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sabato 3 settembre 2016

LUCREZIO, DE RERUM NATURA - proemio V libro (vv.1-54): traduzione, analisi, commento


Nota filologica:

Lucrezio ha una diffusione limitatissima nel medioevo, fu quasi miracoloso che due manoscritti si conservassero e venissero trascritti in età carolingia dando inizio alla tradizione legata al codice quadratus e conus (IX secolo). La nostra tradizione è fondata su due codici grazie alla scoperta dell'umanista Poggio Bracciolini. C'è sostituzione di versi che nella tradizione manoscritta originale era diversa. Si spiega che a monte questo due codici conus e quadratus i copisti si accorgono che non avevano messo dei versi e li mettono in calice o ai margini quindi il filologo Carl Lachman propose non per primo ma in maniera più compiuta i principi dell'astemmatica = ordinamento dei manoscritti in uno schema



Proemio libro V: vv 1-54



Chi mai dal cuore valoroso può comporre un canto degno

In rapporto all'altezza del soggetto e a questi ritrovati?

O chi è tanto capace nelle parole da poter comporre le lodi

Per i meriti di colui che ci lasciò tali doni ricercati e partoriti dal suo stesso animo?

Nessuno, come credo, che provenga da un corpo mortale.

Infatti, se ci si deve esprimere come la stessa nota maestà delle gesta richiede

Fu certamente un dio, illustre Memmio, un dio

Colui che per primo trovo la norma di vita

Che ora viene chiamata sapienza , e che con la sua arte

Tolse la vita da così grandi flutti e da così grandi tenebre

Collocandola in sì tranquillo stato e in sì splendida luce.

Infatti confronta (questa) con le antiche festa divine degli altri.

Infatti si venera Cerere per aver dato ai mortali le messi

E Bacco il liquido succo della vite;

Ma tuttavia si può continuare a vivere senza queste cose,

Come è noto che anche ora alcune popolazioni  vivono così.

Ma non si può vivere bene senza senza un animo sereno;

Per questo merito tanto più ci sembra che sia un dio

Colui dal quale ancora oggi la dolce consolazione della vita

Diffusa nei grandi  popoli lenisce gli animi.

Invece se riterrai che le opere di Ercole la superano,

A buon ragione sarai molto lontano dal vero

In che modo ora ci può nuocere quel leone

Nemeo dalla grande bocca, e l'ispido cinghiale arcadio?

E poi che cosa può il toro cretese e l'idra,

Peste di Lerna, munita di serpi velenose?

O cosa la forza a tre corpi del triplicato Grione

....

Si gravemente ci nuocerebbero gli uccelli dei boschi stinfalii,

E i traci cavalli di Diomede che presso le plaghe bistonie

E l'Ismaro spirano fuoco dalle narici?

E ugualmente cosa ci farebbe il serpente dall'immane corpo

Negli orti Esperidi terribile custode dei dorati pomi splendenti,

Truce osservatore, avvinghiato sul tronco dell'albero,

Presso la spiaggia d'Atlante e la severità del mare ,

Dove nessuno dei nostri giunge, né barbaro osa appressarsi?

Anche altri mostri di questo genere, che sono stati uccisi,

Anche se non fossero stati vinti, alla fine che male ci farebbero da vivi?

Nessuno, come credo: nello stesso modo anche oggi la terra

Abbonda fino alla sazietà di belve, ed è di nuovo piena di spaventoso terrore

Nei boschi, sui grandi monti e nelle foreste profonde;

Luoghi che noi abbiamo di gran lunga la possibilità di evitare.

Ma se non il nostro animo non è stato purificato, in quali battaglie

pericoli allora noi dobbiamo insinuarci contro voglia!

E allora quante ansie profonde straziano l'uomo tormentato

dalle ghiottonerie/passioni, e ugualmente quanti timori!

Che fa la superbia, l'avidità e l'insolenza? A quante

Violenze danno luogo! Cosa il lusso e la pigrizia?

