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lunedì 27 gennaio 2014

MOSAICO DELLA CATTEDRALE DI OTRANTO - compito

“Sul pavimento musivo della cattedrale di Otranto domina, sovrana, l’idea del bene e del male, della città di Satana e della città di Dio. Esse si basano e sono caratterizzate da due amori diametralmente opposti: amore di sé fino al disprezzo di Dio, amore di Dio fino al disprezzo di sé.” (Gianfreda). Motiva l’affermazione dello storico dell’arte alla luce di quanto raffigurato nel mosaico di Otranto.

Nel libro De Civitate Dei sant’Agostino vede l’umanità divisa in base a due modalità di vita contrapposte, che si generano da due amori diversi: da una parte la “città celeste”, l’insieme cioè di chi vive per Dio, destinato alla redenzione, dall’altra chi invece è destinato alla dannazione eterna per un “amore sé fino al disprezzo di Dio”, per riprendere le parole di Gianfreda. Queste due realtà non sono fisicamente incontrabili, ma sono individuabili nel cuore dell’uomo: due forze che si combattono ogni giorno dentro ciascuno. Lo stesso Pantaleone non distingue in maniera netta i “buoni” dai “cattivi”, non immediatamente individuabili nell’insieme vivace del pavimento musivo, specchio della realtà quotidiana in cui è difficile distinguere facilmente il bene dal male.  
Troviamo infatti il cavallo rampante, figura della tentazione e delle passioni sfrenate, ai piedi degli atleti, che raffigurano la situazione sulla terra del cristiano, in perpetua lotta con il male, protetto dallo scudo della fede in Cristo, armato dello Spirito Santo. Ai piedi della vigna in cui Noè ed i suoi tre figli stanno lavorando, c’è la frenetica costruzione della torre di Babele. Vediamo vicine la colomba che torna da Noè stringendo nel becco il ramoscello d’ulivo, simbolo della riconciliazione tra uomo e Dio, e il corvo intento a divorare carne umana, simbolo del peccato incallito e perseverante nonostante la purificazione del diluvio. È quasi un alternarsi di bene e male per tutta la lunghezza del mosaico.
L’artista quindi ci mostra sempre un esempio negativo e ci propone contemporaneamente la strada del cristianesimo, modello per una vita positiva volta al bene, una porta che non viene mai chiusa. Porta che nel mosaico l’uomo cinto da un perizoma custodisce (quella del paradiso terrestre), dopo la cacciata di Adamo ed Eva, nella fascia del mosaico più prossima all’abside. L’uomo tiene in mano un bastone che richiama la forma della croce di Cristo oppure la lettera tau che veniva segnata in una persona in alcuni riti penitenziari: per l’uomo la possibilità di redimersi c’è, e passa attraverso il rinnegamento di se stesso fino al dono totale di sé (come Gesù si donò sulla croce). La stessa fascia centrale contenente lo Zodiaco testimonia il lavoro, scandito in una dozzina di sequenze, una per ciascun mese dell’anno, come espressione di preghiera e strumento di espiazione dal peccato rendendosi partecipe dell’opera creatrice di Dio.
Pantaleone ribadisce la possibilità per l’uomo di scegliere il male, attraverso gli esempi negativi tratti sia dalla Bibbia che dalla storia della letteratura antica e cristiana, mostrando però che la vera libertà si ha nel scegliere il bene per sé. Infatti ben altro rispetto al lavoro presentato nelle dodici ruote dello Zodiaco è quello per la costruzione della torre di Babele: simbolo della superbia intesa nel senso dantesco. Dante nel Purgatorio colloca i superbi (canto X) tra coloro che amano troppo se stessi (verrà esplicitata la struttura punitiva del purgatorio nel XVII canto), perdendo di vista la propria dipendenza da Dio, per cui la propria persona assume un valore maggiore a ciò che è realmente. La stessa Bibbia racconta come gli uomini, costruttori della torre hanno voluto darsi da sé un elemento di unione che non fosse Dio ma qualcosa creato dall’uomo.
Davanti al mosaico di Pantaleone, il fedele è provocato da tutti gli esempi negativi ed i modelli positivi ad usare la sua stessa libertà, a mettersi in gioco in prima persona nella decisione e sequela di ciò che vuole scegliere per la sua vita: l’errore dell’eresia (dragoni che vengono calpestati dalla figura quadricorporea), la lussuria e la violenza (diluvio universale), la superbia (torre di Babele), la tentazione (corvo carnivoro), il rifiuto della propria dipendenza (Adamo ed Eva), la gelosia (Caino), la sfrenatezza delle passioni (cavallo rampante). Oppure l’affidamento totale di sé (Noè), il sacrificio (Abele), la pace (colomba), il lavoro non come punizione ma come possibilità di compiere la natura dell’uomo, che è rapporto con Dio e quindi con il creato (Zodiaco), la completa dedizione di sé per Dio nel perseguire il grande ideale (Parsifal). Questa strada non è proposta come illusione, tanto che non vengono escluse le difficoltà e la necessità di avere delle certezze che superino queste difficoltà, di essere cioè armati come dei combattenti (gli atleti). Non viene censurata neanche la necessità di avere qualcuno da seguire, proponendo come guida la Chiesa (figura quadri corporea, arca di Noè dove l’uomo è salvo), via per la pace, affiancata dall’Impero (Alessandro Magno), con il compito di dare sicurezza al cammino, spianare la strada della Chiesa verso Dio dagli ostacoli.

