Pagine

martedì 13 settembre 2016

LUCREZIO - DE RERUM NATURA - libro V: vv.1161-1199


Ora non è così difficile rendere ragione a parole

Di quale causa abbia divulgato per le grandi moltitudini

I numi degli dei/le idee degli dei, e abbia riempito le città di altari,

E abbia fatto iniziare solenni riti sacri,

Riti che ora fioriscono in grandi opere e luoghi,

Donde anche oggi è inculcato il terrore ai mortali

Il quale fa costruire nuovi templi degli dei in tutto il mondo

E costringe a celebrarvi nei giorni di festa,

Infatti senza dubbio già allora gli uomini con animo vigile/spirito desto

Vedevano le sembianze straordinarie degli dei,

E ancora di più mirandoli nel sonno con un accrescimento del corpo.

Dunque attribuivano loro una sensibilità proprio perché

Sembravano muovere gli arti ed emettere voci

Superbe, in proporzione con il loro aspetto straordinario e con le loro forze spropositate.

E assegnavano loro una vita eterna, perché il loro aspetto

Era sempre rinnovato (giovane) e la forma rimaneva uguale,

E poi ritenevano che non potevano assolutamente essere vinti facilmente

da alcuna forza poiché dotati di grandi forze.

E perciò ritenevano che eccellessero per sorte

Perché il timore della morte non tormentava nessuno di loro

E nello stesso modo perché in sogno li vedevano fare molte

e strabilianti cose, e vedevano che nessuna stanchezza li affliggeva.

Inoltre riconoscevano che i movimenti del cielo e i vari

Tempi dell'anno erano mossi ciclicamente da un criterio stabilito,

E non potevano conoscere per quali cause accadesse ciò.

Dunque si erano procurati una soluzione/via d'uscita a questi misteri

Affidando tutto agli dei, facendo che ogni cosa fosse piegata a un cenno degli dei.

E posero in cielo le sedi e i templi degli dei,

Poiché sembra che la notte e la luna si volgano in cielo,

La luna, il giorno e la notte, i severi segni della notte,

Le torce del cielo che vagano nella notte, le fiammelle volanti,

Le nuvole, il sole, le piogge, la neve, i venti, i fulmini, la grandine

I rapidi fremiti e i grandi mormorii minacciosi.

O infelice stirpe degli uomini, quando hai attribuito

Tali fatti agli dei e hai aggiunto ire superbe!

Allora quanti lamenti a se stessa! E quante ferite

A noi, quali lacrime hanno generato per i nostri discendenti!



Versi 1161- motivo dell'origine della religione, è una diversa prospettiva rispetto a Crizia ed Euripide, la causa della fede degli dei ha motivazione gnoseologica fondata, la seconda causa che attribuiva l'esistenza degli dei al controllo dei fenomeni astronomici e atmosferici è assolutamente confutata, non è da attribuire ad un controllo divino dei fenomeni astrologici e metereologici, un errore che va abbattuto. Due cause, una vera che conduce a vera concezione degli dei l'altra fondata su errore. In precedenza ha affrontato natura e propagazione dei 646-651 libro II tutto ciò che ha natura divina deve godere di un tempo senza morte e in un luogo lontano....vallo a vedere. Versi 646 e 651. Quadro nel proemio del III libro quando si parla dei meriti dei Epicuro la concezione liberatrice che introduce presso gli uomini concezione della maestà degli dei nelle sedi serene, gli dei vivono in uno stato perennemente costante. La pace dell'anima non diminuisce mai perenne stato omogeneo di serenità che non viene scalfito dal flusso atomico. V libro 146-145 si parla del mancato interessamento degli dei nelle cose umane non si trovano nei mondi ma tra i mondi. Natura degli dei sottile tenuis. Motivo della tenuità è difficilmente colta dagli uomini che lo posso no cogliere in parte in sonno perché i simulacri che si staccano dagli dei arrivano alla percezione degli uomini con grandissima difficoltà. È ammessa la percezione sensoriale delle immagini degli dei da parte degli uomini. Epicuro diceva che la conoscenza degli dei e qualcosa di evidente.

Insiste sul motivo del senso del sacro che c'è tuttora non dice che c'è momento di agnosticismo e ateismo

→ qualcosa di attuale che spinge a far sorgere nuovi templi, ma più probabilmente si riferisce al proliferare di nuovi

     culti con riferimento ai culti stranieri che in questo periodo avevano successo a Roma

  • Culto di Cibele (anche Carmen 63 Catullo)
  • Culto di Iside: si diffonde a Roma già nel I secolo a.C. Il primo tipo nel 43 a.C.
  • Culto di Dioniso-Bacco: ha molto sviluppo sotto Cesare dopo la soppressione dei baccanali



  • Sacra (vv.1164): con a breve → avviene col nesso muta + liquida poi capita la stessa → a Lucrezio piace giocare su questo diverso trattamento sillabico delle parole (vedi: Sebastiano Timpanaro online)

epanalessi di sacra

  • Rebus (vv.1164): alcuni lo hanno inteso come "in solenni occasioni", altri come riferimento alla civiltà più evoluta della contemporaneità di Lucrezio, che sono in condizione di così progredita civiltà
  • Horror (vv.1165): indica la superstizione



Dedica molto spazio alle cause della nascita della religione:

  1. Causa 1: versi 1169-1182 (causa vera): si legava alla concezione atomica e gnoseologica della percezione dei simulacri → li uomini percepivano gli dei da svegli e ancor più nel sonno
  2. Causa 2: versi 1183-1193 (causa falsa)