Dunque colui che ha debellato tutte queste cose e le ha espulse

Dall'animo, non con le armi, ma con le parole, quest'uomo

Forse non bisognerà che sia annoverato nel numero degli dei?

Tanto più perché era solito parlare molto e in maniera divina

Degli stessi dei immortali,

E svelare nei suoi scritti la natura dell'universo.



Versi 1-13: lode di Epicuro e due domande retoriche iniziali: chi ha il potere di scrivere poesia all'altezza di questo argomento? Nessuno ma in realtà Lucrezio stesso lo sta facendo

Chi ha le capacità di scrivere argomenti difficili come questi?

Chi può scrivere un elogio esaustivo per Epicuro, una lode pari alla sua figura

→ precedentemente ne ha già fatti due, ma gli sembra di non glorificare mai abbastanza il maestro

Lucrezio si sente indegno: ritornare tante volte alla lode di Epicuro e perché non gli sembra mai sufficiente la lode e

    ogni volta è come se l'amplificasse



  • Potis est poi diventa possum: è una forma tipicamente arcaica, tutti i commentatori rimandano ad un verso di Ennio: chi è in grado di descrivere completamente lo svolgersi della grande guerra in riferimento alla punica? Lucrezio si ispira come stile al poema enniano epico-storico che è modello per qualsiasi poeta epico latino,
  • Molti arcaismipollens si trova nella prosa classica, aggettivo arcaizzante
  • Pro + ablativo = "in rapporto a ", formula arcaica, dignus regge pro
  • Reperta: sono le verità trovate, è da leggere come endiadi
  • Nella concezione epicurea l'animus era collocato nel petto non nel cervello
  • Isque repertis è una congettura del grande filologo francese del Cinquecento Dionigi Lambinius

→ corregge il manoscritto, che aveva maiestatis atque repertis, che metricamente non va bene e propone

     maiestate hisque repertis → indicherebbe ciò che verrà celebrato cantato successivamente

→ congettura che lascia un po' perplessi: le scoperte sono di quelle di Epicuro relative ai fatti di cui si parlerà Repertis  ritorna anche sotto a proposito delle scoperte fondamentali per l'umanità attribuite agli dei verso 13

Idea del πρώτος ευρετής → ma questa è una scoperta fondamentale perché scoperta della felicità

  • Praemia: Epicuro presentato come vincitore in questa sua ricerca straordinaria ottiene un premio che ha lasciato ai posteriori il successo della sua ricerca e il lascito perenne all'umanità. Nessun mortale sarà in grado di fare questo. Sottolinea la fatica del suo sforzo per cui non si sente mai abbastanza pronto.
  • Deus: Epicuro come dio, benefattore e salvatore dell'umanità, oggetto di un vero e proprio culto legato al genetliaco (data di nascita di Epicuro), culto che si estendeva anche a tutti gli altri mesi → il ventesimo giorno di ogni mese gli epicurei si ritrovavano e banchettavano

→ con la su atarassia imitava l'atarassia degli dei così anche i discepoli che imitavano l'atarassia del maestro

     partecipavano della felicità e beatitudine del maestro

epanalessi del sostantivo deus (ripetizione)

  • Memmi (verso 7): introduce il nome del destinatario subito dopo aver dichiarato la divinità di Epicuro
  • Tantisque tenebris…tam clara luce: motivo della contrapposizione tra luce e tenebre

→ motivo del lumen di Epicuro che disperde le tenebre in cui viveva l'umanità e si lega al motivo della bonaccia

     dopo la tempesta → metafora della tempesta è precedente a Epicuro

→ Epicuro ha dato agli uomini la possibilità di vivere nella pace e tranquillità è un'immagine legata al secondo

     proemio con immagine del saggio che sta tranquillo come un uomo che vede la tempesta dalla terra ferma

Versi 14-21: dimostra come quelle i benefici di quelle divinità che proprio perché benefattori sono venerate siano inutili in confronto al dono che Epicuro ha dato all'uomo: la pace

Versi 22-43: sezione con le fatiche di Ercole destinata a negare il valore di divinità protettrici dai mostri

