ROSSO MALPELO – Giovanni
Verga
- Ricostruisci, riferendo passi precisi del
racconto, la visione del mondo di Rosso.
Questo
è ciò che Rosso Malpelo pensa alla morte del suo unico compagno, Ranocchio:
Allora
il Rosso si diede ad almanaccare che la madre di Ranocchio strillasse a quel
modo perché il suo figliuolo era sempre stato debole e malaticcio, e l’aveva
tenuto come quei marmocchi che non si slattano mai. Egli invece era stato sano
e robusto, ed era malpelo, e sua madre non aveva mai pianto per lui perché non
aveva mai avuto timore di perderlo.
Dà
i brividi pensare che queste parole siano pronunciate da un bambino, nell’età
in cui il mondo dovrebbe apparire affascinante e straordinario, semplicemente
bello. Rosso non è più un bambino curioso, è già un adulto che ha un preciso
pensiero sul mondo, e che in un’amarissima rassegnazione non può far altro che
costruire una salda filosofia etica dove non c’è posto per la fiducia né
l’amore né fragilità umana. Questo forse perché nessuno lo ha mai amato, e
nessuno gli ha fatto conoscere che la vera vita non è solo fatica, lavoro duro,
morte, lotta per la sopravvivenza. Nella sua breve vita non ha visto
nient’altro. Quello di Malpelo è un mondo dove vige la legge del più forte:
L’asino
va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci
pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi.
E
ancora:
Se
ti accade di dare delle busse, procura di darle più forte che puoi; così coloro
su cui cadranno ti terranno per più di loro, e ne avrai tanti di meno addosso.
Così
ciascuno tenta di sopravvivere eliminando la propria debolezza e non facendosi
sottomettere dagli altri, che in questo sistema sono visti come possibili
minacce da cui guardarsi e premunirsi. Un mondo dove ciascuno vive da sé (anche
se poi lo stesso protagonista cederà alla necessità umana di avere rapporti,
stringendo un rapporto con Ranocchio, che però rimane di subordinazione).
Non
solo gli altri uomini possono essere ostili, ma anche la natura:
La
rena è traditora […]; somiglia a
tutti gli altri, che se sei più debole ti pestano la faccia, e se sei più
forte, o siete in molti, come fa lo Sciancato, allora si lascia vincere. Mio
padre la batteva sempre, ed egli non batteva altro che la rena, perciò lo
chiamavano Bestia, e la rena se lo mangiò a tradimento, perché era più forte di
lui.
Il
lavoro quindi non è qui compimento della natura umana, ma un immenso sforzo di
sopravvivenza, una lotta contro una natura matrigna (come direbbe Leopardi) per
la supremazia: pena, la morte.
Nel
mondo di Malpelo non c’è posto quindi per la compassione, per la pietà, per la
carità, per il desiderio di bellezza, per l’affezione a qualcosa; il rapporto
con gli uomini, come del resto con gli oggetti, è di mera utilità personale:
quando questa viene a mancare, viene a mancare anche il valore della cosa o
della persone. Tutto ha un valore finché è utile, non c’è spazio per l’affetto.
Dice infatti il Rosso riferendosi all’asino morto di stenti e di vecchiaia:
Gli
arnesi che non servono più si buttano lontano.
E davanti
al compagno Ranocchio che sta per morire:
È
meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire in tal modo, è meglio che tu
crepi!
La
morte non è più temibile né negativa se è considerata come fine del dolore,
abisso incosciente.
Ranocchio
aveva paura delle civette e dei pipistrelli; ma il Rosso lo sgridava perché chi
è costretto a star solo non deve aver paura di nulla, e nemmeno l’asino grigio
deve aver paura dei cani che lo spolpavano, ora che le sue carni non sentivano
più il dolore di essere mangiate.
La
cosa peggiore che possa accadere è quella di essere come l’asino, un debole,
pestato da tutti, spendere la vita nel dolore. Per questo arriva a dire,
guardando dall’alto del dirupo la carcassa dell’animale morto:
Adesso
non soffriva più […] E se non
fosse mai nato sarebbe stato meglio.
L’uomo
è spinto nelle sue azioni solo dall’istinto di sopravvivenza, e quando si trova
nelle situazioni più estreme non dà spazio nemmeno alla paura per poter
preservare la sua vita, come testimonia l’esempio della cagna affamata che non
dà peso alle sassate dei ragazzini:
Vedi
quella cagna nera, gli diceva, che non ha paura delle tue sassate; non ha paura
perché ha più fame degli altri. Gliele vedi quelle costole.