Causa 1

  • Tum divom (vv.1169): omoteleuto → di solito in poesia si evita, ma Lucrezio lo usa per insistere sul fatto che queste cose erano percepite già allora
  • Auctu (vv.1171): rimanda ad egregias (vv.1170, "staccarsi dal gregge"), propriamente indica l'accrescimento lo sviluppo, il fenomeno di progressione e sviluppo del corpo. Qui è una straordinaria grandezza e dimensione del corpo perché per gli epicurei le forme erano stabili, la loro eternità è legata alla stabilità della loro compagine atomica, quindi non possono crescere nel corpo. Anche loro sono sottoposti al flusso atomico ma lascia perpetuamente stabile la loro quantità e qualità come un fiume nel flusso rimane sempre uguale pur nel movimento degli elementi, anche una cascata. Auctu indica progresso che in realtà non c'è

gli uomini non vedevano solo immagini statiche ma immagino che si muovevano e parlavano, il loro aspetto

     era meraviglioso: nella concezione popolare giusta gli dei erano antropomorfi e si muovevano e parlavano

→ la loro immagine si rinnovava di atomi e la loro forma rimaneva uguale non diminuivano ne incrementavano

  •  Et tamen = "e inoltre", introduce la seconda motivazione, non significa contrapposizione



Versi 1170-1178: motivo della visione degli dei nel sonno

→ nel sono gli dei sembrano realizzare cose che gli uomini non possono fare, le immagini dei sogni non sono pure fatto

     psicologico ma deriva da cause esterne dunque hanno valore oggettivo, quello che gli uomini vedono fare nel sonno sono vere perché derivano da veli atomici.

Seconda causa credenza degli dei e legato alla contemplazione dell'ordine cosmico e la credenza errata.



Inoltre vedevano che i ritmi del cielo qualcosa che avviene secondo un ordine certo si attribuisce a una ratio, a una causa, si volgevano, ritornavano con l'ordine fisso così come i vari tempi dell'anno.



  • Verti (vv.1184): idea dei movimento regolare dei corpi celesti → come le stagioni dell'anno che ritornano in maniera fissa, in tempi stabiliti secondo una ratio

→ capivano che c'era una ratio ma non sapevano attribuirlo a una causa scientifica

la causa di questi movimenti celesti sono da attribuire in realtà alla scienza

  • Perfugium (vv.1186): hanno come rifugio per se quello di affidare tutto agli dei, il perfugium è la scappatoia intellettuale, perché non sapendo la causa si nascondono dietro a credenza religiosa: Lucrezio rileva che spesso una insicurezza, una incertezza porta gli uomini a ripararsi dietro a ragione errata

→ si rifugiavano nella concezione degli dei come spiegazione  dei fenomeni.

  • Nutu (vv.1187): termine religioso, indica l'assenso del dio, l'approvazione di una attività umana o di un'altra attività divina → i fenomeni naturali vengono ricondotti alla approvazione e quindi alla volontà degli dei





Causa 2: legata ai fenomeni naturali (astronomici e sismici)

la regolarità dei fenomeni astronomici era attribuita ad una pronoia



Lo studio delle origini delle religioni prima di Epicuro era stata studiata da Democrito

→ è una testimonianza con sigla A75

→ indagò lo sviluppo della concezione dell'esistenza degli dei negli uomini primitivi che attribuivano agli dei

     l'avvenimento di terremoti ecc → è probabile che Lucrezio avesse presente Democrito in questo passo



  • Templa (vv.1187): non sono i templi degli dei ma è spazio celeste, termine derivato dal linguaggio augurale da temno "tagliare" → dove volo degli uccelli era contemplato quindi c'è un'endiade
  • Versi 1190-1191: epanalessi con chiasmo di luna e nox

→ Lambinus pensava che in luogo di nox si dovesse mettere sol, sottolineando così l'importanza del sole che poi

     è presa nel verso successivo → ma qui l'attenzione di Lucrezio è rivolta alla notte in cui chiaramente la paura

     aumenta: i movimenti degli astri incutono terrore più dei movimenti del sole di giorno

Lachman: propone lux

→ tutte queste proposte sono state scartate: in questo passo continua a riprendere nox anche nei composti

  • Signa severa (vv.1191): sefinizione come severi severa silenti noctis nel libro IV

la vista delle stelle quasi evoca l'idea di severità, austerità e soggezione dell'uomo ignorante davanti a questi

     fenomeni maestosi

  • Dies (vv. 1191): Si è pensato di correggere dies ma in realtà riferimento al sole è necessario è opportuno perché anche movimenti del sole stupivano i primitivi non possiamo cambiarlo solo perché sta parlando della notte.
  • Verso 1191: astri notturni, le stelle definite in maniera pleonastica

composto enniano: nocivagae

flammeque volantes: si riferisce probabilmente alle stelle cadenti o alle meteore, qualcosa di inspiegabile che

    colpiva i primitivi

  • Versi celebrati 1192: molti elementi accostati in una carrellata che rende l'idea del l'intensità di questi fenomeni come nel loro complesso costituiscono una fonte di terrore per i primitivi
  • Rapidi fremitus (vv. 1193): ultimo verso dedicato ai terremoti, si è pensato anche che qui ci si riferisse ai tuoni e la grandine, che si legasse al tuono che particolarmente spaventava gli uomini primitivi

→ vv.1236-1240: si parla tra le cause della credenza religiosa viene addotta come ulta la paura davanti ai

     terremoti, minacce alle città di crollare



Versi 1194-1199: dopo questa elencazione di fenomeni atmosferici c'è un intervento commiserativo del poeta per questi uomini che davanti ai fenomeni hanno pensato agli dei

→ così gli uomini sono diventati tristi: vivono nel terrore dell'azione divina che ammorbava le coscienze umane

→ questo rivolgersi all'umanità commiserandola ha un che di epico empedocleo

  • frammento di Empedocle (καθαρμοι 124 B raccolta di Scranz): "ahimè me o infelice genere degli uomini da quali contese e da quali lamenti siete stati generati"
  • Lucrezio: "o felicità degli uomini e attribuire questi fatti all'ira divina" → è diversa da Empedocle

→ è un trauma per uomini di tutte le età: passato presente e futuro

tono alto: uso dell'anafora, (nobis-nostri) segna infelicità dell'umanità (è un male comune di tutte le popolazioni)