È stupefacente trovare nel tentativo di Pantaleone le stesse domande dei tragediografi antichi, specialmente Eschilo: prova del sincretismo medievale che rilegge in chiave cristiana la storia dell’uomo e della sintesi che Pantaleone opera nelle scelte e nella struttura del pavimento musivo. Infatti il messaggio che trapela nella maggior parte delle tragedie di Eschilo è la possibilità per il singolo di scegliere per sé un cammino di colpa o di giustizia; ricerca quindi la responsabilità del peccato nell’uomo, nel suo libero arbitrio, e non identificare la colpa in una figura divina o in una tendenza al male ereditaria davanti a cui l’uomo è impotente.

giovedì 23 gennaio 2014

LE SUPPLICI - GLI EGIZI - LE DANAIDI - Eschilo - riassunto ed analisi

LE SUPPLICI

-    Data di rappresentazione » 463 a.C. E’ aperta una discussione sulla data: inizialmente si pensava fosse precedente al V secolo perché il coro ha un posto molto ampio (con l’avanzare del tempo il ruolo del coro si è ridotto), ma, essendoci già il dialogo, è stata collocata in un momento di passaggio. Si è trovato in seguito un papiro che ci informa del fatto che questa tragedia ha gareggiato con Sofocle (il quale ha partecipato al suo primo concorso nel 469-68). Perciò si è ipotizzato che le Supplici sia successivo ai Sette a Tebe, dato che si poteva presentare solo una trilogia all’anno. Sul papiro, inoltre, sono visibili tre lettere, «ἀρχ…», che può indicare la data (sia per i greci sia per i romani gli anni erano identificati rispettivamente con il nome dell’arconte e del console in carica quell’anno), oppure può essere l’iniziale dell’arconte Archemenide, in carica nel 463 a.C. Si è infine considerata quest’ultima ipotesi valida.
-    Trilogia » le Supplici
                 » gli Egizi
                 » le Danaidi
                 » Amimone (dramma satiresco)
                 » è una tetralogia legata
-    Ambientazione » spiaggia della terra argiva, in prossimità del mare
-    Personaggi »
-    Numero di attori »
-    Coro » è formato dalle stesse protagoniste, le Danaidi. Questa scelta innovativa spiega il ruolo preponderante del coro nella tragedia. Il coro è diviso in due semicori: 50 sorelle e 50 ancelle (une per ciascuna padrona), si capisce quindi l’esigenza di identificare le protagoniste nel coro: non si sarebbe potuto rappresentare questo mito altrimenti
-    Trama » le Danaidi, insieme al loro vecchio padre Danao hanno lasciato l’Egitto per sfuggire ai cugini
  » i suoi cugini sono gli Egizi, figli di Egitto, nome di persona oltre che di località, fratello di Danao
  » gli Egizi vogliono sposare le Danaidi per forza, ma loro non ne hanno intenzione
  » cercano un rifugio in Grecia, ad Argo, città dalla quale la loro stirpe trae origine
  » Pelasgo, re di Argo, esita a concedere protezione perché sa che potrebbe portare ad una guerra,
     inoltre è perplesso per la loro diversità (pelle scura, vestiti diversi, accento diverso)
  » anacronismo mai avvenuto: Pelasgo è rappresentato come re di tutta la Grecia
  » risponde di non poter prendere decisioni senza il consenso della comunità che rappresenta
  » le Danaidi, che hanno una mentalità diversa, non capiscono come un re non possa prendere delle
     decisioni in modo autonomo, e lo capiscono come un segno di una futura respinta
  » le Danaidi dichiarano che, in caso di rifiuto, si impiccheranno alle statue degli dei, gettando sulla
     terra argiva una maledizione, ma non occorre perché nel frattempo la popolazione ha deliberato
     all’unanimità per alzata di mano di accogliere la loro supplica (anacronismo)
  » arriva l’araldo degli Egizi, che cerca di portar via le fanciulle a forza
  » interviene Pelasgo e caccia l’intruso, che a sua volta manda maledizioni
  » la tragedia si conclude con il canto dei due semicori (6 + 6) delle Danaidi che celebrano la
     generosità di Argo e invocano Artemide, anch’essa una fanciulla vergine che rifiuta il matrimonio
  » il semicoro delle ancelle ribatte che anche Afrodite è una grande dea che deve essere onorata, e di
     non essere eccessive nei confronti degli dei andando contro natura (rifiuto del matrimonio in
     quanto tale e non solo rifiuto di specifici mariti) » fin’ora erano innocenti perseguitate, ora a
     rischio di colpa » Eschilo non vuole mai dividere nettamente buoni e cattivi
-    Mito di Iò
» idea di un’originaria parentela tra le stirpi nasce da un ulteriore mito qui non raccontato, che vede come
   protagonisti Zeus e la mortale Iò, desiderata dal dio che la trasforma in giovenca per nasconderla alla
   gelosia di Era (la figura del toro nell’antichità è strettamente connessa alla divinità, ad un’immagine di
   virilità, forza; si pensi alla Bibbia o alla tauromachia, e alla ricorrenza di questa figura nei miti)
» Era scopre l’amore segreto e si vendica facendo incarnare in un insetto un demone che la perseguiterà e
   le farà intraprendere un lungo viaggio, in cui impazzisce essendo incessantemente tormentata, finché
   arriva in Egitto, dove Zeus le ridà aspetto umano e la libera.
» Zeus la feconderà e da lei nascerà Epafo («nato da un tocco» perché la guarisce toccandola).
» Un’altra versione del mito spiega la trasformazione in giovenca in modo diverso: Era, ingelosita, per
   evitare che i due amanti si incontrino, la trasforma.
» Da Epafo deriva una stirpe, una discendenza che si ramifica e da cui derivano sia i Persiani sia i Greci
   (concetto contenuto anche nel sogno di Atossa, nei Persiani)
» ad Eschilo interessa sottolineare la stirpe comune anche tra nemici
» periodicamente un ramo della discendenza ritorna in Grecia, patria di Iò: in questa tragedia a compiere
   questo tradizionale “ritorno alle origini” sono le Danaidi, che fanno parte del ramo rimasto in Egitto
-    Problemi
» dov’è il coro? » nella scena del messaggero degli Egizi sembra che ci sia contatto fisico tra un attore ed il
                             coro, che però occupano posti distinti del teatro. È possibile però affermare che il
                             contatto fisico ci sia stato realmente, ricorrendo anche in una tragedia di Euripide
                          » o l’attore lascia il palco (improbabile) o il coro sta in uno spazio della scena
-    Osservazioni
 » percorso simmetrico ai Sette a Tebe, per cui all’inizio sembra che Polinice sia il cattivo ed Eteocle il
    buono, poi anche questo si avvia alla colpa nel corso della tragedia » cerca la colpa nell’uomo
» che gli innocenti soffrano è la più drammatica ingiustizia e scandalo dell’umanità, e nell’antichità si
   risponde o individuando la colpa come un peccato originale che trasmette la tendenza a fare il male,
   oppure si smantella la distinzione tra buoni/cattivi e si individua il singolo, l’individuo colpevole