Nel
mondo di Malpelo prevale quindi un’amara rassegnazione nell’accettare la
crudeltà imposta della vita, senza farsi troppe domande, senza lamentarsi. Il
suo ragionamento è perfettamente logico, ma non intelligente, perché esclude
diverse parti della realtà e diverse dimensioni umane.
Malpelo
gli diceva che a questo mondo bisogna avvezzarsi a vedere in faccia ogni cosa
bella o brutta.
Infine
c’è la morte, che domina nel mondo, che spazza via tutto ciò che resta delle
cose e delle persone, di cui non rimangono che le ossa. Tutto si svolge in
un’ottica di necessità crudele perché insensata. Non dura neanche il ricordo o l’amore,
il grande assente di tutta questa visione del mondo;anche gli occhi della madre
di Ranocchio prima o poi si asciugheranno.
Ora
del grigio non rimanevano più che le ossa sgangherate, ed anche del Ranocchio
sarebbe stato così, e a sua madre gli si sarebbero asciugati gli occhi.
- Sono importanti, nella novella, i riferimenti
alle figure animali dell’asino e del cane. Dopo aver analizzato i passi in
cui compaiono, ricostruisci il significato simbolico dei due animali.
L’asino
è il simbolo del debole, di colui che spende una vita da sottomesso, da tristo.
I
cani invece sono quegli animali che agiscono secondo l’utilità, la cui azione è
determinata dal loro istinto di sopravvivenza; è proprio seguendo questo che
rappresentano i forti, che sbranano (anche letteralmente) coloro che sono più
fragili e si lasciano sottomettere.
- La novella è scandita da tre morti che assumono
un significato profondo. Analizza i tre momenti narrativi, e rifletti poi
sul senso che la morte assume all’interno della visione del mondo di
Rosso.
La
morte è la fine del dolore. Non è considerata negativa, anche se ad un certo
punto il Rosso trema al pensiero di morire disperso nella cava, un puro momento
di umana fragilità. Malpelo vede la morte del padre esattamente come quella del
povero asinello: sono entrambi dei deboli che si sono lasciati sottomettere,
uno dalla rena, l’altro dalle bastonate. Così è anche la morte di Ranocchio,
che era debole anche lui, un marmocchio non ancora slattato. Rosso si
sentirà orgoglioso di essere più forte di Ranocchio, denunciando così
un’estrema insensibilità. Ma non solo i più deboli muoiono: si assiste alla
morte dello stesso protagonista alla fine del testo; è interessante però notare
una differenza: la morte di Malpelo assume un carattere mitico. Quindi non
tutto di lui è morto sotto la rena.
- Fai attenzione ai colori che ricorrono nella
novella: il rosso, il nero e, anche se solo di sfuggita, l’azzurro e il
verde. Interpretane il valore simbolico.
Il
colore rosso è associato ai capelli del protagonista, proprio per questo
chiamato Malpelo. Secondo il pregiudizio popolare, si vedeva nei capelli di
color rosso la prova di un carattere malvagio, logica distorta che ha aiutato
il ragazzino a sviluppare proprio ciò di cui si era convinti. Rosso è anche il
colore della rena, per zappare la quale sembra essere nato apposta Malpelo; lo
stesso colore del pilastro che schiaccerà suo padre sotto le macerie. Il nero è
il colore dei bui cunicoli della cava: rappresenta la dura realtà che il ragazzo
deve affrontare ogni giorno. È il colore dell’inferno, cioè del mondo
sotterraneo della cava, di cui viene marcata la differenza con il mondo arioso
e luminoso della superficie: nero è il labirinto intricato e buio dove l’uomo
si perde e finisce per morire, là dentro la montagna. Ma nero è anche il colore
della notte, benevolo perché cancella tutto il mondo con il suo dolore almeno
per qualche ora: è per questo che al Rosso non piacciono le notti con la luna
luminosa.L’azzurro del cielo rappresenta il desiderio, che fa la sua breve
comparsa anche nella vita di Malpelo, che pur sempre è un umano: lui desidera
fare il lavoro del manovale, come Ranocchio, stare sui ponti all’aria aperta,
col sole sulla schiena, oppure fare il carrettiere, e camminare per le belle
campagne tutto il giorno, tra il verde del prato. Ma è cosciente che la realtà
è un’altra e non può essere altrimenti: quello era stato il lavoro del padre e
quello è il suo lavoro.
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