Commento di Carlo Giussani: c'è una disordine nel presentare gli argomenti

→ c'è commiserazione dell'umanità per l'errata attribuzione agli dei della spiegazione dei fenomeni

→ poi si parla della pietas, quella vera, data da una contemplazione serena dei fenomeni naturali e quindi degli dei

→ poi dal 1204: quando vediamo fenomeni atmosferici ci sembra che tutto sia gestito dagli dei: il nam ritorna alle

     cause delle credenze divine dopo aver parlato della vera pietas dice che è qualcosa di naturale attribuire agli dei

Spesso Lucrezio sottintende le cose: qui sottintende che è molto difficile avere questa pietas, perché l'uomo naturalmente è portato a ricollegare i fenomeni atmosferici agli dei

Qualcuno propone di espungere da nec a tueri (Giussani la considera interpolata)

→ in realtà sono versi autenticamente lucreziani, c'è incongruità nel passaggio logico ma sottintendendo il concetto

     che vi ho detto tutto procede

LUCREZIO - DE RERUM NATURA - Libro V: vv.1091-1160


Affinché tu fra queste cose non ti chieda per caso, restando muto, ciò

Il fulmine portò giù in terra il fuoco agli uomini

Per prima cosa, poi/ da lì proviene l'ardore di ciascuna fiamma.

Vediamo infatti che molte cose incastonate nei fuochi celesti

Risplendono, dopo che il colpo del cielo donò loro il calore.

E tuttavia quando un albero, vacillando, agita i rami scossi dal vento

Urtando i rami di un altro albero,

Il fuoco erompe spinto fuori da forze potenti.

E talvolta balena la fervida scintilla della fiamma,

Quando tra di loro si sfregano vicendevolmente rami e tronchi.

Entrambe le cose possono aver dato il fuoco agli uomini.

Poi il sole gli insegnò a cuocere ed ammollire il cibo con il calore

Della fiamma, dal momento che ne vedevano molti maturare

Alla sferza dei raggi e molti vinti dal caldo per i campi.

E di giorno in giorno sempre di più quelli che eccellevano in ingegno

Ed erano forti di cuore apprendevano che il modo di mangiare e

di vivere precedente cambiava con le nuove scoperte e col fuoco.



E gli stessi capi cominciarono a fondare città e

A porvi una rocca come presidio e rifugio,

E divisero greggi e campi, e li distribuirono

In base all'aspetto, alle forze e all'ingegno di ciascuno;

Infatti l'aspetto valeva molto e le forze facevano eccellere.

Poi fu inventata la proprietà privata, fu scoperto l'oro,

Che facilmente tolse il prestigio/onore sia ai forti sia ai belli;

Infatti sia i più forti sia quelli dotati di un bel corpo per lo più

Seguono il modo di vivere del più ricco, qualunque esso sia.

Cosa che se uno conducesse la vita con la vera saggezza

Le grandi ricchezze per un uomo sono il vivere modestamente

Con animo equilibrato/moderato; infatti il poco non manca mai.

Ma gli uomini vollero essere famosi e potenti,

Affinché la fortuna rimanesse su un fondamento stabile

E affinché potessero trascorrere una vita serena nel lusso,

Invano, poiché combattendo per raggiungere il sommo onore

Hanno reso infesta la strada della via/il percorso per raggiungerlo,

E tuttavia dalla cima, quasi come un fulmine, l'invidia li, dopo averli colpiti,

Li scaraventa talvolta nel nero Tartaro con disprezzo;

Poiché l'invidia, e così il fulmine, bruciano le cime

Per lo più, e qualunque cosa sia più in alto di altre;

Cosicché l'obbedire quieto è ormai molto meglio

Che voler reggere le cose col potere e possedere regni.

Dunque sudino pure sangue spossati senza guadagno

Affaticandosi per lo stretto sentiero dell'ambizione;

Dal momento che sono imboccati dagli altri, e apprendono

Le cose da ciò che sentono dire piuttosto che dalla loro stessa esperienza,

E questo non accade ora più di quanto non accadeva ieri ed in futuro sarà come è stato prima.



Dunque, uccisi i re, giacevano abbattuti il potere precedente

E gli scettri superbi dei troni, e la famosa insegna del sommo potere, insanguinata,

Piangeva il suo grande onore sotto i piedi del volgo;

Infatti il prima troppo temuto viene schiacciato con soddisfazione.

Così lo Stato si convertiva in grande marmaglia e confusione/folla,

Quando ciascuno cercava il potere ed il primato per sé.

Quindi alcuni proposero di creare una magistratura

E fissarono il diritto affinché potessero usare le leggi.

Infatti il genere umano, stanco di sopravvivere con la forza

Si indeboliva per le inimicizie; per cui esso stesso

Si sottopose sempre più alle leggi e alle prescrizioni dettagliate.

Infatti ciascuno si preparava a vendicarsi sempre più incrudelito

dall'ira, più di quanto ora sia concesso dalle leggi eque,

Per la qual cosa gli uomini si annoiarono di vivere con la forza

Dunque il timore delle pene offusca le gioie della vita.

Infatti la forza e l'ingiustizia indeboliscono chiunque

E, da dove è sorta, si ritorce contro di lui,

E non è facile trascorrere una vita serena e tranquilla

Per colui che viola con le malfatte i patti comuni di pace.

Infatti anche se inganna il genere degli dei e degli uomini,

Tuttavia deve sempre temere che questa cosa sarà scoperta;

Dal momento che quando molti parlando spesso nel sonno

O delirando per la malattia si dice che abbiano svelato

E abbiano reso noto a tutti i delitti nascosti a lungo.