EGIZI

Di questa tragedia sappiamo solo che gli Egizi vincono la battaglia contro Pelasgo e si impadroniscono delle Danaidi. Le fanciulle si ritrovano con il padre il giorno delle nozze e giurano che quella stessa notte, la notte delle nozze, avrebbero ucciso tutte i loro mariti nel letto (è il padre stesso che le spinge al giuramento).

DANAIDI


La tragedia si apre con l’alba successiva alle nozze, tutte hanno tenuto fede al giuramento tranne una: Ipernestra, l’unica ad amare davvero il marito Liuceo tanto da rifiutarsi di adempire al patto, permettendo così che la loro stirpe andasse avanti. La ragazza è messa però sotto giudizio perché ritenuta colpevole dal padre e dalle sorelle di aver infranto un giuramento. Durante il processo c’è un intervento divino che decide le sorti della fanciulla: Ipernestra viene difesa ed assolta. Eschilo in questa tragedia introduce un elemento storico-sociologico: il passaggio dalla società tribale, fondata sulla discendenza, sul sangue, sull’unità del génos, alla società civile, fondata sul matrimonio, sul patto coniugale

I SETTE A TEBE - Eschilo - riassunto ed analisi

I SETTE A TEBE

-    Data di rappresentazione » 467 a.C.
-    Trilogia » Laio (perduto)
                 » Edipo (perduto)
                 » Sette a Tebe
                 » La Sfinge (dramma satiresco, perduto)
                 » tetralogia legata = tutte e quattro le opere si riferiscono allo stesso mito (ogni tragedia è fine a sé,
                    ma nella visione generale si capisce meglio il senso del messaggio)
-    Ambientazione » L’azione di svolge sull’acropoli di Tebe
-    Personaggi » Eteocle (re di Tebe, fratello di Polinice) » massimo protagonista
» messaggero tebano
-    Numero di attori » due
-    Coro » composto dalle fanciulle tebane, terrorizzate di essere rapite se Tebe verrà conquistata
            » Eschilo affida al coro la sua posizione. Questa è una grande novità perché le donne avevano un
               posto molto basso nella società, soprattutto se ancora giovani. Lui sceglie di essere rappresentato da
               un gruppo sociologicamente disprezzato perché è più facile che chi ha meno potere porti idee
               innovative » chi ha più potere è tendenzialmente più conservativo
-    Trama
» Tebe sta per essere attaccata dagli Argivi, sette eserciti, uno dei quali è di Polinice (il primo dei due figli
   maschi di Edipo, in esilio) » attacca la sua stessa città » va contro la natura » ὕβρις
» ci sono varie fonti dello stesso mito che spiegano l’origine del dissidio tra i due fratelli e il perché
   dell’esilio di Polinice, ma Eshcilo sceglie di non esplicitarlo, perché non vuole dividere nettamente i
   buoni dai cattivi, perché queste due tendenze sono in misura uguale nel cuore di ogni uomo
» un messaggero, mandato a spiare il nemico, riferisce che i sette eroi delle schiere nemiche affronteranno
   ciascuno una delle sette porte della città
» il coro si abbandona alla paura e alla disperazione, rifugiandosi ai piedi delle statue degli dei
» Eteocle ne è infastidito e le rimprovera accusandole di demoralizzare la città
» le fanciulle si placano, ma una volta uscito Eteocle, ricomincia a profetizzare scenari di morte e di rovina
» rientrano Eteocle ed il messaggero, che intanto ha acquisito nuove informazioni, e descrive minutamente
   uno per uno gli eroi che assedieranno ciascuna porta, a ciascuno Eteocle contrappone un guerriero tebano
» sette duelli » Τideo (argivo) – Melanippo (tebano)
                     » Capaneo – Polifonte
                     » Eteoclo – Megareo
                     » Ippomedonte – Iperbio
                     » Partenopeo – Attore
                     » Anfiarao – Lastene
                     » Polinice – Eteocle
» Polinice viene descritto sprezzante, preannunciando già la sua colpa di ὕβρις (“Polinice” da πολύς +
   νεῖκος significa «dalle molte contese», mentre “Eteocle”da ἐτεός + κλεός significa «dalla fama pura»)
» porta uno scudo con attaccato un bassorilievo di Dike, con un fumetto che dice: «io riporterò Polinice al
   comando della città» assicurando la giustizia morale dell’atto e la sua efficacia
» Eteocle, pur essendo turbato dal futuro scontro fratricida, sa che non può tirarsi indietro perché sa che la
   maledizione della sua stirpe lo porta a combattere contro suo fratello
» nella scelta di Eteocle si insinua anche un’altra motivazione, nascosta: la paura di essere disonorato agli
   occhi di tutti nel caso in cui non andasse a combattere » sceglie per l’onore e la gloria personale
» i due fratelli fanno parte della stirpe maledetta di Edipo, destinata a compiere e subire violenza
» il coro cerca di convincere Eteocle ad abbandonare l’impresa: la maledizione può essere purificata con
   sacrifici agli dei; insiste sul fatto che l’uomo può scegliere di non commettere una colpa
» Eteocle ha già scelto: risponde che gli dei lo hanno abbandonato, e non si può sfuggire dai loro ordini
» lo scontro ha luogo, il messaggero rientra in scena per annunciare la morte reciproca dei fratelli, intanto,
   nella battaglia, gli altri sei comandanti tebani sono stati sconfitti, e la città è conquistata dai nemici
» nel momento in cui i due fratelli si sono uccisi, erano come due Polinici (accetta di farsi uguale al fratello)
» dopo un lungo lamento del coro, sopraggiungono le sorelle di Eteocle e Polinice, Antigone e Ismene
» Antigone dichiara la sua intenzione di seppellire il fratello Polinice ad ogni costo, anche sfidando le leggi
   della città (quest’ultima scena è considerata spuria, quasi sicuramente interpolata per collegare questa
   tragedia a quella dell’Antigone di Sofocle) » dovrebbero comparire improvvisamente tre attori!
-    Osservazioni
» tema: che rapporto c’è la maledizione di una famiglia e la libertà del singolo?
» Eschilo non nega l’esistenza di una la maledizione sulla stirpe ma afferma che c’è un punto in cui l’uomo
   ha la possibilità d scegliere di essere colpevole: Eteocle sceglie deliberatamente la sua colpevolezza
» al centro dell’opera c’è la libertà della persona, vista in quanto io che si impone da protagonista
» Eschilo tenta di spiegare il dolore innocente negando la mancanza di responsabilità dell’uomo nella colpa
» ci sono due alternative prese in considerazione dai greci: o l’uomo non è responsabile della sua colpa,
   che scarica sugli dei (ma allora gli dei vogliono il male dell’uomo e c’è il drammatico problema del
   dolore ingiusto degli innocenti) oppure gli dei vogliono il bene dell’uomo, il quale deve accettare che
   l’origine della colpa sia in lui » Eschilo si assume la responsabilità così affermare il libero arbitrio
» l’uomo è libero ma colpevole o innocente ma schiavo?
» per la mentalità greca, qui espressa da Eteocle, quella colpa che si tramanda nelle generazioni lascia ai
   successori una propensione al male che li spinge a commettere continuamente colpe
» per Eschilo nessuno è innocente, per questo sceglie di non dividere in modo netto cosa è giusto e cosa no
» Eschilo cerca una colpa in molti dei suoi personaggi (in modo anche ossessivo) perché cerca una libertà
» nel corso della vicenda infatti la figura di Eteocle subisce un mutamento: viene presentato come re
   perfetto, organizzato, autorevole, poi si intuisce che la sua autorevolezza è una volontà ottusa e

   fossilizzata che non gli permette di vedere le cose per quello che sono e lo porta alla colpa

