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giovedì 19 febbraio 2015

HEGEL - critica alle filosofie precedenti

LA CRITICA ALLE FILOSOFIE PRECEDENTI
» vede, in un percorso storico, a quali filosofie la sua dottrina si contrappone

Hegel e gli Illuministi
» rifiuta la maniera illuministica di rapportarsi al mondo
» gli illuministi fanno dell’intelletto il giudice della storia » perciò pensano che il reale non è razionale
» la ragione degli illuministi esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui: è una ragione parziale
   che coincide con “l’intelletto astratto” che pretende di determinare la realtà e la storia, pretendendo di
   stabilire come esse devono essere, mentre la realtà è sempre necessariamente ciò che deve essere

Hegel e Kant
» aveva voluto costruire una filosofia del finito
» nega l’antitesi kantiana tra essere e dover essere, il dualismo tra realtà e ragione » se in Kant l’essere non si
   adegua mai al dover essere, in Hegel questa adeguazione è necessaria
» campo gnoseologico » le idee della ragione sono puramente ideali
» campo morale » la volontà non coincide con la ragione
                           » la santità definisce un processo di adeguamento della volontà alla ragione
» critica anche la pretesa di poter conoscere a priori

Hegel e i romantici
» contesta il primato del sentimento, dell’arte, della fede
» contesta la tendenza individualistica di alcuni romantici: l’intellettuale non deve narcisisticamente
   ripiegarsi sul proprio io, ma deve considerare il “corso del mondo”, deve integrarsi nelle istituzioni
   socio-politiche del suo tempo
» comunque Hegel risulta profondamente partecipe di questo clima culturale, pur non rientrando nella
   “scuola romantica” » condivide soprattutto il tema dell’infinito, a cui però si accede speculativamente

Hegel e Fichte
» lo accusa di proporre una visione non autenticamente soggettivistica, incapace di assimilare l’oggetto al
   Soggetto » come Schelling gli contesta la riduzione della natura ad un semplice “non-io”
» Fichte ha violato il dogma idealistico per cui “tutto è spirito, tutto è soggetto” considerando la natura come
   semplice ostacolo esterno all’Io » la natura invece non è estranea all’Io! » rischio del dualismo kantiano
» lo accusa di aver ridotto l’infinito a una semplice meta ideale dell’io finito, che risulta irraggiungibile
» questo progresso all’infinito è considerato da Hegel un “falso” o “cattivo infinito” che esprime solo
   l’esigenza astratta dell’io finito di superare se stesso e mai raggiungibile
» per Hegel invece c’è identificazione tra finito e infinito » Fichte è un falso idealista

Hegel e Schelling
» critica la sua concezione dell’Assoluto in modo a-dialettico, cioè come un’identità indifferenziata e statica
   tra natura e spirito » da cui deriva molteplicità e differenzazione in modo inesplicabile
                                 » in cui è impossibile riconoscere tutte le determinazioni concrete della realtà
                                 » nel sistema di Schelling non è possibile distinguere ogni determinazione dall’Assoluto

» paragone che fa Hegel = “notte nella quale tutte le vacche sono nere”

HEGEL - vita, introduzioni, pilastri del sistema

HEGEL (1770-1831)
OPERE PRINCIPALI
Teologia » Religione popolare e cristianesimo
1801 » Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling
         » è favorevole all’idealismo di Schelling
1807 » Fenomenologia dello spirito
         » dichiara il suo distacco dalla dottrina di Schelling ed espone il suo pensiero autonomo
1812 » Scienza della logica
1817 » Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio

IL GIOVANE HEGEL

Nelle opere giovanili l’argomento dominante è teologico, con un forte legame con la politica
» studia il tema della rigenerazione morale e religiosa dell’uomo come fondamento della rigenerazione
   politica » tema profondamente connesso con la Rivoluzione francese in cui partecipa
» ogni rivoluzione politica è tale solo se parte da una rivoluzione del cuore = rigenerazione della persona
   nella sua vita interiore e del popolo nella sua cultura
» la nuova coscienza interiore del popolo deve tradirsi in un progetto di rinnovazione sociale
» legge negli avvenimenti storici del periodo un’ansia dell’uomo di cambiamento e libertà
» ecco perché non è possibile, nei suoi scritti, dividere il tema religioso da quello politico
» Marx lo riprenderà » la rivoluzione è possibile solo quando il popolo è cosciente della propria posizione

NB: contesto in cui viveva Hegel
» religione e politica avevano in Germania una connessione particolarmente profonda per la Riforma
» le Chiese riformate e i principati tedeschi costituivano un insieme politico-religioso omogeneo

Mondo interiore e mondo esteriore:
» l’aspirazione dei popoli a una vita migliore e alla libertà deve tradursi in realtà attraverso la realizzazione
   di progetti che spazzino via il vecchio impianto sociale (= supremazia del potere nobiliare)
» l’ansia di libertà del popolo deve produrre un nuovo ordine giuridico, istituzioni fondate sull’uguaglianza
» la rivoluzione delle istituzioni è possibile solo come conseguenza esteriore di una rivoluzione interiore
   maturata all’interno della coscienza del popolo