Versi 1091- : itinerario del progresso: sviluppo delle acquisizioni della civiltà umana (si concentra su singoli momenti)

  1. scoperta del fuoco
  2. da cui deriva il potere
  3. Prime città
  4. Sviluppo della proprietà privata



Giussani (filologo): traspone questa sezione precedentemente quando si parla (vv. 1011) della scoperta del fuoco

     dei vestiti e della casa delle prime relazioni matrimoniali e sociali, perché aveva dato per scontata la scoperta del

     fuoco → in realtà quasi tutti gli editori la lasciano in questo punto perché elenca tutte le scoperte



versi : ritorna sulle singole scoperte e gli effetti che hanno avuto. La causa poi la tecnica della cottura del C Ivo e l'arte culinaria e visto come momento importante per lo sviluppo della civilizzazione e momento dello sviluppo della cultura del cibo è qualcosa di visto anche in Ippocrate negli scritti medici dice che ride possibile lo sviluppo della salut dell'uomo i primitivi vengono visti come non sani, non cucinavano bene e quindi non lo digerivano.

Anche omero IX libro Ciclopi non cuociono carni ma le mangiano crude, non vivono in comunità e quindi sono i civilizzati non hanno sviluppato la cottura delle carni quindi sono ancora ad uno stato ferino. Tutta attenzione alle cause della scoperta del fuoco, non si sofferma sull'arte culinaria. Sviluppo società umana e concetto beni diritti e proprietà.



Scoperta del fuoco non è legata al mito di Prometeo

Fuoco viene dato dagli dei per ovviare all'indebolimento umano e alle asperità climatiche: impervie a cui la razza umana si trova costretta ad affrontare

→ in Lucrezio: non c'è la temperanza climatica, non c'è l'abbondanza di beni che la terra da spontaneamente

→ tra glia litri doni fatti dagli dei c'è la scoperta del fuoco: qui non si riferisce ne al dono di prometeo ne alla scoperta

     di un singolo uomo particolarmente dotato e intelligente, ma la scoperta del fuoco è legata ai fulmini, agli incendi

     derivati dai fulmini → l'uomo si rende conto che dagli alberi incendiati si può mantenere il fuoco, le ceneri, oppure

     dagli strofinamenti degli alberi e dai rami degli alberi sbattuti dalla forza dei venti può scaturire scintille

→ non si parla di pietra focaia e tecniche più evolute ma vede la nascita del fuoco legata al legno

→ anche al vv. 797 del I libro contesta la teoria di Anassagora per cui in ogni sostanza ci sono tracce di altre sostanze:

Lucrezio qui rilevava come spesso negli alti alberi le cime si sfreghino tra di loro, da cui l'idea della fiamma che deriva dallo sfregamento degli alberi sulle cime dei monti → esempio addotto per negare teoria che ci sia fuoco nascosto nelle particelle del legno, afferma invece che esistono dei principi di calore, atomi del caldo che per l'attrito si uniscono e creano l'incendio nelle selve

→ accenna alle cause ai fenomeni naturali che hanno stimolato gli uomini a produrre fuoco ma non si sofferma alle

     modalità con cui si è sviluppato questo possesso del fuoco





  • Verso 1091: formula con cui Lucrezio vuole anticipare dubbio del lettore → la domanda non c'entra nulla con ciò che precede può essere che sia caduto qualcosa oltre a pensare a uno spostamento di questi versi

→ perché il lettore a questo punto si dovrebbe chiedere il perché della nascita del fuoco? Di questi scarti ne

     troviamo in Lucrezio: per passaggio a concezione cronologica sviluppo civiltà a visione sincronica della

     considerai zone delle singole arti e scoperte

  • Primitus avverbio non frequentissimo nella poesia Latina. Da lì poi l'uomo imparò a trasportarlo e a tenerlo acceso che si era divampato spontaneamente. Esempio delle molte cose.
  • Fulgere (vv.1095): non fulgère ma fùlgere → lo mette della III coniugazione
  • Insita (vv.1094): è correzione su oblongus e quadratus di inclita

Ha inseminato con atomi del calore le cose colpite dal fulmine, ma idea del colpo del cielo fa pensare a incita alla incita alla violenza del cielo.

Lachman: propone inlita ma lo rifiutiamo per stare più attinenti al testo

  • Donavit (vv.1095): verbo costruito con l'ablativo della cosa che si dona (dono aliqui aliqua re)
  • Et tamen (vv.1096): introduce spiegazione affermativa
  • Aestuat (vv.1097): Lucrezio gioca sulla polisemia del verbo, "agitarsi" / "avvampare" → accenna così al fatto che il movimento violento degli alberi porta al calore e al fuoco
  • Arbor (vv.1097): connesso foneticamente con ardor (vv.1099) che unisce
  • Extritus (vv.1098): dal verbo extrito = "far uscire strofinando"
  • Mutua (vv. 1100): neutro plurale avverbiale ritorna sulla stessa idea enfaticamente in maniera pleonastica.



Versi 1102-1107: "ammollimento"/cottura dei cibi visto come fatto fondamentale per lo sviluppo della civiltà

→ è servita a dare salute all'uomo: la cottura rinvigorisce il corpo dell'uomo

→ si sofferma sulla modalità della cottura del cibo e delle tecniche

→ allude all'apprendimento dell'uomo dalla natura, lo sperimentalismo dell'uomo deriva dall'osservazione attenta dei

     fenomeni naturali



Versi 1108-1112  si sofferma sullo sviluppo della società grazie a degli uomini superiori in ingenio […] et corde

Non si parlava di uomini più saggi che spingono ad unirsi e spingono ad essere giusti. Contrapposizione epistola 90 di Seneca qui invece quando si parla delle prime città e della proprietà privata dello sviluppo e del potere politico che siamo ad una fase più avanzata rispetto alle prime comunità ma è società più sviluppata qui si parla di uomini più forti e più intelligenti



  • Commutare aliquem ali qua re (vv. 1106) = "scambiare la cosa vecchia per una cosa nuova" (non è ablativo di mezzo) → il passaggio ad un nuovo modo di vivere è dato da un nuovo modo di cibarsi legato al fuoco. Vengono introdotti questi uomini più forti.
  • Ingenio […] et corde (vv.1107): la superiorità di un uomo si misura in intelligenza e cuore: uomini più intelligenti che sviluppano la civiltà umana



Versi 1108-1116: evoluzione della città condotta da reges, uomini più forti degli altri

è stato influenzato da Posidonio? Sembra una contraddizione presentare il concetto sociale della monarchia, di re

     che iniziano a fondare città e fortezze con distinzione tra urbs e ars dove i re si proteggono dalle insurrezioni e

     mantengono e dirigono potere, quando prima ha speso tanti versi a demolire l'idea di un unico uomo che

     insegnasse il linguaggio → perché qui dovrebbe essere diverso?