I PERSIANI - Eschilo - riassunto ed analisi

I PERSIANI

-    Data di rappresentazione » 472 a.C.
-    Trilogia » in questo caso non è legata (contro la norma)
-    Ambientazione » l’azione è ambientata a Susa, la capitale dell’Impero persiano
                             » siamo circa nel 480 a.C., anno della seconda guerra persiana
-    Personaggi » Atossa (madre di Serse, regina dei Persiani)
                      » Serse (re dei Persiani e figlio di Atossa)
                      » ombra di Dario (defunto re dei Persiani, marito di Atossa)
                      » messaggero persiano
-    Numero di attori » due
-    Coro » costituito dai vecchi consiglieri che esercitano temporaneamente il potere al posto del re Serse,
                partito a capo di un’imponente esercito alla conquista di Atene e della Grecia (II guerra persiana)
-    Atossa » regina madre di Serse, moglie del defunto Dario; preoccupata per la sorte del figlio e dei Persiani
-    Trama
» parodo: ingresso degli anziani in città
» nella notte precedente Atossa aveva visto in sogno suo figlio Serse mentre cercava di unire sotto uno
   stesso giogo due donne, sorelle, una delle quali, vestita in foggia persiana, si sottometteva docilmente,   
   l’altra invece, vestita con abiti greci, non si sottometteva e respingeva il giogo. Serse cadeva a terra,
   spodestato, e si strappava le vesti dalla vergogna e dal dolore » ansiosa, chiede informazioni sui nemici
» è importante notare come Eschilo sottolinea il fatto che le due donne del sogno siano sorelle: vuole
   creare un legame di sangue tra Persiani e Greci » i loro nemici sono della loro stessa stirpe
» il coro descrive gli Ateniesi come un popolo fiero, non assoggettato da un re, e quindi temibile in guerra
» la seconda parte della tragedia è un’attesa angosciata, ed inizia con il monologo del messaggero (ῥῆσις)
» Arriva affannato il messaggero con brutte notizie: Temistocle ha indotto Serse ad ingaggiare una
   battaglia navale per mezzo di un falso messaggio, facendogli credere che l’esercito greco non sarebbe
   stato in grado di reggere ad un attacco improvviso per lo scoppio di discordie interne
» Serse, caduto nell’inganno, è stato sconfitto duramente, prima in mare presso Salamina, poi sulla
   terraferma, sull’isola di Psittalea » l’esercito persiano è distrutto
» Atossa e il coro, addolorati, evocano l’ombra di Dario, affinché soccorra il suo popolo con saggi consigli
» Eschilo introduce un fatto scenico di grande effetto: l’evocazione dell’ombra di Dario
» Dario denuncia le colpe di Serse » ardito per aver intrapreso una tale spedizione e per aver sfidato gli dei
» ha preteso di unire sotto un unico impero i due continenti e ha fatto violenza alla natura durante la
   spedizione, costruendo un ponte di barche sul Bosforo per far passare la fanteria, traforando il monte
   Athos per far passare la flotta in una galleria artificiale » la violazione della natura è sentita come colpa
» dato che le ombre che vengono dall’aldilà possono predire l’immediato futuro, Dario annuncia la
   sconfitta dell’esercito a Mateira (la terra stessa combatte i nemici » muoiono di fame)
» Dario chiede infine alla moglie di consolare il figlio, al coro di farlo redimere
» rievoca l’antica potenza della Persia ed i grandi monarchi che l’hanno governata nel passato
» l’ombra se ne va, accompagnata dal lamento del coro
» appare Serse, lacero e solo, che chiude il dramma con un lamento sulla sua sorte e di quella dell’esercito
» il coro cerca di adempire al compito affidatogli da Dario, ma poi cede anch’esso al lamento: lo spettatore
   non sa se riuscirà a convertire il giovane re
-    Osservazioni
» non c’è il prologo
» unica tragedia di argomento storico che ci è pervenuta
» motivo che ricorre sempre nel corso della tragedia è la preoccupazione che i giovani sono tutti partiti per
   la guerra, e non ci sarebbero nuove generazioni ad assicurare il futuro del regno persiano
» anche Serse, che va a combattere, è giovane (nella I guerra persiana Dario non si era mosso dalla capitale)
» Serse si muove in due modalità diverse: la flotta costeggia la costa a nord e per evitare il rischio di un
   naufragio, trafora il monte Athos facendoci passare la flotta. L’esercito invece arriva in Tracia passando
   su un ponte di barche sull’Ellesponto per evitare il giro del Mar Nero
» la flotta passa sulla terra, l’esercito sul mare » vengono invertite e violate le leggi della natura
» perché i Greci hanno vinto » Atossa non si sa spiegare come la piccola Grecia abbia potuto sconfiggere
   l’immenso esercito persiano: il coro dà spiegazioni che la regina non comprende
1.      motivo politico
» i Greci non sono sottomessi ad un re come i Persiani, quindi non combattono per qualcun altro, per
   un capo, ma per sé, per la propria patria, famiglia, casa (es: canto del peana sulle navi)
» Atossa non riesce a concepire come un esercito possa essere efficace se non guidato da un’autorità
2.      motivo religioso
» Dario spiega che suo figlio ha perso la battaglia di Salamina perché ha violato la μοῖρα (mòira),
   cioè quella parte di destino assegnata a ciascun uomo, commettendo quindi ὕβρις (hùbris)
» ὕβρις = rifiuto di accettare il proprio pezzo di destino cercando di appropriarsi di più del dovuto
» la μοῖρα di Serse era l’espansione ad Oriente, mentre lui ha voluto soggiogare tutta la Grecia
» chi viola il proprio pezzo di destino disturba il κόσμος («cosmo, ordine, bellezza») nella sua
   interezza, facendo ricadere la colpa anche sulle persone vicine (es: tutti i Persiani)
» Atossa rappresenta l’impossibilità da parte di chi ha il potere di capire, di essere aperto
» Eschilo ha grande capacità di giudizio e di immedesimazione: scrive dal punto di vista dei nemici
   sconfitti poco tempo dopo la vittoria storica » non è scontato dato il ricordo terribile ancora vivissimo
   della devastazione dell’Attica da parte dei Persiani, e l’autore prova compassione proprio per loro

» nella tragedia non emerge da parte di Eschilo rabbia né odio né presa in giro dei nemici