Una nuova religione fondata sulla “comunanza dei cuori”
» occorre una nuova religione che aiuti il popolo a partecipare alla propria vita interiore e il rapporto con Dio
» Dio si incarna nella storia non attraverso precetti morali, ma attraverso la vita degli uomini
» potrà nascere un nuovo ordine politico quando ogni uomo avrà imparato a riconoscere nella vita interiore
   dell’altro uomo il riflesso dell’unica vita di Dio

CRISTIANESIMO, EBRAISMO, MONDO GRECO

Una prospettiva post-kantiana: oltre la morale di Kant
» nel La vita di Gesù Hegel condivide l’idea di Kant per cui la religione è adesione interiore ai principi
   razionali della morale, invece nel La positività della religione cristiana si intravvede già un passo avanti

Contro la “positività” della religione cristiana
» Kant si dimostra per lui molto vicino alle Chiese cristiane storicamente affermatesi dopo la morte di Gesù
» lui le polemizza: esse hanno smarrito il profondo senso del messaggio cristiano
» Cristo infatti aveva predicato il superamento della vecchia legge “esteriore” fatta di precetti e di comandi e
   di regole a cui si deve sottostare (come per la morale kantiana) in favore di una nuova legge dell’amore,
   della fratellanza, della comunanza dei cuori
» tradendo il messaggio di Gesù, le Chiese hanno costruito una religione “positiva”, fatta di criteri di verità
   oggettivamente fissati (i dogmi), fatta di un elenco rigido di regole morali
» sommerso da questi doveri, il vero sentimento religioso è scomparso
» nel suo sviluppo storico ha portato ad una scissione tra legge interiore ed esteriore

Contro la visione ebraica della natura (Lo spirito del cristianesimo e il suo destino)
» riflessione filosofica sulla bibbia + ripercorre le vicende storiche
» il racconto del diluvio universale è simbolo di una profonda “scissione” tra il popolo ebraico e la natura
» sentendosi minacciati dalla natura, gli ebrei hanno reagito con la fede nella potenza del loro dio
» si sono così innaturalmente allontanati da tutto ciò che è parte integrante della vita umana
» hanno letto il fatto del diluvio come un tradimento della natura nei confronti dei figli di Dio » da qui la
   concezione di Dio come Salvatore e trascendente rispetto alla realtà naturale, a cui è contrapposto

L’infelice destino degli ebrei:
» quindi gli ebrei vivono in continua ostilità con la natura e anche con gli altri uomini
» il loro è un Dio “geloso” che pretende dal “suo ” popolo una dedizione e venerazione totale
» così viene impedito ogni rapporto di amicizia con gli altri popoli (solo loro sono il “popolo eletto”)
» sono quindi vittime di un destino che essi stessi hanno provocato

Il messaggio di Gesù
» il messaggio di Gesù mette in discussione la scissione degli ebrei dalla natura, dagli altri popoli “nemici” e
   da un Dio trascendente che sembra troppo lontano per essere raggiunto
» messaggio = legge dell’amore, invita a superare ogni scissione per un’unità che lega tutti gli esseri viventi
» lo stesso Gesù ha riconciliato tutti gli esseri viventi incarnandosi

Il mondo greco
» la mentalità greca è diametralmente opposta a quella ebraica, e per questo è più vicina a quella di Gesù
» vivono profondamente il loro rapporto con la natura in armonia e in “spirito di bellezza”
» la loro morale rispetta i naturali desideri umani
» la grecità incarna il momento dell’armonia tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e dio, degli uomini tra loro
» armonia tra gli uomini » perché la religione greca, in quanto fatto pubblico, in quanto religione della città,
   non separava l’individuo dal cittadino ed era fattore di coesione sociale
» la modernità ha smarrito questa armonia
» nella sua “eticità” Hegel ripropone la perfezione originaria della polis greca, ad un livello più alto,
   raggiunto attraverso la “caduta” rappresentata dalla modernità

La speranza in un nuovo “spirito di bellezza”
» sia i Greci sia Gesù sono stati “sconfitti”
» ma Gesù, morto per mano del suo stesso popolo, ha perdonati i suoi nemici testimoniando così la
   possibilità di un amore incondizionato
» anche le se Chiese cristiane hanno tradito il suo messaggio, si può sperare in un recupero dello “spirito di
   bellezza” attraverso il messaggio di Gesù

Critica a Kant
» polemica contro la ragione illuministica di Kant che si fonda su una lacerazione dualistica tra uomo e Dio
» Kant ha il merito di aver liberato la religione dai suoi elementi “esteriori” riconducendola ad una morale
   razionale, ma questa morale è alla fine simile a quella ebrea
» quella kantiana è quindi una religione “dell’infelicità” in cui gli uomini adorano e temono un dio straniero,
   a cui ispirano invano con inquietudine e angoscia (ebrei), e in cui l’uomo è lacerato dal dualismo tra
   ragione che impone il dovere e l’inclinazione sensibile che spinge al piacere

