-
Storia: Gericault scelse di rappresentare un episodio tragico di
cronaca. Nel 1816, al largo dell’Africa occidentale, naufragano 150 persone
dalla nave Medusa: i reduci sono costretti a sopravvivere senza cibo né acqua
su una zattera che andò alla deriva per alcune settimane, in un crescendo di
orrori (si verificarono anche episodi di cannibalismo). La marina borbonica non
agisce tempestivamente, e riesce a salvare solamente una quindicina di
superstiti. Il pittore sceglie di raffigurare il momento più drammatico della
vicenda: quello in cui i naufraghi avvistano la nave della salvezza all’orizzonte
ma non riescono a farsi notare. Gericault decide di partecipare al concorso
reale di Francia con questo dipinto.
-
Reazioni dell’opinione: già il fatto di cronaca in sé
scosse molto l’opinione pubblica per la gravità dei fatti e soprattutto per gli
atti di cannibalismo. Quando fu presentato al Salon del 1819, suscitò
reazioni contrastanti: il pubblico ammirò la potenza della rappresentazione, ma
la critica restava perplessa davanti alla presunta mancanza di ordine della
scena, e davanti alle tonalità sentite come eccessivamente cupe. La forza della
reazione è dettata anche dal profondo intento di Gericault di richiamare
l’attenzione all’abbandono di quelle persone da parte del governo francese,
alla responsabilità della classe dirigente, che non era pronta ad accettare il
proprio enorme errore. Tutto ciò genera un enorme scalpore: le critiche che gli
furono mosse gettò il pittore in una depressione da cui non riuscì a
sollevarsi.
-
Dimensioni della tela: le dimensioni enormi (5x7 metri)
sono una scelta rilevante e innovativa, perché sceglie uno stile epico,
grandioso, allora solitamente dedicato ad opere con tema mitico, della storia
antica e idealizzata, per rappresentare uno sconcertante fatto di cronaca che
coinvolgeva solo gente comune. Gercault eleva quindi anche gli schiavi presenti
a bordo alla dignità degli antichi idealizzati.
-
Corpi: l’azione di denuncia sta soprattutto nella scelta di
porre nella parte più prossima allo spettatore i corpi morti o agonizzanti,
buttati in diagonale nella nostra direzione, al livello dell’occhio
dell’osservatore. I corpi, seppur magri, non sono fedeli al racconto storico
(per cui avrebbero dovuto essere scarnificati), e mantengono una plasticità
(non sembrano corpi che hanno subito settimane di digiuno). La loro condizione
è però suggerita dalla tonalità verdastra e pallidissima della pelle. Alcune
schiene sembrano citazioni della tradizione, come quella dello schiavetto nero,
che ricalca a tratti la muscolatura michelangiolesca. In questa scelta della
plasticità è evidente come Gericault, pur volendo esprimere il dramma, non
rinuncia a far trasparire una bellezza ideale, questo perché il tema ultimo del
dipinto non è la distruzione dell’uomo, ma esso è un’indagine sulla possibilità
di sopravvivenza dell’uomo, che anche in situazioni disumane ha un fortissimo
attaccamento alla vita. sono corpi abbruttiti dalla sofferenza, ma non vinti da
essa.
-
Gestualità: i gesti dei sopravvissuti sono assolutamente enfatici, espressivi,
quasi teatrali, e dicono della drammaticità della situazione. Sono proprio essi
a suscitare di più nello spettatore il sentimento guidandolo nella vera
comprensione dell’immagine, che passa attraverso l’immedesimazione.
-
Impostazione della scena: tutta l’immagine si concentra
sulla zattera, che occupa tutto lo spazio compositivo ed è posizionata in primo
piano (novità). La scena è costruita su un sistema di diagonali che convergono
vero due apici (l’albero della zattera e lo schiavo nero che si erge
sventolando il panno rosso) che vanno così a definire una doppia costruzione
piramidale. La scelta di posizionare uno schiavo nero, all’epoca considerato un
oggetto più che un uomo, proprio nella posizione principale del dipinto è
impressionante. Due ed opposti sono le direzioni di movimento che dominano
nella scena: quello del vento e quello del protendersi di tutte le figure
all’orizzonte, verso quella indistinguibile macchiolina che potrebbe essere la
loro salvezza.
-
Colore: Gericault sceglie una gamma di tonalità scurissima, e
stende con il colore anche la pece. È forte la contrapposizione tra le ombre
del mare, di un punto della zattera e del cielo e l’orizzonte luminoso della
salvezza. I corpi sono illuminati come da un riflettore, per metterli ancora
più in evidenza. Per il paesaggio Gericault usa un colore estremamente liquido,
anche se, pur essendo indefinito, lo sfondo rimane distinguibile.
-
Studio: Gericault va a documentarsi in modo accurato e storico
sulla vicenda. Interroga i sopravvissuti e visita gli obitori per osservare i
corpi morti nel naufragio. Inoltre ci
sono arrivati una cinquantina di studi preparatori: disegni e abbozzi ad olio o
acquarello.
-
Commento: Gericault chiama in causa lo spettatore attraverso il
sentimento che questa immagine suscita in lui. Il suo intento non era quello di
ricostruire l’avvenimento in maniera fedele, ma di dare alla vicenda
un’impronta più universale, andando così a rappresentare tutte le sfumature del
dolore umano. Quello fisico e quello spirituale, come dimostra il padre in
primo piano, inebetito dalla perdita del figlio che regge con la mano. È la
metafora romantica della vita dell’uomo che lotta con tutte le sue forze contro
le avversità del destino, diviso tra disperazione e speranza, vita e morte.
Nessun commento:
Posta un commento