ESCHILO - vita

ESCHILO
VITA
-    Nasce ad Eleusi intorno al 525 a.C., figlio di Euforione, di famiglia nobile e agiata
» Eleusi, città prossima ad Atene, era sede dei misteri di Demetra e Persefone
» i misteri erano riti esoterici ai quali il singolo accedeva tramite un’iniziazione, le cerimonie ed i riti erano
  segreti, e agli adepti era vietato divulgare il contenuto del rito, pena la morte (da parte dello Stato ateniese)
» circolava la notizia che Eschilo partecipasse a questi riti, per i quali fu messo a processo, poi assolto
-    Partecipò alla battaglia di Maratona (490-489 a.C.) in cui perse la vita il fratello Cinegiro
-    Partecipò alla battaglia di Salamina (480 a.C.)
-    Partecipò probabilmente anche alla battaglia di Platea (479 a.C.)
-    Partecipa al primo concorso tragico nei primi anni del V sec, nelle settantesime Olimpiadi (nel 484 si colloca la sua prima vittoria)
-    Soggiornò alla corte di Ierone, tiranno di Siracusa e protettore di atleti e artisti
» il primo viaggio in Sicilia fu intorno al 476-475 a.C. in cui compose le Etnee per celebrare la nascita
   della città di Etna, fondata da Ierone
» è di nuovo ad Atene nel 472 a.C. per la rappresentazione dei Persiani (la più antica tragedia greca)
» il secondo viaggio in Sicilia fu dopo il 458 quando fece rappresentare per la seconda volta i Persiani
-    In tutto vince 13 competizioni tragiche
-    Morì nel 456-455 e venne sepolto a Gela
» gli antichi gli attribuirono una morte grottesca: un aquila avrebbe ghermito una tartaruga e, per romperne
   il guscio e mangiarla, la fa cadere da grande altezza sulla testa calva di Eschilo, scambiata per un sasso
-    Compose probabilmente 89 tragedie (alcuni dicono 70) a gruppi di quattro (88 tragedie + una che ha scritto per la città siciliana), le opere intere a noi pervenute sono 7. Ci sono arrivate proprio queste per una scelta linguistica, stilistica ed etica, selezionate nell’ambito della scuola (autorità scuola era ritenuta )
-    Epigrafo » “In questo sepolcro giace Eschilo, figlio di Eufarione, ateniese, morto nella fertile Gela. Il
                     bosco celebre di Maratona potrebbe dirti il suo valore, e i Medi dalle lunghe chiome”
                  » dice di essere figlio di Eufarione e si presenta non come poeta ma come combattente delle
                     guerre persiane e specialmente della battaglia di Maratona

                  » la poesia viene dopo il sentimento di partecipazione alla vita pubblica della sua città