Versi 29-31: collocati in maniera erronea nel manoscritto

Marullo poeta e filologo protetto da Lorenzo de Medici e compagno-rivale di Angelo Poliziano; muore alla fine del '400 nella battaglia di Cecina. Molte delle sue emendazioni passarono nelle edizioni successive, sono congetture che rivelano un grosso studio di Lucrezio e un'affinità con lui si vede dai versi latini che scrive, affinità poetica tra i due → ha fatto accostare il verso 29 al verso 31

  • Verso 30: lacuna congetturale integrata con uncisque timendae, integrazione con nome degli uccelli della palude di Stinfalo con unghie adunche per sottolineare l'orrore

manca un soggetto di colentes e Munro (edizione commentata di Lucrezio dopo la fondamentale edizione del Lachman) pensa che fosse caduto il verso 28 a dopo c'è un verso perché dovrebbero farci tanto danno gli uccelli che abitavano le acque stagnanti remote d'India. Introduce il concetto di luoghi remoti

  • Herman Dills propone espunzione di trachia come una glossa → pensa che doveva essere interlineo e, come spesso succede, è scivolata nel testo; pensa che ha sostituito la menzione degli uccelli, il termine scalzato sarebbe stata la fine del verso: le vespe

Ma i critici dicono che ci vorrebbe anche un sostantivo

→ il testo di Lucrezio non è ancora fissato in maniera definitiva, in certi casi il testo è ancora aperto

  • Ismaro: ricorda il vino ismarico di Archiloco
  • Anastrofe di propter: la troviamo in tanti punti. Ma anche in altri autori per esempio Tacito che usa un lessico poetico e talvolta arcaizzante
    • Con il valore di "vicino a", deriva da proper
    • Con significato di "a causa di a motivo di"
  • Sottolinea quanto i luoghi siano remoti:
    • Esperidi (vv. 34): luogo remoto, ai confini del mondo occidentale, sottolinea idea, si collocavano in luoghi d'India è un verso che condiziona anche Virgilio
    • Verso 36: neanche i barbari osano arrivare fin lì è un'esagerazione perché si collocava vicino ad Atlante, nella zona del Marocco, nota ai romani non era qualcosa di così remoto come l'India orientale o la Cina, era zona colonizzata dai romani, già battuto dai fenici
  • Aurea-fulgentia; asper servans-acerba tuens: ridondanza di attributi tipica di Lucrezio, c'è un'abbondanza di aggettivi e participi
  • Serpens: participio sostantivato → definito come un essere mostruoso e gigantesco dallo sguardo fiero

→ ripreso da Virgilio (che amava molto Lucrezio) nel IX libro dell'Eneide e nelle Georgiche

  • Pelagi severa = le severità del mare → costrutto arcaico del neutro plurale seguito dal genitivo: anziché dire  "mare severo" dice "le severità del mare", come anche "le profondità del mare"

→ ripreso da Catullo

→ anche il mare è fiero e corrisponde alla natura selvaggia di questo serpente

→ Lucrezio dice che è una fatica che non è servita all'umanità: neanche i barbari ci vanno!

  • Nil, ut opinor: nesso tipicamente lucreziano
  • Ad saziatem anziché satietatis: è una forma tipicamente arcaica si trova già in Plauto, non la troveremo mai né in Virgilio ne Properzio. Pedo, pedinis è una formazione Lucreziana che si trova in diversi passi del de rerum natura e indica l'equivalente esametri o di cupiditates. I pericoli sono legati alle passioni ai forti desideri e timor es legati ai previa e pericula. Ciò che rende la vita dell'uomo un inferno sono queste passioni.
  • Scatit: coniugare scateo non secondo la II coniugazione ma secondo la terza (scato) è tipicamente arcaico
  • Silva: è il bosco selvaggio che sta sulle montagna

→ il lucus è il bosco sacro dedicato al culto di qualche divinità

→ Lucrezio dice che anche se ci fossero questi mostri, ci sono abbastanza fiere selvagge più vicine a noi! Ma 

     abbiamo la possibilità perlopiù di evitarli → le zone non urbanizzate erano sempre pericolose, si potevano

     evitare, ma di fatto questi animali rappresentavano un pericolo per molti abitanti dell'Italia inferiore



Vv. 43: dopo la divagazione sui mostri e le fiere torna ai benefici dati da Epicuro che libera da mostri angoscia e paure le pene dell'oltretomba intervento degli dei e dalle passioni dei piaceri non naturali e non necessari questi sono i veri mostri per cui Epicuro è molto più degno di venerazione rispetto ad altre divinità ritenute benefiche.