C’è bisogno di una nuova religione che superi la scissione in una conciliazione (perché il cristianesimo ha tradito il messaggio di Gesù, e ora non coincide più con la sua origine)
» come? » attraverso il recupero della figura di Gesù, profeta dell’amore come forza unificatrice tra uomo e
   Dio, tra uomo e uomo, tra uomo e natura (cioè tra dovere razionale e natura sensibile)
» l’amore va oltre la fredda legge razionale » induce a compiere volentieri tutti i doveri

La sua ricerca muterà poi direzione: dalla religione alla filosofia
» capirà che la rivoluzione dello spirito dell’uomo e dei popoli nasca da un’evoluzione storica

PILASTRI DEL SISTEMA HEGELIANO

1.      identità tra finito e infinito
» la realtà è un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione dell’infinito
» questo organismo, non avendo altro al di fuori di sé, coincide con l’Assoluto, con lo “spirito”
» i vari enti che compongono l’organismo unitario coincidono con il finito, ma il finito come tale non
   esiste, perché è un’espressione parziale dell’infinito » quindi il finito è l’infinito
» monismo panteistico = teoria che vede nel mondo (nel finito) la manifestazione di Dio (l’infinito)
                                      » Dio non è trascendente ma immanente
» differenza con Spinoza » l’Assoluto di Spinoza è una sostanza statica che coincide con la natura
                                         » per Hegel l’Assoluto è un soggetto spirituale in divenire di cui tutto ciò che
                                            esiste è tappa di un processo di realizzazione tramite un processo dialettico
» differenza fra sostanza (qualcosa di immutabile e già dato) e soggetto (processo di autoproduzione)
2.      identificazione tra ragione e realtà
» “ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale” » questa non è una possibilità ma necessità
    = la razionalità non è pura astrazione ma è la forma di tutto ciò che esiste
    = la realtà non è materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale
» per questo Hegel chiama il soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà “idea” o “ragione”
» quindi tutto ciò che penso è reale come manifestazione della ragione
3.      identificazione tra essere e dover essere
» è stretta conseguenza della precedente identificazione
» ciò che è (la realtà) risulta anche ciò che razionalmente deve essere
» deride l’astratto e moralistico “dover essere” che non è, dell’ideale che non è reale
» dato che il mondo è ragione reale e realtà razionale, è una manifestazione di momenti necessari che
   non possono essere diversi da come sono » tutto ciò che è deve e non può essere altrimenti che così
                                                                     » la realtà è una totalità processuale necessaria

La funzione della filosofia:
» se la realtà è razionale e il pensiero è forma del reale, la filosofia non ha più il compito di determinare la
   realtà, ma di prendere coscienza di ciò che è reale comprendendone le strutture razionali che la costituiscono
» “Comprendere ciò che è è il compito della filosofia, poiché ciò che è è la ragione”
» la filosofia spiega il perché, non il come la realtà è in un certo modo » è una giustificazione della realtà
» l’indagine filosofica deve rinunciare ad aggiungere qualcosa all’esperienza, alla realtà o a determinarla,
   perché arriva nel momento in cui la realtà è già bell’e fatta, non può quindi dire come deve essere

La filosofia come “giustificazione” razionale della realtà apre un dibattito interpretativo:
» Marx lo vede come rivoluzionario, non come giustificazioni sta, perché affronta il compito della filosofia
   nella realtà politica, nello Stato » interpretazione tendenziosa
» Marx = ciò che non segue il piano razionale è destinato a cadere » si rifà alle istanze socialiste

LE PARTIZIONI DELLA FILOSOFIA: IDEA, NATURA, SPIRITO

La realtà è un continuo farsi dinamico dell’Assoluto secondo una legge dialettica divisa in tre momenti secondo un’articolazione triadica e circolare:
1.      l’idea in sé e per sé (o “idea pura”) = tesi
» è l’idea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua realizzazione nel mondo
» è assimilabile a Dio prima della creazione della natura e di uno spirito infinito
» è l’impalcatura logico-razionale della realtà
2.      l’idea fuori di sé = antitesi
» è la natura, è l’alienazione dell’idea nelle coordinate spazio-temporali del mondo
3.      l’idea che ritorna in sé = sintesi
» è lo spirito = idea che, essendosi fatta natura torna “presso sé” nell’uomo, acquisendo consapevolezza
NB: la triade non va intesa in senso cronologico (come se prima ci fosse l’idea in sé, poi la natura e infine lo spirito) ma logico » ciò che esiste è lo spirito, che ha come condizione la natura e come presupposto l’idea