martedì 21 gennaio 2014

LA TRAGEDIA GRECA - V secolo

TEATRO NEL V SECOLO

-    E’ connesso al culto di Dionisio
» durante le Grandi Dionisie (a primavera) venivano rappresentate delle tragedie
» hanno luogo solo durante le feste religiose, che sono di diversi giorni e con celebrazioni di vario genere:
   tre giorni sono dedicati alla rappresentazione teatrale
» le feste dionisiache si tengono tra l’inizio dell’inverno e l’inizio della primavera con frequenza mensile
1.      Piccole Dionisie (o Dionisie Agresti) » dicembre-gennaio
  » sono le feste meno importanti
  » venivano rappresentate nuove tragedie o repliche cosicché
     anche la popolazione rurale poteva conoscere le tragedie
2.      Lenèe » gennaio-febbraio
                 » la specialità di questa festa erano soprattutto i teatri comici
3.      Antestèrie » febbraio-marzo
                        » hanno luogo solo gare ditirambiche
4.      Grandi Dionisie (o Dionisie Cittadine) » era la festa più importante, duravano 5 giorni
                                                                     » 3 giorni di questi erano dedicati ad agoni tragici
-    Attori e maschere
» gli attori recitano con maschere che identificano il loro personaggio
» gli attori sono tutti di sesso maschile (nelle parti femminili si travestono)
» il teatro antico ha ferree limitazioni riguardo al numero di attori, o per fare economia, o per non
   disperdere l’attenzione del pubblico e incanalare la concentrazione a carpire il messaggio insito
» Eschilo introduce il dialogo, quindi il secondo attore (prima c’era un solo attore, quindi solo monologhi)
» Sofocle introduce dialoghi più complessi introducendo il terzo attore, poi assunto anche da Eschilo
» si ipotizza che Euripide abbia introdotto il quarto attore
» ci possono essere dei “personaggi muti”, cioè che non partecipano al dialogo e parlano solo dopo l’uscita
   di tutti gli altri attori dalla scena (es: prologo del Prometeo incatenato)
» avveniva quasi sempre che un unico attore dovesse interpretare diversi personaggi cambiandosi costume
-    Aspetti tecnici
» qualche mese prima delle celebrazioni veniva presentata all’arconte eponimo una tetralogia (3 tragedie
   ed 1 dramma satiresco, che è un mito in chiave comica); il suo compito era di selezionare le migliori
» vengono scelti tre autori, ciascuno ha il tempo di un giorno per presentare le sue opere
» gli autori gareggiano tra di loro, ed una giuria di cinque cittadini estratti a sorte dal popolo sceglie il
   primo, secondo e terzo posto (la vittoria è di tutte e 4 le opere)
» la vittoria dà molta fama e rimane nella storia perché rimane agli atti
» Sofocle, Eschilo, Euripide è la scala (decrescente) dei più premiati
-    Edificio teatrale
» a partire dal V sec. La rappresentazione si svolgeva nel teatro di Dionisio, sulle pendici dell’acropoli
» orchestra = spazio circolare riservato al coro con l’altare di Dionisio in mezzo (ὀρχέομαι «danzare»)
» scena = luogo di recitaizone degli attori, costruita in legno, veniva montata e smontata di volta in volta
» parodos/exodos = due passaggi ai lati della scena che permettono agli attori di entrare/uscire di scena
» attorno all’orchestra, a ventaglio, sono disposti i seggi degli spettatori, a semicerchio
» solo dal IV secolo l’edificio teatrale si costruisce in muratura
-    Scenografia
» per la maggior parte era lasciata alla fantasia del pubblico
» con Euripide vengono introdotte le macchine teatrali, tutte costruite in legno
» μαχανή “macchina” era la più semplice: una pedana appesa ad una gru di cui si serviva per far scendere
   dall’alto dei ed eroi (nelle scene in cui una divinità scendeva sulla terra o c’era l’ “assunzione” di un eroe)
» ἐκκύκλημα = carrello mobile che serviva per far “rotolare” fuori gli interni, per far entrare o uscire di
   scena gli oggetti o personaggi morti, adatta per ambientazioni chiuse
-    Organizzazione statale
» la rappresentazione era organizzata dallo Stato, gli attori venivano pagati con fondi pubblici
» la scenografia, lo stipendio del coro, le maschere, il vestiario, le attrezzature erano fornite da privati
   cittadini facoltosi chiamati «coreghi» che potevano essere volontari o nominati dall’arconte eponimo
» coregìa = organizzazione di uno spettacolo teatrale
» ad Atene non esisteva la tassazione diretta ma era consuetudine che i cittadini più abbietti prendessero a
   loro spese iniziative pubbliche ottenendo in cambio prestigio (tasse dei servizi)
» liturgie = tasse dei servizi in cui ci sono anche le coregìe
-    Parti della tragedia
» prologo » è la parte introduttiva che ha la funzione di indicare il luogo in cui si svolge l’azione, chi sono i
                    personaggi, affinché il pubblico sia introdotto alla vicenda, informato quindi più attento (aiuta
                    anche per la mancanza di scenografia)
» è presente nella maggior parte delle tragedie, ma è l’unica parte che può anche non esserci
» è l’unica parte in cui non è presente il coro, l’unica parte in cui il personaggio si può esprimere
   in libertà dal giudizio del coro, quindi una parte molto importante; ogni cosa detta o ogni
   azione non è svolta senza tener conto che il coro ne è spettatore (è un grosso limite)
» il coro può intervenire, giudicare, testimoniare (es: nelle congiure si deve stare attenti)
» parodo » parte in cui entra il coro cantando (il nome deriva dal sostantivo ὀδός «strada»)
» episodio » parte recitativa degli attori in dialetto attico e in metri (soprattutto il trimetro giambico)
                  » è scritto in attico (il dialetto parlato ad Atene) perché il pubblico doveva capire, anche se i
                     personaggi sono stranieri o la scena è ambientata all’estero
» stasimo » parte cantata dal coro in metri lirici ed in dialetto dorico. In realtà si usa per il coro un dialetto
                   convenzionale che si basa sull’attico con elementi dorici che danno una parvenza esotica senza
                   togliere la possibilità di capire. Vengono quindi aggiunte solo quelle caratteristiche sentite