→ più che Posidonio ha qui in mente lo sviluppo storico della società romana: prima monarchia poi la repubblica → i re

     portano alla fondazione di città (come è stato per Roma con l'epoca dei sette re), e hanno sviluppato città con arx

     che possano difendere gli interessi dello stesso re e a proteggerlo

città come sede della monarchia: all'interno c'è arx che funge da presidium difesa e rifugio per loro stessi dalle

     incursioni degli animali feroci e altri uomini, ma le arx sono a vantaggio solamente dei re: lo fanno per il loro

     potere perché nel caso di insurrezioni loro si possono difendere nelle rocche, per difendersi dal

→ in Seneca:  i re sono saggi e lo fanno a tutela degli altri uomini per difendere i più deboli il re saggio vuole fare il

     bene e venire incontro alle necessità di tutti e riunire gli uomini in un contesto urbano



Versi 1113-1116: istituzione della proprietà privata che divide gli uomini fra ricchi e poveri

vengono privilegiati distribuzione di beni immobili e mobili gli uomini più forti e più intelligenti che possono aiutare i

     re nel dominio politico: c'è un oligarchia fondata sulla proprietà

→ anche qui pensa alla situazione storica e sociale della Roma non solo arcaica ma anche sociale perciò il patrimonio si

     tramandavano nelle generazioni le distinzioni sociali

→ concetto di proprietà legata anche all'oro



  • Pro facie (vv.1111): motivo della bellezza fisica oltre all'intelligenza e forza → ha una sua importanza sociale che più avanti dice che nel suo tempo non c'è più questa cosa c'è solo il potere. Prima contava anche la prestanza fisica aspetto sano del corpo. Concetto abbastanza particolare

→ si è voluto vedere un rapporto è riferimento con Pomponio Mela che parlava degli etiopi che sceglievano il

     loro governante in base alla bellezza fisica: Lucrezio può esser stato condizionato da resoconti etnografici di

     popoli primitivi e accoglie di attribuire loro criteri di valorizzazione ormai perduti nella concezione romana

  • Vv 1115: ha in mente situazione a lui contemporanea, la mentalità comune per cui è solo la ricchezza che conta

idea del cliens che non ha nessuna iniziativa personale e segue le scelte indica anche il partito la scelta

     politica di chi è più forte

Divitioris all'inizio di verso segnato come elemento fondamentale

  • Ratione (vv.1117):  è la vera dottrina filosofica, la vera filosofia
  • Vivere parce aequo animo (vv.1117-8): vivere con misura porta necessariamente ad un animo equilibrato che sa bene quali sono i valori e non si fa prendere da false opinioni

motivo della aequa mens: è un motivo che Orazio svilupperà molto in riferimento anche alla lirica arcaica e

     all'elegia archilochea. Non abbattersi troppo negli insuccessi e tenere una mente distaccata da quelle che

     sono le cose esterne, non farsi prendere da un orgoglio motivato e non deprimersi troppo quando le cose ci

     vanno male → Orazio lo dice per i motivi esterni, qui invece levus animus è un animo che non si fa prendere

     dalle passioni prive di fondamento come l'avarizia e ambizione politica, prendere le distanze, questa è la vera

     ricchezza per l'uomo: vivere in maniera parca, infatti non c'è mia mancanza del poco

la ricchezza naturale ha dei confini ben certi ed è facilmente procurabile (ευπόριστος), mentre invece la

     ricchezza delle vane opinioni finisce all'infinito άπειρον

→ mescola i motivi della potenza politica e ricchezza: l'omo vuole diventare ricco e potente perché pensa che

     con questa potenza e fama la fortuna poggi su uno stabile fondamento, cioè pensano di essere protetti dalla

     debolezza e dalla morte, e grazie alla ricchezza potessero condurre una vita senza preoccupazioni

  • Verso 1120: la settima delle massime capitali = alcuni vollero diventare famosi e ammirati pensando che si sarebbero reputerà ti sicurezza da parte degli uomini così che se è sicura la vita di tali uomini hanno ottenuto il bene naturale, se invece non è sicura la vita che hanno non hanno ottenuto ciò che fin dall'inizio hanno aspirato → è ironico perché sa che la fama è soggetta alla doxe degli altri se è famoso dipende dalla fama che ha presso

     gli altri (in Epicuro: ἀσφάλεια): l'uomo cerca la ricchezza per l'angoscia della morte

→ per alcuni è indicativo di un'ansia esistenziale di Lucrezio e dei suoi contemporanei: motivo dell'ansietà del

     ricco che è una forma di paura della morte mascherata, il cercare posti diversi e amicizie diverse

→ anche Orazio riprenderà questo motivo

  • Nequiquam (vv.1123): a inizio di verso si contrappone bruscamente al placidam

motivo dell'invidia e dell'ostilità degli altri: li colpisce una volta che sono arrivati in cima

paragone col fulmine: l'invidia è come un fulmine che colpisce più facilmente ciò che sta in posizione elevata,

     così essa fa cadere e sprofondare il ricco/famoso facendolo cadere nel Tartaro → chi è più in alto e più

     esposto ai colpi della fortuna e all'ostilità generale

→ motivo che si trova frequentemente anche in Orazio: ode 35 dedicata alla fortuna più esposto alle lusinghe

     del potere è un motivo che viene sviluppato in maniera retorica da Lucrezio

  • Contemptiim (vv.1126): termine arcaico, si trova in Nevio per la prima volta → li fa cadere nel disprezzo generale
  • Tartara taetra (vv.1126): allitterazione e paranomasia → non pensa che esista davvero, ma usa nome mitologico
  • Invidia (vv.1126-7): ripetuto in anafora in posizione forte, la prima è nominativo il secondo è ablativo
  • Ceu (vv.1127): congiunzione arcaica si trova in Ennio e lo troviamo rarissimamente in Virgilio quando richiama ad Ennio, variante rispetto al quasi di prima → termine abbastanza prosastico
  • Satius Lucrezio lo usa spesso al posto di melius
  • I versi 1131-1332 sono stati collocati dopo il 1126 da Munro Manro, che ha fatto ottimi interventi congetturali



