scherno;
la vela rompe un vento humido eterno
di sospir’, di speranze, et di desio.
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
bagna et rallenta le già stanche sarte,
che son d’error con ignorantia attorto.
Celansi i duo mei dolci usati segni;
morta fra l’onde è la ragion et l’arte,
tal ch’incomincio a desperar del porto.

N°226
Passer mai solitario in alcun tetto
non fu quant’io, né fera in alcun bosco,
ch’i’ non veggio ’l bel viso, et non conosco
altro sol, né quest’occhi ànn’altro obiecto.
Lagrimar sempre è ’l mio sommo diletto,
il rider doglia, il cibo assentio et tòsco,
la notte affanno, e ’l ciel seren m’è fosco,
et duro campo di battaglia il letto.
Il sonno è veramente, qual uom dice,
parente de la morte, e ’l cor sottragge
a quel dolce penser che ’n vita il tene.
Solo al mondo paese almo, felice,
verdi rive fiorite, ombrose piagge,
voi possedete, et io piango, il mio bene.

N°234
O cameretta, che giá fosti un porto
a le gravi tempeste mie diurne,
fonte se´or di lagrime notturne
che ´l dí celate per vergogna porto!
O letticciuol, che requie eri e conforto
in tanti affani, di che dogliose urne
ti bagna Amor con quelle mani eburne
solo vér´ me crudeli a sí gran torto!
Né pur il mio secreto e ´l mio riposo
fuggo, ma piú me stesso e ´l mio pensiero,
che, seguendol, talor, levommi a volo;
e ´l vulgo, a me nemico et odioso,
(chi ´l pensó mai?), per mio refugio chero:
tal paura ho di ritrovarmi solo.

N°310
Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena,
e i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
et garrir Progne et pianger Filomena,
e primavera candida e vermiglia.
Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;
Giove s'allegra di mirar sua figlia;
l'aria e l'acqua e la terra è d'amor piena;
ogni animal d'amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso, tornano i più gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch'al ciel se ne portò le chiavi; (come Pier delle Vigne)
e cantar augelletti, e fiorir piagge,
e 'n belle donne oneste atti soavi
sono un deserto, e fere aspre e selvagge.

N°366
Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che 'n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole:
ma non so 'ncominciar senza tu' aita,
et di Colui ch'amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede:
Vergine, s'a mercede
miseria extrema de l'humane cose
già mai ti volse, al mio prego t'inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench'i' sia terra, et tu del ciel regina.

Vergine saggia, et del bel numero una
de le beate vergini prudenti,
anzi la prima, et con piú chiara lampa;
o saldo scudo de l'afflicte genti
contra colpi di Morte et di Fortuna,
sotto 'l qual si trïumpha, non pur scampa;
o refrigerio al cieco ardor ch'avampa
qui fra i mortali sciocchi:
Vergine, que' belli occhi
che vider tristi la spietata stampa
ne ' dolci membri del tuo caro figlio,
volgi al mio dubio stato,
che sconsigliato a te vèn per consiglio.

Vergine pura, d'ogni parte intera,
del tuo parto gentil figliuola et madre,
ch'allumi questa vita, et l'altra adorni,
per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre,
o fenestra del cielo lucente altera,
venne a salvarne in su li extremi giorni;
et fra tutti terreni altri soggiorni
sola tu fosti electa,
Vergine benedetta,
che 'l pianto d'Eva in allegrezza torni.
Fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno,
senza fine o beata,
già coronata nel superno regno.

Vergine santa d'ogni gratia piena,
che per vera et altissima humiltate
salisti al ciel onde miei preghi ascolti,
tu partoristi il fonte di pietate,
et di giustitia il sol, che rasserena
il secol pien d'errori oscuri et folti;
tre dolci et cari nomi ài in te raccolti,
madre, figliuola et sposa:
Vergine glorïosa,
donna del Re che nostri lacci à sciolti
et fatto 'l mondo libero et felice,
ne le cui sante piaghe
prego ch'appaghe il cor, vera beatrice.

Vergine sola al mondo senza exempio,
che 'l ciel di tue bellezze innamorasti,
cui né prima fu simil né seconda,
santi penseri, atti pietosi et casti
al vero Dio sacrato et vivo tempio
fecero in tua verginità feconda.
Per te pò la mia vita esser ioconda,
s'a' tuoi preghi, o Maria,
Vergine dolce et pia,
ove 'l fallo abondò, la gratia abonda.
Con le ginocchia de la mente inchine,
prego che sia mia scorta,
et la mia torta via drizzi a buon fine.

Vergine chiara et stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella,
d'ogni fedel nocchier fidata guida,
pon' mente in che terribile procella
i' mi ritrovo sol, senza governo,
et ò già da vicin l'ultime strida.
Ma pur in te l'anima mia si fida,
peccatrice, i' nol nego,
Vergine; ma ti prego
che 'l tuo nemico del mio mal non rida:
ricorditi che fece il peccar nostro
prender Dio, per scamparne,
humana carne al tuo virginal chiostro.

Vergine, quante lagrime ò già sparte,
quante lusinghe et quanti preghi indarno,
pur per mia pena et per mio grave danno!
Da poi ch'i' nacqui in su la riva d'Arno,
cercando or questa et or quel'altra parte,
non è stata mia vita altro ch'affanno.
Mortal bellezza, atti et parole m'ànno
tutta ingombrata l'alma.
Vergine sacra et alma,
non tardar, ch'i' son forse a l'ultimo anno.
I dí miei piú correnti che saetta
fra miserie et peccati
sonsen' andati, et sol Morte n'aspetta.

Vergine, tale è terra, et posto à in doglia
lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne
et de mille miei mali un non sapea:
et per saperlo, pur quel che n'avenne
fôra avenuto, ch'ogni altra sua voglia
era a me morte, et a lei fama rea.
Or tu donna del ciel, tu nostra dea
(se dir lice, et convensi),
Vergine d'alti sensi,
tu vedi il tutto: et quel che non potea
far altri, è nulla a la tua gran vertute,
por fine al mio dolore;
ch'a te honore, et a me fia salute.

Vergine, in cui ò tutta mia speranza
che possi et vogli al gran bisogno aitarme,
non mi lasciare in su l'extremo passo.
Non guardar me, ma Chi degnò crearme;
no 'l mio valor, ma l'alta Sua sembianza,
ch'è in me, ti mova a curar d'uom sí basso.
Medusa et l'error mio m'àn fatto un sasso
d'umor vano stillante:
Vergine, tu di sante
lagrime, et pïe adempi 'l meo cor lasso,
ch'almen l'ultimo pianto sia devoto,
senza terrestro limo,
come fu 'l primo non d'insania vòto.

Vergine humana, et nemica d'orgoglio,
del comune principio amor t'induca:
miserere d'un cor contrito humile:
che se poca mortal terra caduca
amar con sí mirabil fede soglio,
che devrò far di te cosa gentile?
Se dal mio stato assai misero e vile
per le tue man resurgo,
Vergine, i' sacro e purgo
al tuo nome e penseri e 'ngegno e stile,
la lingua e 'l cor, le lagrime e i sospiri.
Scorgimi al miglior guado,
e prendi in grado i cangiati desiri.

Il dí s'appressa, e non pòte esser lunge,
sí corre il tempo e vola,
Vergine unica e sola,
e 'l cor or conscienzia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliol, verace
omo e verace Dio,
ch'accolga 'l mio spirto ultimo in pace.