                   come distintive del dorico (es: prevalenza dell’uso di α al posto di η)
                » in questo modo l’opera era sentita come composita per la mescolanza di lingue e generi
                » di solito episodio e stasimo si alternano un certo numero di volte finché non si arriva all’esodo,
                   ma può succedere che il coro intervenga direttamente durante un episodio
» esodo » parte conclusiva in cui escono di scena attori e coro
-    Coro
» il ruolo del coro è vario tanto che non si può definire una formula
» rappresenta un elemento di unità, è un personaggio collettivo (parlano spesso in prima persona)
» può esprimere la posizione del poeta o quella della mentalità comune, può essere l’uomo di strada o un
   osservatore neutrale o un ostacolo alla vicenda, può giudicare in modo giusto o sbagliato
» l’importanza del coro diminuisce nel tempo, perché si perde l’aderenza tra coro e trama
» il numero dei componenti del coro è all’inizio 12, ma da Sofocle in poi diventano 15
» la costante in ogni tragedia è la funzione musicale del coro, che balla e canta insieme
-    Argomenti
» tutte le storie sono di argomento mitologico (tratte soprattutto dal ciclo troiano)
» solamente una (i Persiani di Eschilo) è di argomento storico;c’è da considerare che le guerre persiane
   erano diventate per i Greci leggenda (come le guerre puniche per i latini), quindi mitizzate » non ce ne
   furono altre perché dopo nessun evento della storia raggiunse lo stesso rilievo ideologico-letterario
» venivano presi miti preesistenti, viene rielaborata una letteratura già prodotta e interpretata oppure poteva
   anche accadere che venivano inscenati miti locali e popolari diffusi nel mondo greco
» il mito veniva rielaborato per comunicare un pensiero nuovo
» gli argomenti erano quindi sempre gli stessi, ed il pubblico conosceva già la trama, anzi è il poeta stesso
   ad eliminare ogni suspense informando gli spettatori attraverso il prologo » si punta sul già noto
» il pubblico quindi non veniva agli spettacoli per intrattenimento, ma per capire l’intento comunicativo
   dell’autore in una determinata scelta del mito e delle sue varianti (che riguardano però aspetti marginali
   del racconto, mentre la sua struttura fondamentale rimane sempre uguale)
» il fascino della rappresentazione tragica non sta quindi nelle novità e nella sorpresa
» col tempo gli argomenti si restrinsero anziché ampliarsi, perché i drammi si concentrarono soprattutto
   sulle vicende delle stirpi (segno che ci si avvicina alla considerazione del singolo individuo)
» la casa, una singola famiglia (οἶκος) diventa lo scenario privilegiato dell’azione tragica
-    Ruolo della rappresentazione teatrale
» tutti gli ateniesi erano tenuti a partecipare alle rappresentazioni (esclusi gli stranieri, gli schiavi, si discute
   sulla presenza delle donne tra gli spettatori, ma è certa la presenza di tutti i cittadini maschi)
» ai più poveri veniva dato un rimborso equivalente ad un giorno lavorativo, per permettere anche a loro la
   partecipazione (al tempo saltare un giorno di lavoro significava non avere i soldi per pagarsi il pasto)
» ci si aspettava che il tragediografo fosse maestro del popolo, cioè che attraverso le sue scelte si educasse
   la città, e di conseguenza il pubblico doveva lasciarsi educare attraverso un’acuta attenzione e apertura
» i poeti tragici hanno una grande responsabilità nei confronti della società, infatti la dialettica
   individuo/collettività è dovunque visibile
» ciò che viene comunicato deve servire alla città in quel determinato periodo storico, ci si aspetta una
   risposta alle domande di quel determinato contesto politico, culturale, sociale, storico
» i criteri per la scelta del vincitore è sulla base d chi è stato più maestro del popolo, infatti nelle Rane,
   commedia di Aristofane, si legge: «quello che è maestro per i bimbi è il poeta tragico per gli adulti»
» Gorgia, non ateniese, non riuscì a comprendere il significato del teatro: «chi riusciva ad ingannare era
   più giusto di chi non ingannava e chi si faceva ingannare più saggio di chi non si faceva ingannare»
» al contrario dell’eroe epico, che finalizza ogni azione a sé e al suo gènos, l’eroe tragico ha la coscienza di
   un patrimonio di valori morali che trascendono l’interesse del singolo
» il teatro consolida e trasmette alle nuove generazioni il senso di identità e di appartenenza
» che il teatro è finzione non significa che porti un significato negativo
-    Tempo, luogo, azione
» unità di luogo » la scena, l’ambientazione rimane sempre uguale
» unità di tempo » la vicenda si svolge in un tempo reale, quindi comprende una giornata
                           » non accade quasi mai che si lasci passare mesi o anni nella narrazione
                           » è in stretta correlazione con l’unità di luogo (se viene infranta una, anche l’altra)
» unità di azione » è il legame tra tutto ciò che avviene, si ha quando non c’è nulla togliendo la quale
                               l’opera non verrebbe a meno di una parte importante, quando non c’è nulla di inutile
                            » vale per tutti i generi (es: i poemi sono costruiti secondo questo criterio)
» non è detto che vengano sempre rispettate (es: Orestea di Eschilo si svolge in luoghi diversi)
-    La catarsi
» Aristotele vive nel IV sec: il periodo della grande tragedia è finito (Euripide muore alla fine del V sec)
» tenta di spiegare l’uso e l’utilità delle tragedie in modo coerente alla sua etica, basata su un ideale di
   equilibrio, di moralità perfetta in quanto non intaccata da sentimenti, che tendono all’estremo
» lo spettatore, vedendo in scena vicende che suscitano in lui pietà o paura di cui sono oggetti gli attori, nel
   provare questi sentimenti, se ne libera. Le passioni vengono provate per interposta persona
» la tragedia è possibilità di sfogare le passioni per purificarsene » riduzione del significato del teatro