Conclusione: è meglio essere assoggettati ma essere liberi dall'ambizione politica, è meglio essere quieti piuttosto che governare ma stare inquieti → è il motivo di Epicuro del "vivi nascosto", vivi appartato, assecondando le leggi, e lascia dunque che gli altri si stanchino inutilmente



  • Incassum (vv.1131): lo abbiamo già trovato = a vuoto
  • Sanguine sudent (vv.1131): immagine enniana molto forte → troviamo sudant sanguine nel caso della guerra di Troia, usata metaforicamente per lo sforzo politico che è legato anche all'esercizio della violenza
  • Verso 1134: pensano in base alla bocca altrui idea di adeguarsi alla logica del gruppo e perdere autonomia spirituale → riecheggia Papulio (tragico arcaico): ragionano in base alle passioni altrui piuttosto che in base alle proprie
  • Saggezza vista come qualcosa di legato all'abilita oratoria, alla parola: dai concetti generali si fa la sapienza

→ questa vuota ambizione degli uomini che basano la loro saggezza su quello che dicono gli altri c'è adesso ma

     c'è stato già nel passato, dunque ci sarà anche nel futuro: l'uomo sarà sempre soggetto a questa vanità di

     giudiziouna gnome sconsolata: si sarà sempre così stolti, una triste considerazione di Lucrezio





Versi 116-119: motivo delle edilizie e ricchezze che hanno traviato il valore degli uomini

Lucrezio si dà ad uno dei suoi attacchi violenti contro uno dei valori che l'umanità ha introdotto nella civiltà:

  • Filoplutìa: amore per la ricchezza
  • Filoduxìa: che è amore del potere politico

Cose prive di consistenza che fanno solo male all'uomo: avidità e ambizione politica estremamente dannose portano all'uomo ad un affanno enorme, dannose

Interpretazione allegorica del mito di Sisifo: allegoria dell'uomo politico, dell'uomo che persegue ambizione politica

→ arriva alla culmine della sua carriera poi rotola giù e deve ricominciare da capo

→ la politica preclude ogni amicizia: amicizia utilitaria e/o competitiva → per gli epicurei invece è un bene primario



Attacco retorico poetico di questa civiltà: non è qualcosa che è visto che si è generato da poco questo motivo della ricchezza come valore dominante

Sallustio: la decadenza di repubblica come eccessivo denaro viene collegata alla metà del II secolo a.C., da questo

     momento non c'è più un pericolo esterno significativo da questo momento questa ricchezza portò alla corruzione

     della politica perché legata al denaro. Lucrezio invece attribuisce decadenza dei valori ad un tempo molto più

     antico, già alla monarchia romana di affermò valore delle divitiae corruzione dell'uomo antichissima



Conclusione di Lucrezio: la più grande ricchezza è accontentarsi di  poco perché il poco non manca mai (vv.1129)

→ l'uomo non deve fare grossi sforzi per soddisfare desideri naturali necessari e guardare con distacco quelli che

     vogliono essere potenti pensando con questa potenza di dare una base stabile sicura alla loro vita



Seconda parte del III libro lotta per attaccamento alla vita qui rimanda, pochi versi ma poi ritorna alla considerazione dello sviluppo storico. Civilizzazione coincide con corpo giuridico, lo sviluppo sono le leggi per Cicerone, qua ci sono anche aspetti negativi perché la legge crea la paura nel l'uomo è pratica la giustizia per la paura della punizione vista come qualcosa che opprime non solo i colpevoli ma tutta la società



Versi 1136-1142: fase di anarchia che segue la fase monarchica

→ una volta destituiti re non essendoci leggi essendosi esasperata l'ambizione politica e avidità di denaro si crea una

     situazione di anarchia violenta, pericolosa



  • Maiestas (vv.1137): nome astratto troni concreto accostamento belo. I simboli della regalità sono troni scettro e poi corone vengono ad essere rovesciati, giacciono a terra calpestati, idea della fortuna e del l'invidia che fa precipitare ciò che è molto alto in basso e rovescia nell'ode 35 del primo libro
  • Sceptra superba (vv.1137): riferimento chiaro a Tarquinio superbo e istituzione repubblica
  • Corona indicata con perifrasi insigne...

Sumo capiti e la sommità del capo.

  • Cruentum (vv.1138): valore predicativo

Non piangeva loro e di prima, ma piangeva di essere stato così importante perché aveva causato caduta nella polvere. Deplorava l'eccessivo onore avuto in precedenza. Ciò che infatti è eccessivamente temuto in precedenza viene calpestato con molta voluttà e passione si calpesta avidamente tutto ciò che prima si è temuto molto.