A questi momenti strutturali dell’Assoluto, fa corrispondere le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico
1.      la logica = scienza dell’idea in sé e per sé
2.      la filosofia della natura = scienza dell’idea nel suo alienarsi da sé
3.      la filosofia dello spirito = scienza dell’idea che dal suo alienamento ritorna in sé

LA DIALETTICA

L’Assoluto è “divenire” » la legge che governa il divenire è la dialettica, che comprende
» la legge ontologica » legge di sviluppo della realtà
» la legge logica » legge di comprensione della realtà

Hegel distingue tre momenti del pensiero (che ricalcano i tre momenti dell’io di Fichte):
1.      momento astratto o intellettuale = tesi
» consiste nel concepire l’esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche, rigide,
   considerandole separate tra di loro, nelle loro differenze secondo il principio » di identità
                                                                                                                              » di non contraddizione
2.      momento dialettico o negativo-razionale = antitesi
» consiste nel mettere in rapporto le varie determinazioni con le determinazioni opposte
» questo perché ogni affermazione sottintende una negazione: per specificare e concepire ciò che una
   cosa è devo implicitamente chiarire cosa essa non è » momento dialettico
» es: il concetto di “uno” chiama subito il concetto di “molti” con cui manifesta un legame
3.      momenti speculativo o positivo-razionale = sintesi
» consiste nel cogliere l’unità delle determinazioni opposte
» consiste nel rendersi conto che ogni determinazione è un aspetto parziale di una realtà più alta che le ri-
   comprende, che le sintetizza
» es: la realtà non è l’unità o molteplicità in astratto, ma un’unità che vive solo attraverso la molteplicità
NB: questi tre passaggi devono essere presi in unità, non in una successione temporale ma logica

Da questa distinzione, si può capire la differenza che Hegel vede tra ragione e intelletto
» l’intelletto = modo di pensare “statico”, che “immobilizza” gli enti considerandoli nella loro esclusione
» la ragione = modo di pensare “dinamico” che coglie la concretezza del reale dietro la fissità delle
                       determinazioni intellettuali
                    » è dialettica = nega le determinazioni astratte dell’intelletto relazionandole con le opposte
                    » è speculativa = coglie l’unità degli opposti realizzandone una sintesi

Riassumendo, la dialettica consiste nella totalità di:
1.      affermazione = tesi = porre un concetto astratto (che presuppone già l’antitesi)
2.      negazione = antitesi = opporre al concetto astratto, un altro concetto opposto
                                        » è il momento più propriamente dialettico
3.      unificazione = sintesi = unificazione dei due concetti precedenti una sintesi che li comprenda entrambi
                           » è una riaffermazione potenziata della tesi ottenuta attraverso la negazione dell’antitesi
                           » è un “superamento”: è al tempo stesso un “togliere” e un “conservare”
                           » NB: la sintesi riafferma sempre qualcosa di non completamente uguale alla tesi

La dialettica illustra l’identificazione tra finito e infinito:
» mostra come ogni finito non può esistere in se stesso, ma solo in un contesto di rapporti
» perché » per porre se stessa ogni cosa si deve opporre a qualcos’altro, e così entra nella trama di relazioni
   della realtà, cioè inizia a far parte del tutto, cioè dell’infinito, di cui è parte e manifestazione
» la dialettica esprime il processo attraverso cui le varie determinazioni della realtà, da rigide, diventano
   momenti di un’idea unica e infinita » il finito si risolve necessariamente nell’infinito

La dialettica ha un significato globalmente ottimistico
» ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, ridurre ogni cosa all’ordine del tutto
» la parte dell’antitesi costituisce un reale momento negativo, che però sussiste solo come un momento del
   farsi del positivo » è visto in una prospettiva più ampia, ultimamente positiva, in un’ottica provvidenziale
» il momento negativo è una parte necessaria di un processo che conduce alla totale positività della sintesi
Il carattere chiuso della dialettica hegeliana
» ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di un’altra antitesi, a cui succede un’altra sintesi e così via
» ma » rifiuta il recesso all’infinito (il “cattivo infinito”) che sposterebbe in modo indefinito il punto di arrivo
         » così toglierebbe allo spirito il pieno possesso di se stesso, gli impedirebbe di prendere coscienza
» quindi » afferma una dialettica a sintesi finale chiusa, che ha un preciso punto di arrivo
              » punto di arrivo = lo spirito prende possesso di sé, prende coscienza

I critici di Hegel opteranno per una dialettica a carattere aperto

» affermano che il carattere chiuso soffoca lo spirito infinito

lunedì 16 febbraio 2015

GUSTAVE COURBET - Vita e introduzione

GUSTAVE COUBERT (1819-1877)

Nasce in una provincia francese, Orleans, da genitori contadini (per la prima volta si incontra un pittore di origini non nobili), partecipa ai moti rivoluzionari francesi del 1848. Non ebbe una formazione artistica regolare, è un pittore autodidatta (lui stesso scrive “ho studiato sul libro della natura”); preferì frequentare studi di pittori e anche il Louvre, da cui trasse copie di opere fiamminghe e veneziane dei Seicento e Settecento. Così nella sua pittura si fondono finti sia alte che basse, come le stampe popolari.