«La tragedia è dunque imitazione di un’azione seria e compiuta, avente grandezza, in un linguaggio adorno in modo specificamente diverso per ciascuna delle parti, di persone che agiscono e non per mezzo di narrazione, la quale per mezzo della compassione e della paura finisce con l’effettuare la purificazione delle cosiddette passioni. Chiamo “linguaggio adorno quello che ha ritmo e armonia, e con “in modo specificamente diverso” intendo che alcune parti sono elaborate solo metricamente e altre anche con il canto. Poiché poi compiono l’imitazione agendo, soprattutto un aspetto della tragedia dovrebbe essere necessariamente l’apparato di spettacolo: poi la creazione musicale e l’elaborazione letteraria, infatti in questo modo compiono l’imitaizione. Chiamo “elaborazione letteraria” la stessa composizione in metrica, “creazione musicale” ciò che ha manifesta tutta l’efficacia. La tragedia poi è manifestazione del compimen-
to di un’azione e vi sono personaggi che agiscono, i quali inevitabilmente hanno certe caratteristiche in base al carattere ed al pensiero (attraverso questi diciamo anche le azioni sono di un certo tipo e da esse consegue che tutti abbiano o no successo); imitazione dell’azione è la storia: infatti chiamo “storia” l’insieme dei fatti; chiamo “caratteri” quelli per cui diciamo che i personaggi sono di un certo tipo; chiamo “pensiero” ciò in cui parlando rivelano qualcosa o manifestano un’opinione. Necessariamente dunque le parti di tutta la tragedia sono sei, in base a cui la tragedia è di un certo tipo: sono la storia, i caratteri, l’elaborazione letteraria, il pensiero, lo spettacolo e la creazione musicale.» (Aristotele, Poetica 1449-50)

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