  • Participio metutum (vv.1140): apax assoluto, si trova solo qui in Lucrezio in tutta la letteratura latina

→ concretizza l'idea del timore per la regalità, oggetto di paura che spinge ad un timore immotivato: la

     situazione precipita nel disordine

  • Faecem (vv.1141): fex indica "impurità", il deposito del vino originariamente

→ in Cicerone può indicare la "feccia" intesa come gli strati più bassi della società, gli strati più difficili da

     controllarsi in quanto soggetti agli istinti e passioni più turpi

qua non indica ribellione del popolino: certo il popolo si ribella ma non c'è il dominio del popolo che comanda

     ma si crea una situazione di somma impurità, di disordine morale e anche fisico: tumulti, caos

  • Summatum (vv.1142): apax legomenon, sempre in relazione a quella "summa" carica politica di prima

→ declinato come IV declinazione, come anche metutum di prima



Ognuno cerca di aspirare al potere quindi situazione di anarchia generale insopportabile fondata sulla vendetta personale → si esce grazie all'istituzione le cariche repubblicane e alla divisione dei diritti

→ insiste sul motivo della vendetta privata che vige in questo momento di anarchia: esercitare la violenza determina

     violenza dall'altra parte, in una catena che non finisce più

→ poi uomini ne hanno disgusto di questa catena e quindi creano il diritto: le leggi posero fine alla catena di vendette

     e faide private, ma introdussero il timore delle leggi motivo su cui insiste Epicuro (34 sentenza capitale)

la giustizia non è un male di per sé, ma è un male nel suo timore: l'uomo vive nel sospetto di finire prima o poi  in

     mano a gli esecutori delle pene, coloro che sono stati preposti come punitori di tali ingiustizi

→ si crea in lui uno stato di ansima permanente e se anche sfugge per anni e anni agli esecutori della giustizia pensa

    fino alla fine dei suoi giorni che prima o poi incorrerà nella giusta pena

Filodemo: parla anche di qualcosa di collegato a questo timore, parla di una pena dell'al d ià (non come Epicuro)

    che per lui non esiste → diceva che il colpevole oltre ad avere la paura di essere scoperto ha anche paura che gli dei

    nell'al di là lo punissero per i suoi misfatti l'uomo comune può essere angosciato da una pena eterna dei suoi

    misfatti in base alla concezione popolare e tradizionale dell'al di là



  • Partim (vv.1143): usato con valore di sostantivo indefinito
  • Colere (vv.1145): ha il valore di agere che è un valore che ha spesso in Lucrezio; colere vitam si trova spesso  anche in Virgilio. Portava ad un indebolimento della compagine sociale
  • Scelta di cecidit (vv.1147) "cadere": una nuova illusione e prigionia, spontaneamente l'umanità vittima di una cosa che crea lei stessa, la stringe con lacci

→ ai versi 20-26 dello stesso libro: si parlava della necessità per i primi uomini di riunirsi in società per difendere

     i più deboli tutti bene o male si assoggettarono ai foedera, non si parlava di leges

  • Sarà dominante in questa fase il metra denaru la paura della legge inquina la piacevolezza della vita. Da allora la paura delle pene previste dalle leggi macchia i premi della vita.
  • Verso 1152: verso esiodeoun uomo che fa male a un altro uomo fa male a se stesso, chi fa violenza sarà sottoposto a violenza → ma in Esiodo c'è la concezione religiosa di una Dike collegata a Zeus, mentre qui in Lucrezio c'è l'idea della giustizia per nulla religiosa che fa rispettare i vincoli all'uomo con durezza e violenza
  • Verso 1156: accenno al timore divino ma non sviluppato; timore delle leggi che si insinua in un contesto sociale. I timori delle leggi macchia i premia (le gioie) della vita

è un timore che si diffonde nella società non solo nei colpevoli è qualcosa che riguarda anche gli innocenti

    che però hanno paura della punizione della legge

  • Protraxe (vv.1159): Infinito perfetto forma sincopata  protraxisse

Verso monco



Chi commette una colpa sarà per sempre tormentato dalla paura non dal rimorso:

Chi ha commesso una colpa ha sempre paura che questa colpa venga fuori prima o poi, anche se sfugge agli dei: è strano questo passaggio perché gli dei non si curano dei meriti e delle colpe degli uomini, non intervengono, non rivelano nessun rapporto e tanto meno non intervengono per punire le colpe; mai nella prospettiva epicurea gli dei verranno a conoscenza delle colpe di qualcuno e le puniranno.

Ma qui Lucrezio ci presenta la prospettiva del colpevole che pensa di poter sfuggire alla conoscenza divina e umana, ma sotto sotto è sempre tormentato dalla paura di essere scoperto, più che il senso di colpa: il colpevole è dilaniato non dal senso di colpa ma dalla paura, una paura che cessa solo al momento della morte

→ in Epicuro si parla di φόβος: non ha mai la sicurezza che la sua colpa sarà nascosta



Qual è il fondamento della giustizia umana?

Qui è adombrata una polemica molto antica rispetto al tempo in cui Lucrezio è vissuto: se la giustizia degli uomini è dovuta a paura degli dei o paura delle leggi: frammento del Sisifo di Crizia

  • Sappiamo che per opera della seconda sofistica nella seconda metà V secolo a.C. ad Atene fu molto dibattuto questo concetto ad opera di grandi filosofi e poeti
  • Il Sisifo è un dramma satiresco che fu rappresentato ad Atene, generalmente attribuito a Crizia

→ ce lo tramanda Sesto Empirico (uno dei più importanti filosofi scettici greci) per vedere quanto il timore delle

     leggi e degli dei hanno influito sullo sviluppo della civiltà umana, e lo attribuisce a Crizia

→ altri filologi lo attribuiscono ad Euripide, ma rientra nel contesto culturale nella sofistica di un tempo: perché

     la religione e filosofia sono entrati n Lola storia dell'umanità → è molto più probabile che sia di Crizia

(Raccolta frammenti tragici greci Bruno  fr 19 autore 43 (Crizia) Tragicorum et grecorum fragmenta



  • In esso tratta la dissoluzione delle credenze tradizionali, tra cui il diritto positivo, la politica e la religione: una critica di ciò che i Greci raggruppavano sotto il concetto di nomos. Il termine "nomos" assume in greco tutta una serie di aspetti che trascendono la traduzione italiana di "diritto" o "norma". Il suo valore, oltre ad essere descrittivo (nel nomos rientrano infatti tutte le istituzioni umane, sia quelle politiche, sia quelle sociali, sia quelle religiose) è anche e forse soprattutto regolativo (ovvero quali siano i modi migliori per governare, quali siano gli scopi e le funzioni delle cariche sociali e così via)

