LE SUPPLICI
- Data di rappresentazione » 463 a.C. E’ aperta
una discussione sulla data: inizialmente si pensava fosse precedente al V
secolo perché il coro ha un posto molto ampio (con l’avanzare del tempo il
ruolo del coro si è ridotto), ma, essendoci già il dialogo, è stata collocata
in un momento di passaggio. Si è trovato in seguito un papiro che ci informa
del fatto che questa tragedia ha gareggiato con Sofocle (il quale ha
partecipato al suo primo concorso nel 469-68). Perciò si è ipotizzato che le Supplici
sia successivo ai Sette a Tebe, dato che si poteva presentare
solo una trilogia all’anno. Sul papiro, inoltre, sono visibili tre lettere, «ἀρχ…»,
che può indicare la data (sia per i greci sia per i romani gli anni erano
identificati rispettivamente con il nome dell’arconte e del console in carica
quell’anno), oppure può essere l’iniziale dell’arconte Archemenide, in carica
nel 463 a.C. Si è infine considerata quest’ultima ipotesi valida.
- Trilogia » le Supplici
» gli Egizi
» le Danaidi
» Amimone (dramma satiresco)
» è una tetralogia legata
- Ambientazione » spiaggia della terra argiva, in prossimità del mare
- Personaggi »
- Numero di attori »
- Coro » è formato dalle stesse protagoniste, le Danaidi. Questa
scelta innovativa spiega il ruolo preponderante del coro nella tragedia. Il coro
è diviso in due semicori: 50 sorelle e 50 ancelle (une per ciascuna padrona),
si capisce quindi l’esigenza di identificare le protagoniste nel coro: non si
sarebbe potuto rappresentare questo mito altrimenti
- Trama » le Danaidi, insieme al loro vecchio padre Danao
hanno lasciato l’Egitto per sfuggire ai cugini
» i suoi cugini sono gli Egizi, figli di
Egitto, nome di persona oltre che di località, fratello di Danao
» gli Egizi vogliono sposare le Danaidi per
forza, ma loro non ne hanno intenzione
» cercano un rifugio in Grecia, ad Argo,
città dalla quale la loro stirpe trae origine
» Pelasgo, re di Argo, esita a concedere
protezione perché sa che potrebbe portare ad una guerra,
inoltre è perplesso per la loro diversità
(pelle scura, vestiti diversi, accento diverso)
» anacronismo mai avvenuto: Pelasgo è
rappresentato come re di tutta la Grecia
» risponde di non poter prendere decisioni
senza il consenso della comunità che rappresenta
» le Danaidi, che hanno una mentalità
diversa, non capiscono come un re non possa prendere delle
decisioni in modo autonomo, e lo capiscono
come un segno di una futura respinta
» le Danaidi dichiarano che, in caso di
rifiuto, si impiccheranno alle statue degli dei, gettando sulla
terra argiva una maledizione, ma non
occorre perché nel frattempo la popolazione ha deliberato
all’unanimità per alzata di mano di
accogliere la loro supplica (anacronismo)
» arriva l’araldo degli Egizi, che cerca di
portar via le fanciulle a forza
» interviene Pelasgo e caccia l’intruso, che
a sua volta manda maledizioni
» la tragedia si conclude con il canto dei
due semicori (6 + 6) delle Danaidi che celebrano la
generosità
di Argo e invocano Artemide, anch’essa una fanciulla vergine che rifiuta il
matrimonio
» il semicoro delle ancelle ribatte che anche
Afrodite è una grande dea che deve essere onorata, e di
non essere eccessive nei confronti degli
dei andando contro natura (rifiuto del matrimonio in
quanto tale e non solo rifiuto di
specifici mariti) » fin’ora erano innocenti perseguitate, ora a
rischio di colpa » Eschilo non vuole mai
dividere nettamente buoni e cattivi
- Mito di Iò
»
idea di un’originaria parentela tra le stirpi nasce da un ulteriore mito qui
non raccontato, che vede come
protagonisti Zeus e la mortale Iò,
desiderata dal dio che la trasforma in giovenca per nasconderla alla
gelosia di Era (la figura del toro nell’antichità
è strettamente connessa alla divinità, ad un’immagine di
virilità, forza; si pensi alla Bibbia o alla
tauromachia, e alla ricorrenza di questa figura nei miti)
» Era
scopre l’amore segreto e si vendica facendo incarnare in un insetto un demone
che la perseguiterà e
le farà intraprendere un lungo viaggio, in
cui impazzisce essendo incessantemente tormentata, finché
arriva in Egitto, dove Zeus le ridà aspetto
umano e la libera.
» Zeus
la feconderà e da lei nascerà Epafo («nato da un tocco» perché la guarisce
toccandola).
» Un’altra
versione del mito spiega la trasformazione in giovenca in modo diverso: Era,
ingelosita, per
evitare che i due amanti si incontrino, la
trasforma.
» Da
Epafo deriva una stirpe, una discendenza che si ramifica e da cui derivano sia
i Persiani sia i Greci
(concetto contenuto anche nel sogno di
Atossa, nei Persiani)
»
ad Eschilo interessa sottolineare la stirpe comune anche tra nemici
» periodicamente
un ramo della discendenza ritorna in Grecia, patria di Iò: in questa tragedia a
compiere
questo tradizionale “ritorno alle origini”
sono le Danaidi, che fanno parte del ramo rimasto in Egitto
- Problemi
»
dov’è il coro? » nella scena del messaggero degli Egizi sembra che ci sia
contatto fisico tra un attore ed il
coro, che però
occupano posti distinti del teatro. È possibile però affermare che il
contatto fisico ci
sia stato realmente, ricorrendo anche in una tragedia di Euripide
» o l’attore lascia
il palco (improbabile) o il coro sta in uno spazio della scena
- Osservazioni
» percorso
simmetrico ai Sette a Tebe, per cui all’inizio sembra che Polinice sia il cattivo
ed Eteocle il
buono,
poi anche questo si avvia alla colpa nel corso della tragedia » cerca la colpa
nell’uomo
» che gli innocenti soffrano è la più drammatica
ingiustizia e scandalo dell’umanità, e nell’antichità si
risponde o
individuando la colpa come un peccato originale che trasmette la tendenza a
fare il male,
oppure si smantella la distinzione tra
buoni/cattivi e si individua il singolo, l’individuo colpevole
EGIZI
Di questa tragedia sappiamo
solo che gli Egizi vincono la battaglia contro Pelasgo e si impadroniscono
delle Danaidi. Le fanciulle si ritrovano con il padre il giorno delle nozze e
giurano che quella stessa notte, la notte delle nozze, avrebbero ucciso tutte i
loro mariti nel letto (è il padre stesso che le spinge al giuramento).
DANAIDI
La tragedia si apre con l’alba
successiva alle nozze, tutte hanno tenuto fede al giuramento tranne una:
Ipernestra, l’unica ad amare davvero il marito Liuceo tanto da rifiutarsi di
adempire al patto, permettendo così che la loro stirpe andasse avanti. La ragazza
è messa però sotto giudizio perché ritenuta colpevole dal padre e dalle sorelle
di aver infranto un giuramento. Durante il processo c’è un intervento divino
che decide le sorti della fanciulla: Ipernestra viene difesa ed assolta. Eschilo
in questa tragedia introduce un elemento storico-sociologico: il passaggio dalla
società tribale, fondata sulla discendenza, sul sangue, sull’unità del génos, alla
società civile, fondata sul matrimonio, sul patto coniugale
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