La maggior parte dei mortali si lamenta della malignità
della natura, perché siamo nati nell’esiguità del tempo, poiché queste cose
scorrono con una tale velocità e rapidità di tempo che ci è stato dato, che,
eccetto per pochi, la vita abbandona gli altri nell’organizzazione della vita
stessa. E non soltanto la folla e il popolo non sapiente, come si pensa, si
lamenta per il male comune; anche tra gli uomini famosi questo turbamento
suscita lamentele. Da ciò proviene quella famosa esclamazione del più grande
tra i medici: “La vita è breve, la condotta lunga.” Da qui l’opinione, che non
conviene affatto ad un uomo sapiente, di Aristotele che è avverso alla natura:
“Quella dell’età favorisce tanto gli animali, che vivono cinque o dieci secoli,
per l’uomo nato per cose così grandi e numerose è stabilito un termine tanto
limitato.” Di tempo non ne abbiamo poco, ma ne perdiamo molto. È data in larga
quantità una vita sufficientemente lunga e per la realizzazione di cose più
nobili, se le cose si ordinano bene; ma quando si consuma per il lusso e la
trascuratezza, quando si spende per nulla di buono, sotto la spinta dell’ultima
necessità, come non comprendiamo di andare non sentiamo di essere cambiati. E così
non riceviamo una vita breve ma l’abbiamo resa breve, non siamo privi di tempo
ma prodighi. Come le opere grandi e regali, quando arrivano ad un cattivo
padrone, si rovinano in un momento e invece quelle modeste, se consegnate ad un
buon custode, crescono con l’esperienza: così la nostra età concede molto a
coloro che l’amministrano bene.
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