“Essere capace di rappresentare i costumi, le idee, l’aspetto della mia epoca, secondo il mio modo di vedere; essere non solo un pittore ma un uomo; in una parola, fare dell’arte viva, questo è il mio scopo.”: così Gustave Courbet spiega le sue scelte artistiche, che al suo tempo sembravano così scandalose. Si propone quindi un’arte che sia attuale, un’esplicita adesione alla vita, senza alcuna idealizzazione; cercava infatti i propri soggetti tra il popolo: spaccapietre affaticati dal lavoro, donne, giovani donne in pose disinibite, scene di vita quotidiana, paesaggi (anche derivati dal suo inserimento alla scuola di Barbizon).

IL REALISMO - storia dell'arte

REALISMO

Nell’Ottocento non ci si accontenta di un rapporto con la natura in chiave di rispondenza sentimentale, filtrata dal sentimento come per i romanticismi, ma si cerca un ritorno alla natura per così com’è, al vero, al reale, da cui lo stesso nome della corrente culturale. Il romanticismo già aveva aperto ad un rapporto privilegiato con la natura, ma in essa riconosce il riflesso del proprio stato d’animo, cedendo ad un’idea mentale e simbolica del paesaggio. Invece il realismo guarda la natura con occhio fisico e scientifico, assumendo così valenza autonoma senza ridurla a sfondo di una vicenda storica, letteraria o religiosa. Da qui si comprende l’affermarmi della tendenza a dipingere ponendosi direttamente davanti o dentro il paesaggio da raffigurare.
L’esigenza di rappresentare il proprio tempo, l’idea di arte come fotografia della realtà non mediata dall’artista, la raffigurazione della vita quotidiana anche in tutta la sua bassezza fin’ora censurata sono tutte caratteristiche comuni del realismo, sebbene poi si concretizzi in contesti radicalmente diversi e con motivazioni disparate in tutta Europa. Si escludono rappresentazioni idealizzate per la volontà di comprendere la realtà della cose nella quotidianità della vita. Per questo i soggetti del realismo sono ritratti, paesaggi, interni domestici, città.
In Italia le scuole pittoriche regionali offrono un panorama variegato della quotidianità in momento colti nella loro immediatezza, anche intima: attimi catturati nella quotidianità, senza alcun scopo, e non momenti della grande storia com’è stato fin’ora. Si sviluppa in Toscana la corrente dei Macchiaioli, da cui emergono personalità come Francesco Faruffini, il quale esprime la sua poetica verista ne La lettrice (1864).
Tra il 1860 e 1870 nasce la Scapigliatura lombarda che punta invece sugli effetti atmosferici, nebulosi, sensuali tesi già al simbolismo. Costituisce così un’alternativa alla pittura del vero e un’evoluzione del realismo per luce e colore.
Per quanto riguarda al realismo francese, la scuola riconosciuta per eccellenza in Europa come protagonista del realismo è quella paesaggistica di Barbizon, località della Francia, i cui maggiori esponenti sono
1.       Gustave Corbet (1819-1877)
2.       Honoré Daumier (1808-1879)
3.       Jean-François Millet (1814-1875)

La pittura paesaggistica si afferma non più come un genere minore, ma come genere autonomo e di mercato. Questi artisti avviano uno studio di natura dal vero, dipingendo all’aria aperta. Nasce una nuova pittura, attenta agli effetti di luce, carica di colori, stesi rapidamente ma non senza cura, con pennellate dense di colore.

domenica 15 febbraio 2015

FRANCESCO HAYEZ - Il bacio (versioni del 1859 e del 1861)

Il bacio (ne abbiamo quattro versioni)
-    È una tematica particolarmente sentita nel Romanticismo italiano: è il bacio dell’addio del volontario, che abbandona la propria amata per un amore più ampio, quello della patria, l’amore civile.
-    Versione del 9 settembre 1859: conclusasi la seconda guerra d’Indipendenza, a Milano viene organizzata un’esposizione in onore dell’ingresso in città di Vittorio Emanuele II e di Napoleone III, alleato indispensabile per l’Italia per il successo dei moti risorgimentali. Nella parata è stato esposto questo quadro di Hayez, dipinto proprio per l’occasione. L’immagine è semplice, lineare, immediatamente comprensibile. Si intuisce subito che è un bacio d’addio, un bacio rubato: la mano sinistra di lei è stretta attorno alla sua spalla come per fermarlo, lui già procede con un piede sul gradino. Si intravvede fugacemente un’ombra nell’angolo in basso a sinistra: forse stanno venendo a chiamare il volontario affinché adempisca il suo compito. Lo sfondo del castello è tipico delle quinte teatrali e i due amanti sono posto come sotto dei riflettori, in pieno proscenio. L’uso dei colori è simbolico: l’azzurro chiaro della veste, il bianco dei ricami, la calzamaglia rossa riproducono la bandiera francese; si può dedurre facilmente un fine celebrativo, per rendersi amica e alleata quella Francia indispensabile per l’indipendenza italiana.