  • L'originalità di Crizia, per quanto riguarda il lungo frammento del Sisifo (che potrebbe anche essere ricondotto a Euripide), sta nella tesi che vede nell’invenzione degli dei il fondamento per la nascita della civiltà
    • La vita degli uomini primitivi è ferina, disordinata, inizialmente basata sulla legge del più forte
    • In un secondo tempo vennero stabilite le leggi da parte degli uomini
    • La legge diventa turannos e la ubris venne schiacciata: viene punito chiunque sbagliasse
    • Successivamente si rendono conto che per avere più controllo della morale civica non bastavano le leggi perché gli uomini ingannavano le leggi allora subentrò un uomo saggio dalla mente forte che pensò di inventarsi gli dei, introdurli nella credenza popolare e creare nei mortali la paura degli dei affinché tutti fossero stati distolti dalla paura della punizione divina dal commettere le colpe, esercitando così un totale controllo morale e sociale. Inventò anche la dimora degli dei, da cui ascoltano non solo i discorsi ma anche i pensieri nascosti degli uomini, da dove possono colpire dall'alto i colpevoli, in una posizione privilegiata celeste: concezione atea fatta per il controllo politico sociale. L'uomo che inventa gli dei viene in un secondo tempo rispetto alla istituzione delle leggi



Noi sappiamo che Epicuro combatté l'ateismo con molta forza → nel 12 libro del Περί φύσεως attacca le teorie non solo di Crizia ma anche di Prodico e di Diagora, e sostiene che gli dei esistono anche se non puniscono gli uomini

 accuse all'epicureismo: sia a Epicuro sia a tutta la filosofia viene rinfacciata da parte di tutti gli avversari, non solo

      filosofici ma anche politici, il fatto di aver soppresso timore degli dei e di aver quindi fomentato l'immoralità

      pubblica perché viene meno la paura degli dei → la concezione epicurea del non intervento degli dei nelle cose

      umane veniva attaccata anche perché indeboliva la moralità pubblica

risposta di Epicuro e della scuola epicurea: obiettarono che l'uomo se ha una paura nell'aldilà però di fatto nono

     viene distolto dall'amore morale dalla paura dell'intervento divino. L'uomo anche i più devoti e timorosi non si

     fanno distogliere dalla paura degli dei.



Frammento di Diogene di Enoanda scoperto solo alla fine secolo 1997 pubblicato nel 2003 nel supplemento a Diogene di Enoanda curata da Martin Smith → era già stato trovato ora completato in questa progressiva di questa epigrafe, un lungo frammento  (Supplement of diogene of ienoandri)

affronta la questione non in maniera tecnica come lettera Epicuro ma in maniera descrittiva, per attrarre la gente

→ prende in considerazione due categorie:

  1. Persone sagge (filosofi epicurei)

Il saggio si comporta bene spontaneamente: non è giusto per la costrizione o la paura degli dei ma per la ragione, per le opinioni che hanno nei confronti di alcune realtà, soprattutto nei confronti della sofferenza e della morte → gli esseri umani compiono ingiustizie o a causa della paura o a causa dei piaceri, mentre il saggio non ha paura e persegue piaceri naturali e necessari quindi grazie alla sua intelligenza e conoscenza della realtà non compie mai ingiustizia

  1. χυδαίοι = persone comuni che non si occupano di filosofia

Le persone comuni profane ritengono di esser giuste a causa delle leggi e delle pene, ma se vi sono alcuni coscienziosi a causa degli dei e non delle leggi questi sono pochi, in un popolo ce ne saranno due o tre, gli altri non sono neanche tanto convinti che ci sia un dio che punisca

→ ebrei e egiziani sono i più timorosi degli dei quindi sono i più impuri: il fatto che sono devoti non significa che

     siano veramente morali

la paura degli uomini fa vivere gli uomini in uno stato di terrore e non impedisce le azioni immorali

→ Diogene teme gli dei e al tempo stesso ha un atteggiamento strano nei confronti della morale: non pensa che

     l'azione immorale sia immediatamente punita dal dio, dice semplicemente che una superstizione non porta a una

      maggiore moralità (È VERO)



La polemica di Diogene riflette la polemica di Epicuro = laddove si elimina il timore degli dei non significa che si elimina l'immoralità, la vera religiosità è quella in cui uomo ammira il modello degli dei che sono atarattici

i veri giusti sono i saggi epicurei che hanno una giusta concezione del dio e sono spinti a questa



La posizione di Filodemo è più articolata: capisce bene che il malvagio se non è distolto dalla giustizia e dalla paura degli dei (δεισιδαιμονία) non lo distoglie dalla giustizia (pezzo della colonna 77 edizione di Dirk Hobbink 2219-2241) e si vero che il malvagio non è distolto dalla giustizia e paura degli dei e convinto che ci sono pene eterne e quindi lui soffre lui stesso di queste pene

Epicuro dice che il turbamento delle anime umane sta nella credenza che esistano dei eterni e ci sia la vita oltre la

     morte e ci può essere una pena eterna: paura delle pene nell'aldilà è una delle paure che Epicuro vuole combattere

dopo il delitto subentra nella coscienza del malvagio non il rimorso ma il timore di una pena eterna da parte degli

     dei: il timore non lo distoglie a commettere ancora immoralità, è un deterrente che inquina la pace del delinquente



Lucrezio riduce questo dibattito molto articolato: come anche nel linguaggio non aveva preso in considerazione le altre due fasi, anche qui si sofferma solo sulla paura delle leggi

→ non si sofferma su paura degli dei e paura delle leggi quale dii contribuisca a frenare gli uomini e se una delle due ha

     validità a frenare gli uomini e condurli alla moralità

→ contro la concezione servile della religione che non deve essere per paura ma libera adesione razionale del dio