Se il nostro petto non è stato purificato da desideri, passioni e timori noi dobbiamo affrontare pericoli molto maggiori dei mostri combattuti da Ercole



  • nobis (vv. 43): va collegato sia al gerundivo sia indica il luogo dove far entrare, ha una doppia funzione sintattica che in latino non è comune né corretto → la frase può essere intesa in due modi:
    1. Insinuo transitivo; proelia atque pericula c.oggetto → "quali battagli e pericoli dobbiamo far entrare in noi"
    2. Insinuo intransitivo; proelia atque pericula c. moto a luogo → "in quali battaglie e pericoli dobbiamo insinuarci" → l'interpretazione che più è stata accolta, anche se non c'è in ma non è necessario perché in poesia il complemento di moto a luogo può essere espresso anche senza preposizione

→ senza accorgercene e senza volerlo siamo catturati a poco a poco, e questo comporta un pericolo per la

     nostra vita perché affrontiamo situazioni che possono essere disastrose come la politica

  • Aferesi tum est: avviene solo con la II e II persona singolare del verbo sum

  • Insinuandum est: spesso usa il gerundio con complemento oggetto anziché il gerundivo come si trova più solitamente nella poesia latina → non troviamo insinuanda sunt

→ anche nel verso 311: "dal momento che bisogna temere" è temendus est poenae eternae, lui fa timendum est

  • ingratis = anche contro voglia; ablativo nella forma arcaica, contratto per necessità metriche (sarebbe ingratiis)
  • Vv. 51: divom è forma secondaria arcaica del genitivo plurale; dignarier è forma secondaria arcaica dell'infinito presente passivo



Quando l'animo non è stato purificato allora quanti desideri fieri quante preoccupazioni aspre del desiderio dilaniano l'uomo rendendolo preoccupato e ugualmente quanti timori sempre dilaniano l'uomo idea del fare a pezzi l'uomo così come le battaglie e i pericoli di guerra mettono a repentaglio il fisico così i desideri l'animo.



  • Tre vizi:
    1. Superbia
    2. Spurcitia: si può legare all'avidità che sporca e si lega anche al desiderio sessuale malvagio e al desiderio del denaro, non è egocentrismo
    3. Petulantia: deriva dalla superbia

Non è questo il solo punto dove attacca modo di vivere segnato da eccesso di avidità soprattutto a Roma: dopo la conquista dell'Oriente e la sottomissione di Cartagine (come ci dice Sallustio), arriva una tale massa di denaro che condiziona non solo la politica ma anche i mores

→ contro questo lusso si accanisce anche Lucrezio non solo storici attacca beni materiali non necessari

  • Ripresa dell'immagine erculea: Epicuro è stato più benefattore di Ercole, perché ciò che ha donato all'uomo è davvero utile → se Ercole è stato assunto nel novero degli dei allora Epicuro che ha dato un beneficio maggiore ne ha più diritto di Ercole, anche perché ha agito non con le armi ma con la parola

→ iperbole nella lode di Epicuro: non ha liberato l'uomo dai difetti (erano incalzanti nel periodo Lucrezio) ma ha

     dato degli strumenti per debellare tutto questo

lode di Epicuro come teologo che ha parlato bene e in maniera divina degli dei immortali definendo quelle

     che sono le loro vere caratteristiche e allontanando l'immagine popolare degli dei per cui erano preoccupati

     delle cose umane → infatti Epicuro ha scritto περί θεών

→ NB: comunque si parla di un inserimento nel numero degli dei, non di una sostituzione di Epicuro agli dei!

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