-    Seconda versione del 1859: questa tela invece è stata prodotta per la collezione personale di una nobildonna milanese. Si nota subito una modifica cromatica: rimane la calzamaglia rozza del giovane volontario, ma si intravvede un nuovo colore trapelare dal risvolto del suo mantello: il verde. La luce più tersa e forte rende quasi bianca e argentea la veste azzurrina della ragazza, un bianco richiamato dal lenzuolo cadutole sulla scalinata. Rosso, verde, bianco: i colori della bandiera italiana. Un’altra novità è costituita dalla presenza in lontananza di un battistero, simbolo di un’Italia che sta per nascere.



-    Versione del 1861: ormai l’unità è fatta. La veste della donna è completamente bianca: nuovo richiamo alla bandiera, ma anche alla purezza della nazione neonata (ancora oggi infatti ai bambini battezzati viene data una veste bianca, simbolo della purezza dal peccato). 


FRANCESCO HAYEZ - Vespri siciliani

Vespri siciliani



-    Il colore e l’impostazione tradizionale: la resa dell’immagine risulta nitida e pulita, rimanendo fedele alle origini veneziane. Infatti Hayez non usa il colore per rompere i contorni come il pittore inglese William Turner, né utilizza il colore liquido e dalle tonalità scure, tipico degli altri artisti romantici. I suoi colori sono vivi, si richiamano tra di loro seguendo così una tradizione che risale fino a Raffaello. Hayez inoltre fa un uso simbolico dei colori: non a caso usa spesso il rosso, il bianco e il verde della bandiera di quell’Italia che si voleva costituire.
-    Soggetto storico: è il cuore dell’opera. Viene ripreso ancora una volta un episodio dalla storia italiana dei tempi passati: i vespri siciliani, avvenuti nel 1282, in cui, dopo la funzione dei vesperi, una nobildonna italiana viene offesa da un soldato francese, che tenta di sedurla malamente. Scoppia allora la rivolta, inizialmente per la difesa e vendetta dell’onore ferito della donna, ma ben presto diventa un’occasione e un pretesto per ribellarsi contro il dominio straniero dei francesi a favore della signoria degli Aragonesi. Si ricorda che nella cultura risorgimentale italiana spesso viene utilizzata la figura dell’eroina, giovane donna minacciata nella sua purezza dal nemico straniero che va difesa da tutto il popolo (che qui assume dimensione corale, con qualche personaggio in proscenio).
-    Proposta dell’artista: Hayez, in pieno contesto risorgimentale, invita l’osservatore a ribellarsi con tutte le proprie forze contro il nemico della patria per creare finalmente l’Italia unita. Propone come valore assoluto il dare la vita per un ideale risorgimentale, per la creazione di una nazione italiana.
-    Il sentimento: Hayez infonde ai suoi dipinti una carica sentimentale che accentua l’espressione delle ispirazioni risorgimentali. Ripropone spesso i protagonisti storici ben conosciuti, che diventano espressione dei valori civili del presente, riferiti al contesto risorgimentale.

-    Teatralità: l’influenza teatrale (si ricorda che Hayez lavorò per la Scala di Milano) è evidente nelle pose statiche ed espressive delle figure, nella calcata gestualità e negli sguardi eloquenti. Nonostante ciò l’immagine appare nel suo insieme movimentata grazie ad alcune tecniche di impostazione stilistica, come le diagonali formate dalle gambe delle due figure in primo piano e l’asimmetria, elementi che rompono la staticità per un dinamismo compositivo, seppur molto contenuto.

FRANCESCO HAYEZ - Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri

Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri (1820)




-    È l’opera che spedisce a Milano per presentarsi, venendo così introdotto nell’ambiente borghese con cui condivide gli ideali. L’opera riscuoterà infatti molto successo per gli ideali risorgimentali proposti in essa:
-    Soggetto storico: si rifà ad un episodio della storia antica (‘400). Il protagonista è un nobile cavaliere dei tempi passati che risponde alla chiamata del suo signore per difendere le terre minacciate dallo straniero: rinuncia e abbandona così casa ed affetti per partire a dare la vita per la sua patria (infatti sarà fatto prigioniero dei nemici). Scegliendo un episodio minore della storia italiana, e quindi poco noto, l’alternativa da lui scelta è quella di adottare un titolo molto lungo (di cui ora si ripropone solo una parte) che spieghi e renda evidente il contenuto della scena. In ogni caso la colta borghesia milanese conosceva l’episodio: ciò mostra che loro erano i veri destinatari dell’opera.

-    Teatralità e gestualità: si capisce dalle eclatanti pose delle figure femminili che mostrano dolore per la partenza forse senza ritorno del loro caro perché il Romanticismo artistico italiana è stato definito “teatrale”. Le figure sono come fisse in pose eloquenti (il poggiarsi sulla spada del cavaliere, le mani congiunte in preghiera della giovane fanciulla di spalle, le mani della madre che lo invitano a restare). Oltre alla gestualità ricalcata, anche gli sguardi e la stessa disposizione dell’opera è teatrale. Infatti lo sfondo è scenico, come una quinta teatrale, e le figure sono disposte ad emiciclo intorno al protagonista, come fosse un proscenio. Grazie a questa particolare tensione ad esplicitare con il corpo sentimenti e pensieri, il soggetto dell’opera diventa chiaro ed esplicito anche per chi non conosce l’episodio storico, e l’osservatore si ritrova immediatamente ad immedesimarsi nei personaggi.

FRANCESCO HAYEZ - Vita e introduzione

FRANCESCO HAYEZ


A causa della profonda impronta classicista, in Italia le istanze romantiche furono duramente criticate e in parte accolte. Quello italiano è un Romanticismo storico, letterario e teatrale. Esponente principale fu il veneziano Francesco Hayez (1791-1882), di formazione tradizionale (studia alle Belle arti di Venezia). Per la sua provenienza è particolarmente sentibile all’uso del colore e della luce che rende nitida l’immagine (ha infatti come predecessore Canaletto, la cui luce definisce l’immagine). Conosce il classico attraverso la sensibilità di Canova: sarà infatti lo stesso scultore che, in quanto giudice di un concorso artistico a Roma, assegnerà il primo premio ad Hayez, il quale poi accolse il suo invito e si trasferì a Roma a studiare. Fu stretto il legame tra i due: Canova infatti introdusse il giovane artista agli ambienti colti e alle più prestigiose committenze. Dopo dieci anni tornò a Venezia per un breve periodo, per poi presentarsi a Milano, all’epoca la città più all’avanguardia dell’Italia, con l’opera Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, che riscosse molto successo. Per la conoscenza con grandi committenze, Hayez si impone ben presto come artista di riferimento per il Romanticismo italiano e per le correnti risorgimentali.

WILLIAM TURNER - storia dell'arte - caratteristiche principali

WILLIAM TURNER

Joseph Mallord William Turner (1775-1851) fu un protagonista del Romanticismo inglese.
Viaggiò per tutta Europa, e a Venezia incontrò esperienze artistiche paesaggistiche come quella di Canaletto: impara la tecnica dell’acquarello, studia i prospettici che costruiscono spazi luminosi. A differenza di Canaletto, in cui gli elementi paesaggistici, seppur investiti dalla luce, rimangono minuziosamente nitidi e definiti, Turner realizza paesaggi investiti di luce, ma non più nitidamente. Si svincola sempre di più dalla rappresentazione oggettiva, dalla veduta: i suoi paesaggi diventano pure variazioni di colori in cui si distingue un punto di fuga visivo, ma che non è prospettico.
Con il tempo, le sue opere acquistano sempre più un carattere astratto: le forme si dissolvono, gli spazi cessano di essere percepibili, i colori accrescono il valore emotivo.
Si possono riconoscere dei tratti comuni a tutte le sue opere, che si vanno ad intensificare nel tempo:
-    Colore » ha una valenza espressiva, dà contraccolpo emotivo
  » attraverso di esso non rappresenta l’illustrazione della tempesta, ma la tempesta
-    Luce » confonde cielo e terra anziché definire lo spazio nitidamente (come invece per Canaletto)
              » punto di fuga » è un punto più luminoso (spesso nel cielo) che guida lo sguardo, ma è sempre
                 meno riconoscibile nell’avanzare della maturità dell’artista
-    Ogni elemento è la medesima cosa » terra e cielo sono confusi, mischiati in un vortice di colore
                                                                    » lo spazio è annullato e si traduce in colore e luce
                                                                    » in questo modo il finito si risolve nell’infinito
-    Tecnica » il colore viene steso non più in modo liquido e diluito come le sue prime tele, ma secondo
                      continue sovrapposizioni e con pennelli e strumenti diversi e innovativi (spugne, spatole, dita)
                  » il colore diventa progressivamente materico, grumoso
                  » conserva però uno studio accurato e definito, l’arte non è mai caos: utilizza infatti la tecnica
                     della rotazione per rendere l’idea del vortice nei suoi dipinti, soprattutto nella rappresentazione
                     delle tempeste: tutte le sue ultime tele presentano caratteristiche forme circolari (innovativo),
                     procede così in un’astrazione sempre maggiore e quasi profetica del futuro della storia dell’arte
-    Soggetti » i soggetti delle sue opere sono sempre più frequentemente paesaggi sconvolti
 » invece all’inizio del suo percorso artistico la natura da lui raffigurata era quella quieta, serena e
    profonda di Friedrich, poi progressivamente si incendiamo mare e cielo
 » non si accontenta più di catturare la statica bellezza del paesaggio, ma cerca strumenti per
    esprimere il sublime nel suo aspetto più devastante in quanto incontrollabile potenza naturale
    e sconvolgimento
» sempre di più gli artisti si troveranno davanti al problema di come esprimere quello che
   vogliono dire, quale tecnica utilizzare per una determinata idea

mattina dopo il diluvio

la tempesta

CASPAR DAVID FRIEDRICH - breve introduzione

CASPAR DAVID FRIEDRICH


Sullo sfondo di una filosofia che legge la natura come manifestazione del divino, in Germania si sviluppò soprattutto la pittura di paesaggio, in cui emerge Caspar David Friedrich (1774-1840). Per il romanticismo tedesco il punto centrale è l’infinito; per questo si parla di Romanticismo religioso: perché nella natura si indaga un mistero, si percepisce un infinito divino che oltrepassa la capacità umana. Evidenzia quindi come l’uomo, sebbene sia creatura finita, sia teso a possedere la realtà infinita.

CASPAR DAVID FRIEDRICH - Il viandante sul mare di nebbia - analisi

Viandante sul mare di nebbia (1818)


-    Il viandante: il cuore di questo quadro è l’uomo davanti alla natura misteriosa, infinita, non totalmente afferrabile dalle capacità umane (in questo senso è significativa la scelta della nebbia che vela la realtà e impedisce di distinguere cosa c’è al di là). La figura umana occupa il centro del quadro e tutte le linee compositive conducono lo sguardo verso il viaggiatore, fermo ad osservare la natura; lo si riconosce dal bastone, simbolo del pellegrino nel Medioevo. La differenza però che intercorre tra il pellegrino medievale e il viaggiatore romantico riguarda la meta: mentre per il primo essa è definita, quella del secondo è un indefinito infinito senza nome, verso cui non sa come procedere (si nota infatti che è al limitare della roccia, da solo). Non a caso, il punto verso cui è diretto lo sguardo della figura è coperto dal suo stesso corpo, l’osservatore non lo può vedere. L’uomo in viaggio è un tema tipico del Romanticismo che vede il viaggio come metafora della vita umana. Bisogna notare la staticità del viaggiatore, in riflessione davanti al paesaggio come molte figure di Friedrich.
-    Sagoma: anche in quest’opera il soggetto umano dà le spalle all’osservatore, proprio per permettere di immedesimarsi nel viaggiatore, il che contribuisce a creare un’aria di mistero e di ignoto. La sagoma dipinta vuole indicare l’uomo universale (anche se noi possiamo riconoscere le fattezze dell’artista in quelle del viaggiatore). L’uomo che raffigura Friedrich è sempre o da solo o in una compagnia ristretta (al massimo tre); questa inclinazione si può comprendere alla luce del contesto in cui l’artista si è formato: le fredde terre della Germania e la religione protestante, che rifiuta la comunità della Chiesa.
-    Nebbia: è una metafora. È l’elemento che rende indefinito, inafferrabile, immenso lo spazio. Impedisce di distinguere i limiti e i contorni della realtà osservata.
-    Contrapposizione tra finito e infinito nella tecnica: disegno dell’uomo in primo piano e delle rocce molto curato e definito (tradizione fiamminga). Mentre la natura sullo sfondo, la nebbia, le montagne sfumano e sono tutti elementi indefiniti, realizzati con una pennellata molto liquida, vaporosa.
-    Luce e colore: la luce definisce lo spazio e crea un contorno luminoso intorno alla figura del viaggiatore, messo ancora più in risalto dalla contrapposizione forte dei colori bianco e nero che dominano nella tavolozza dell’artista. Infatti si nota come le cose definite siano di colore scuro (uomo, rocce) e di tonalità chiare ciò che è indefinito (nebbia, cielo, monti in lontananza).
-    Realizzazione: il processo artistico di Friedrich si sviluppa ancora nello studio, non all’aria aperta come invece sarà per gli impressionisti. La sua arte è quindi una rielaborazione (come la poetica per il poeta inglese William Wordsworth).
-    Paesaggio: possiamo notare nella produzione artistica di Friedrich, il ricorrere di paesaggi simili, quali l’alba, il tramonto, il mare, la nebbia, le cime. Tutti paesaggi particolari rispetto alla realtà quotidiana, scelti per suscitare nell’uomo quel senso del sublime che il filosofo Kant aveva teorizzato: quel sentimento di sproporzione davanti alla natura che è insieme terrificante e appagante.

-    La religione della natura: Friedrich scrisse ad un amico: «Il Dicvino è ovunque, anche in un granello di sabbia». Nella sua arte questa concezione è evidente: l’uomo è spinto a ricongiungersi con la natura perché per sua struttura desidera ricongiungersi con Dio che è presente in essa.